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Amos Oz: «in Sicilia respiro aria di casa».
«Passeggiando per le strade di Taormina, passando in mezzo alle persone, ovviamente non capivo cosa dicessero ma il linguaggio del corpo e la gestualità mi hanno dato i brividi. Mi sono sentito improvvisamente a casa». Attesissimo, lo scrittore israeliano Amos Oz – i cui romanzi sono tradotti in 41 lingue – ieri è stato una delle stelle della serata inaugurale dell’ottava edizione del Taobuk – dedicata al tema Rivoluzioni – ritirando il Taormina Awards for Literary Excellence.
«La tecnologia? Croce e delizia delle nostre vite…». Jussi Adler-Olsen si racconta.
«La tecnologia, usata con attenzione, esalta le nostre vite quotidianamente. Il problema è che basta davvero poco, una disattenzione, per perdere il controllo e diventare una vittima inconsapevole». I suoi libri sono tradotti in più di 40 paesi ed è considerato uno degli autori del crime scandinavo più importante. Dopo il successo ottenuto con La donna in gabbia e L’effetto farfalla, Jussi-Adler Olsen torna in libreria con Selfie (Marsilio, pp.544 euro 19) e in questa intervista esclusiva per Gazzetta del Sud racconta il lato oscuro della Danimarca, lontana dallo stereotipo del welfare perfetto, il razzismo strisciante sotto la politica dell’accoglienza e il modo subdolo in cui, in ciascuno di noi, possano convivere in equilibrio il bene e il male. Sino alla scintilla fatale, come accade in questo nuovo thriller che ruota attorno un dissoluto trio di giovani ragazze danese che sognano le luci dello showbiz e le copertine delle riviste, ma intanto sfruttano gli uomini e la generosità del welfare danese. Peccato per loro che qualcuno abbia deciso di far fuori “i parassiti del sistema”. Ed è così che torna in pista, ancora una volta, Carl Mørck e la sua celebre sezione Q, dedicata ai cold-case (i crimini non risolti). Mescolando passato e presente, si evince il ruolo preponderante che la tecnologia, gli smartphone e i selfie, possono avere nelle nostre vite: «basta poco per passare un confine e perdere il controllo».
Questo è il settimo libro su Carl Mørck. Ma com’è nata la sezione Q e com’è mutata la tua relazione con Mørck in questi dieci anni?
«Molti anni fa un conoscente di affari mi suggerì di scrivere una serie di poliziotti che si svolgeva in Danimarca. Ma ho scartato subito l’idea. Il lavoro di polizia è limitato da tutti i tipi di regole mentre io volevo essere libero di poter scrivere di qualsiasi cosa. Così, anni dopo ho inventato questo dipartimento del cold case, la sezione Q. L’idea era una serie di dieci romanzi, come capitoli di un grande romanzo che avrebbe raccontato la storia di Carl, Assad e Rose. Sapevo già chi fosse Carl per me e nel tempo il suo ruolo è mutato. Oggi è un grande amico, che di tanto in tanto mi infastidisce». Leggi il resto di questa voce
Alan Friedman: «mi vergogno di Donald Trump. Non ci meritiamo questo presidente».
«Donald Trump è il simbolo della democrazia illiberale. Al G7 di Taormina Trump si è comportato da cafone, mi vergogno di essere rappresentato da un uomo così». Senza mezzi termini, il giornalista americano Alan Friedman, celebre volto sulla tv italiana, giudica con disprezzo l’inquilino della Casa Bianca e nel suo nuovo libro, “Questa non è l’America” (Newton Compton, pp. 348 €12,90) racconta un viaggio nel cuore degli Stati Uniti, una vera e proprio contro storia degli ultimi sessant’anni che ruota attorno ad un assunto provocatorio: «il sogno americano è morto. Era un ideale meritocratico che ha fatto sognare intere generazioni ma oggi il paese è spaccato, impoverito e preda del razzismo più becero». Alan Friedman è uno degli ospiti internazionali della settima edizione del TaoBuk – ideato e diretto da Antonella Ferrara. Leggi il resto di questa voce
«La meraviglia si annida fra le pieghe della realtà quotidiana». Pietrangelo Buttafuoco racconta “I baci sono definitivi”
«La verità travalica la realtà, la meraviglia si annida fra le pieghe di ciò che accade tutti i giorni, dobbiamo solo saperla interpretare». Lo scrittore e saggista catanese Pietrangelo Buttafuoco – editorialista per Radio24 e firma su diversi quotidiani – torna in libreria con “I baci sono definitivi” (La Nave di Teseo), un libro denso d’amore e di storie, abbandoni e illusioni, rileggendo la realtà e trasfigurandola, chiamando in causa la Natura, il dio Mercurio e il Diavolo, fra rimandi cinematografici e letterari. Sono rapidi racconti di un osservatore, un diario di viaggi lungo la metropolitana di Roma e poi ancora a Fiumicino, Teheran, sulla nave traghetto per Messina e sulla strada statale 121 per Agira. Ogni mattina, all’alba, lo scrittore – celebre per “Buttanissima Sicilia” (2014) e “Le uova del drago”(2005) – zaino in spalla si tuffa nella metro, osserva i viaggiatori, prende nota ma poi «lascia emergere la meraviglia», trasfigura i fatti fra vero e verosimile, del resto – assicura alla Gazzetta – «streghe, santoni e maghi esistono, sono intorno a noi ogni giorno». Venerdì 16 giugno, Pietrangelo Buttafuoco presenta a Messina il suo nuovo romanzo presso la libreria La Gilda dei Narratori (Via G. Garibaldi, 56) alle 18.30 Leggi il resto di questa voce
«Le storie? Servono a portare il mare in montagna, a scacciare la paura della notte». Maurizio De Giovanni racconta “I Guardiani”.
Maurizio De Giovanni risponde al telefono dalla sua casa napoletana. Lo interrompiamo mentre è immerso nella scrittura del nuovo libro che uscirà a luglio, “Rondini d’inverno. Sipario per il Commissario Ricciardi”. Celebre per i suoi ritmi di lavoro forsennati, il 2017 di questo autore – classe 1958 – è iniziato felicemente visti gli ottimi dati d’ascolto registrati dalla la serie tv del suo Commissario Lojacono sugli schermi Rai (interpretato da Alessandro Gassman, cui l’autore partenopeo ha dedicato anche il recente volume “Vita quotidiana dei Bastardi di Pizzofalcone”, edito da Einaudi, dando voce ai suoi personaggi in prima persona). Ma presto farà ritorno sul piccolo schermo con una fiction prodotta da Cattleya e tratta dalla sua nuova trilogia, iniziata con il romanzo “I Guardiani” (edito da Rizzoli, pp. 362 euro 19). De Giovanni rimane saldamente ancora alla sua Napoli ma cambia completamente scenario, sfornando un noir avventuroso che inizia nelle aule universitarie – grazie a due dei protagonisti, il brillante antropologo Marco Di Giacomo e l’assistente devoto Brazo Moscati – sfociando poi fra vicoli e cunicoli della città sotterranea, fra segreti, culti misteriosi e assassini efferati, una lunga catena di reati e strani eventi, scoprendosi parte di un disegno che potrebbe coinvolgere l’intera umanità. Maurizio De Giovanni sarà uno degli ospiti di punta della kermesse letteraria palermitana, “Una Marina di Libri” – in programma dall’8 all’11 giugno – presentando il suo nuovo romanzo venerdì 9 (ore 20 all’Orto Botanico) con lo scrittore Gian Mauro Costa.
Da Ricciardi a Lojacono sino ai Guardiani, la scena è sempre Napoli. Perché?
«Esistono una miriade di Napoli, è una città antichissima, sedimentata nel tempo, meticcia e bastarda per sua natura che costantemente propone un punto di vista differente all’osservatore. Chiaramente ciò significa che offre una sequenza infinita di spunti ad un narratore come me, che ama questa città visceralmente. Ma a differenza delle altre serie, ne “I Guardiani” c’è poca strada, poco costume, lasciando spazio al fascino irrequieto della città sotterranea, un’atmosfera intensa e senza eguali».
Con che spirito scrive le sue storie?
«Con gioia. Sono convinto che un narratore abbia non semplicemente il diritto ma il dovere di divertirsi perché solo così può contagiare i lettori».
I suoi personaggi saranno invischiati in una indagine rischiosa, coinvolti in
Antichi culti. Crede davvero ci siano dei luoghi fisici carichi di un’energia spirituale che trascende le epoche?
«Esistono, senza dubbio. Capita a tutti, credo, di aver avvertito una sensazione di benessere o malessere, una condizione inspiegabile provata in una chiesa, nell’androne di un palazzo o in un parcheggio. Dobbiamo accettare un lato misterioso e spirituale della vita, un’energia che risiede nei luoghi e che qualcuno può anche provare a sfruttare».
Brazo e Marco, i suoi protagonisti maschili, come sono nati?
«I personaggi arrivano da soli. In un secondo momento giunge il contesto. Brazo e Marco, come tutti gli altri nati dalla mia penna, sono figli della strada, della memoria e delle circostanze. Il mio pregio, forse, è quello di saper ascoltare con onestà le storie che mi raccontano, non le altero né le manipolo. E sono il primo a stupirmi dei finali».
Napoli è legata a doppio filo con la scaramanzia. Lei cosa ne pensa?
«Non sono superstizioso. Invece mi interessa la casualità degli eventi, mi affascinano i superstiziosi e il loro modo di vedere il mondo».
Anche “I Guardiani” sbarcherà sul piccolo schermo?
«Cattleya ha già acquistato i diritti per una serie in tre stagioni. È un progetto ambizioso cui stiamo lavorando in fase di scrittura».
Lei si considera con modestia un narratore, non uno scrittore. Ma le storie a cosa servono?
«Le storie servono per portare il mare in montagna. Le storie aiutano ad aprire spazi dove non ci sono, ad abbattere gli ostacoli, a far passare la paura della notte. Facendone nascere altre».
Nel volume “Vita quotidiana dei Bastardi di Pizzofalcone” ci sono le foto del set ma soprattutto lei dà voce ai suoi personaggi.
«È stata un’esperienza molto intensa. Ho voluto che parlassero in prima persona per la prima volta e loro mi hanno raccontato un sacco di cose che non sapevo».
Un personaggio l’ha mai tradita?
«Lo fanno continuamente. Ma il bello è proprio questo e ormai sono rassegnato».
Nel 2020 chiuderà con i suoi personaggi?
«Dal 2020 non vorrei più scrivere serie, solo libri singoli. Bisogna fermarsi un libro prima di stufare».
E i lettori come la prenderanno?
(Ride) «Spero bene!»