Tutti scrivono, nessuno legge. In un libro spassoso Howard Jacobson rivela le sue fosche previsioni sul mondo editoriale.
Pubblicato da Francesco Musolino
Nel prossimo futuro gli agenti editoriali anziché andare in cerca di nuovi clienti si dovranno nascondere per non ricevere nessun nuovo manoscritto, gli editori andranno in cerca solo dei libri sulle star della tv e tutti gli scrittori dovranno mettersi a nudo su Twitter, sfamando la curiosità dei propri lettori. Questo futuro a tinte fosche è tratteggiato con acume e sagacia, dal romanziere britannico Howard Jacobson nel suo nuovo e atteso libro, “Prendete mia suocera” (Bompiani, pp.448 €19). Guy Ableman, il protagonista, è uno scrittore inglese di mezza età in piena crisi, desideroso di riuscire di nuovo a scioccare i suoi lettori e tenuto in scacco dalla moglie Vanessa, aspirante scrittrice. Soprattutto Guy dovrà vedersela con le proprie fantasie – sessuali e letterarie – sulla suocera, l’avvenente Poppy. “Prendete mia suocera” è un romanzo attualissimo sui tabù culturali e sugli stereotipi, sull’amore per le donne e soprattutto sulla crisi, economica e di valori, che sta fagocitando il mercato editoriale. In Italia in occasione della kermesse letteraria meneghina, La Milanesiana, Jacobson – già vincitore del prestigioso Man Booker Prize con “L’enigma di Finkler” – ha accettato di discutere con noi del suo nuovo libro ma soprattutto dello stato di salute del mondo editoriale e del perché nessuno voglia più leggere ma tutti desiderino essere scrittori.
Innamorarsi della suocera, anche se si tratta di una attempata copia della propria moglie, è un bel tabù culturale da infrangere!
«Guy Ableman vorrebbe davvero rompere i tabù. Vorrebbe essere un romanziere del vecchio ordinamento trasgressivo – un Henry Miller o un Charles Bukowski – uno scrittore le cui buffonate scioccheranno i suoi lettori. Ma i lettori – se ancora ne sono rimasti – non si scioccano più. E sull’innamorarsi della propria suocera, beh è una cosa mediamente malvagia, non crede? Ma la sua relazione è solo ipotetica e così le fantasie, sessuali e letterarie di Guy, non si realizzano e proprio il suo fallimento è al centro della commedia. Come scrittore, volevo prendere tutte le classiche battute sulla suocera e sovvertirle, parlando di una donna bella, gentile, affascinante e sessualmente attraente».
Mette in pagina l’ansia creativa del protagonista, la gelosia di sua moglie e molte stranezze della moderna industria editoriale. Si è divertito a scrivere questo libro, non è vero?
«Sì, ho scritto ridendo. Ovviamente si tratta di un romanzo iperbolico, poiché l’iperbole è l’anima della commedia e ho spinto sin oltre il limite i lati peggiori del mondo editoriale. Vede, Guy Ableman è un profeta comico, ci parla delle calamità e della rovina che forse verranno. Chissà, magari un giorno non lontano gli agenti editoriali saranno davvero costretti a nascondersi pur di non farsi vedere dagli scrittori e non ricevere nuovi manoscritti».
Ho notato che la maggior parte degli scrittori contemporanei capaci di scrivere un sagace libro ironico sono legati alla cultura ebraica. È qualcosa connessa al modo di leggere la vita, alla capacità di sorridere anche di fronte alle difficoltà?
«Le minoranze – in particolare quelle minoranze che vengono schiacciate – spesso sviluppano sensi acuti di umorismo. La commedia diventa la nostra arma migliore quando non si è abbastanza forte per combattere. Gli ebrei sono particolarmente ironici anche per via della loro storia: l’essere un popolo errante li ha costretti ad esserlo per poter sopravvivere. Ma è pur vero che la migliore commedia, non nasce dagli aspetti felici della vita, bensì dalle tragedie e dalle difficoltà. Gli ebrei sono divertenti perché sanno, meglio di chiunque altro, che la vita non lo è».
Lei non ha un account Twitter, è vero? Pensa che sia davvero importante per i lettori sapere cosa mangiano, pensano e fanno gli scrittori?
«Io non ho un account Twitter. E dico “NO” a tutti i social media. I lettori dovrebbero interessarsi solo e soltanto ai libri che lo scrittore scrive».
Che differenza corre tra la storia e la trama? Perché una la interessa e l’altro no?
«Una storia può accadere in una sola frase. Una storia è il modo in cui una persona guarda un’altra, il rapporto di un sostantivo con un verbo. La lingua racconta le storie. La trama invece è macchinazione, chi ha ucciso chi e con quale arma, ecc. La storia è per gli adulti; le trame sono per i bambini. A dirla tutta, l’unica trama che mi piace è quella di “Grandi speranze” di Charles Dickens perché i segreti e le incomprensioni su cui ruotano sono, in realtà, i segreti e le incomprensioni dell’animo umano stesso».
Oggi si scrivono ancora buoni romanzi, ma nessuno vuole leggerli. Mr. Jacobson, che cosa accadrà ai libri nel prossimo futuro?
«Beh, su questa domanda ruota il mio romanzo: che cosa succederà davvero. Siamo vicini al momento in cui tutti saranno scrittori ma nessuno leggerà libri? Ammetto che questa eventualità sia divertente, ma potrebbe non essere così divertente se e quando accadrà davvero».
Eppure, nonostante la crisi che imperversa sul mondo editoriale, tutti vogliono scrivere un romanzo. Perché mai?
«È una grande contraddizione. Le vendite sono in calo, ci sono meno lettori, le librerie chiudono e gli agenti editoriali finiranno per nascondersi dai loro clienti eppure tutti vogliono scrivere. Perché? Leggiamo di scrittori di thriller che sono divenuti celebri e tutti vorrebbero esserlo. Ma dimenticano quanto sia raro tutto ciò. Il fatto di credere che chiunque possa scrivere un libro è anche il risultato della grande democratizzazione dei nostri tempi alimentata da Internet. E meno apprezziamo la complessità implicita dei romanzi – le ironie, le ambiguità e la complessità morale – tanto più siamo convinti di poterne scrivere uno. Ma ci potrebbe essere una spiegazione meno deprimente: nel profondo di noi sappiamo che il denaro e la fama ci stanno corrompendo, e che l’arte sia tutto ciò che conta».
Francesco Musolino®
Fonte: La Gazzetta del Sud, 1 luglio 2014
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Informazioni su Francesco Musolino
Francesco Musolino (Messina, 1981) è giornalista culturale e scrittore. Collabora con diverse testate nazionali, fra cui Il Messaggero, L’Espresso, Specchio e La Repubblica. Nel 2019 ha esordito con il romanzo L’attimo prima (Rizzoli, 2019), seguito dal saggio Le incredibili curiosità della Sicilia (Newton Compton, 2019) e nel 2022 pubblica "Mare mosso" (Edizioni e/o), un noir mediterraneo ispirato da fatti reali. Ideatore del no profit @Stoleggendo, membro del collettivo Piccoli Maestri, conduttore televisivo e docente di scrittura creativa.Pubblicato il 2014/07/03, in Interviste con tag agenti, bompiani, curiosità, editor, editori, enigma di finkler, francesco musolino, guy ableman, howard jacobson, la gazzetta del sud, la milanesiana, leggere, lettori, man booker prize, manoscritti, prendete mia suocera, scrittori, scrivere, social, twitter. Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.
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