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Il grande ritorno di Rocco Schiavone, fra complotti e tradimenti.
PULVIS ET UMBRA – ANTONIO MANZINI – Sellerio, pp. 416 euro 15
FRANCESCO MUSOLINO
Pulvis et Umbra (edito da Sellerio) è la sesta avventura del vicequestore Rocco Schiavone, creato dalla penna di Antonio Manzini e felicemente già approdato sugli schermi di RaiDue, interpretato da Marco Giallini. Romano verace, Schiavone è stato strappato all’Urbe come punizione per la sua condotta non certo irreprensibile e il suo inserimento nella fredda Aosta stenta a decollare, fra giornalisti vendicativi e superiori ostili. Nel frattempo dal Ministero continuano a tenerlo nel mirino e a rendergli la vita difficile – verrà privato persino del suo ufficio e confinato in una sorta di sgabuzzino delle scope – e Schiavone reagirà malissimo, delegando tutto ai colleghi con esiti tragicomici. Il vicequestore Schiavone continua a rimpiangere e a vivere nel rimorso per la scomparsa della sua defunta Marina ma, nel frattempo, due figure femminili si fanno più prossime: il commissario alla scientifica, la siciliana Michela Gambino che crede nei complotti e soprattutto l’agente Caterina Rispoli, con la quale il feeling sembra già scattato da tempo e stuzzica il lettore. Schiavone inquadra tutta la propria esistenza nel tentativo di scansare le seccature eppure spiazza il lettore accogliendo il giovane Gabriele, il vicino di casa scapestrato, rivelando nei suoi confronti una tenerezza insospettabile, tanto da impartirgli persino burbere lezioni di vita da strada. Con questo libro Manzini conduce il proprio personaggio ad un giro di boa. Sarà impegnato in una doppia indagine per omicidio apparentemente non collegata e finirà per incassare una sonora sconfitta, chinando il capo, con amarezza alla Ragion di Stato e obbedendo agli ordini dei propri superiori. Ma Rocco dovrà fare i conti con gli amici di una vita e il loro voltafaccia inaspettato. Tempi duri si profilano all’orizzonte per il vicequestore Rocco Schiavone e in attesa della seconda serie su RaiDue – già in lavorazione – il libro è scattato, con merito, in cima alle classifiche di vendita. Riuscirà Schiavone a mandar giù i rospi e tenere a bada il suo amor proprio o prossimamente – con buona pace della sua passione per le Clark’s – sarà trasferito direttamente sulle Dolomiti, fra bufere e skylift?
Ricerca dello scoop o etica? Simi svela i vicoli ciechi della cronaca nera.
LA RAGAZZA SBAGLIATA, GIAMPAOLO SIMI – SELLERIO, pp.400 euro 15
FRANCESCO MUSOLINO
Ogni giornalista di cronaca nera è ossessionato da un caso, un crimine, risolto o meno. Non si sottrae alla regola nemmeno Dario Corbo, il protagonista de “La ragazza sbagliata” (Sellerio, pp.400 euro 15) il nuovo libro di Giampaolo Simi. Simi gioca con il tempo, fra flashback, indizi e ricordi che riemergono dalle nebbie del tempo, per raccontare la storia di una ragazza comune, Irene, scomparsa nel nulla la notte del 9 luglio 1993 a Marina di Pietrasanta. La sua scomparsa, prima scambiata per una fuga d’amore o una voglia di libertà, come suggerisce la traccia di maturità ispirata da una massima di Tocqueville, mobiliterà la stampa nazionale e sarà il vero e proprio crocevia nella giovane carriera del protagonista, giunto ad un passo dal licenziamento per aver trattato la notizia con fin troppa enfasi da rotocalco. Ma erano altri tempi. Infatti lo scenario presente per lui è impietoso. Dopo essere stato un cronista arrembante, Dario ha avuto un lampo di notorietà ed è arrivato alla direzione di un magazine di successo, “Chi è stato?”. Poi è arrivata la crisi e nonostante tutto andasse bene, il CdA ha scelto di liquidare tutto e abbassare la saracinesca. Sono pagine dolorose quelle in cui Simi – mediante il suo protagonista – svela ciò che spesso può accadere in una redazione, la ricerca di un facile scoop per aizzare i lettori e aumentare la tiratura, la dura lotta quotidiana per la ricerca delle inserzioni, la pista del pregiudizio razziale per aumentare i click e i lanci a caratteri cubitali, salvo poi essere costretti a smentire tutto. Ma domani è un altro giorno, ciò che conta è non bucare lo scoop, no? La narrazione avvolge presto il lettore in un vortice e se la tragica fine della giovane ragazza è palese e ben presto nota – con tanto di torture e sevizie sul cadavere nascosto per giorni e giorni su una rupe – il vero dilemma è: sarà stata davvero Nora Beckford, figlia del noto artista, a compiere il misfatto? Era sotto gli influssi di alcool e sostanze o ha agito per motivi passionali? E i suoi presunti complici? Nora sta per uscire di galera e il presente si infiltra sotto il passato. Dopo la chiusura del magazine, Dario ha il conto in rosso, ha rotto con la moglie e deve fare i conti con un figlio adolescente con tendenze autolesioniste. È un uomo in caduta libera. Un libro-verità sul caso di Irene potrà sanare le sue finanze? Dovrà dunque riaprire i vecchi faldoni e mettere in dubbio tutto il processo, ribaltare la sentenza. Ma varrà la pena dare tutto in pasto ai media e alle telecamere? L’editore vuole farci un istant book, esige autofiction e così il nostro protagonista dovrà giocare sporco per poter pagare le bollette e recuperare l’onore perduto. Ma a quale prezzo? Simi riflette sul sistema mediatico senza moralismi. Perché dietro ogni scoop che affolla tg e carta stampata, si nascondono vite e segreti infranti e gettati in pasto alla pubblica piazza, affamata di crimini e vogliosi di un facile colpevole. Dov’è il confine fra la ricerca della verità e l’esigenza dello scoop?
FONTE: GAZZETTA DEL SUD, 2017
Yasmina Khadra: «l’Occidente non avrebbe dovuto deporre Gheddafi».
Si conclude oggi la seconda edizione del SabirFest, la kermesse letteraria finalizzata sulla valorizzazione concettuale della cultura e della cittadinanza mediterranea tramite un ricco programmi di incontri con l’autore, reading, tavole rotonde e spettacoli dal vivo con autori e artisti di fama internazionale svoltosi – da giovedì 8 ottobre e organizzato dalla casa editrice Mesogea e dalla Fondazione Horcynus Orca, in collaborazione con Naxoslegge – nel cuore della città di Messina. Uno dei protagonisti più attesi della manifestazione era Yasmina Khadra, pseudonimo di Mohamed Moulessehoul, scrittore algerino apprezzato e tradotto in tutto il mondo, autore de “L’Ultima notte del Rais” (Sellerio editore, pp.168 €15 tr. it di Marina Di Leo). In questo romanzo Khadra – che scelse di usare il nome della moglie per scavalcare il veto della censura militare in patria – veste i panni del Rais, Mu’ammar Gheddafi, raccontandone gli eccessi e le fobie in prima persona, scavando nella sua dolorosa storia personale. Signore e padrone del popolo libico, dittatore sanguinario, Gheddafi è piombato nella polvere dopo essere stato osannato per decenni come una divinità in terra. Ma le ragioni della sua atroce fine, avvenuta durante la guerra civile libica del 2011, guardano al ruolo dell’Occidente. «Non avreste dovuto invadere l’Iraq – dichiara Khadra – non avreste dovuto deporre Gheddafi. Il caos attuale è figlio anche di quelle scelte dissennate». Leggi il resto di questa voce
Una, nessuna e centomila Milano. Alessandro Robecchi si racconta
Dopo il felice esordio nella noir con “Questa non è una storia d’amore”, Alessandro Robecchi ritorna in libreria con “Dove sei stanotte” (Sellerio, pp.350 €14). Carlo Monterossi, autore televisivo di successo con la sua tv-spazzatura, si ritrova invischiato in un altro pasticcio: gli toccherà ancora una volta vestire i panni dell’investigatore per tirarsene fuori, al contempo preda e cacciatore, sempre sotto l’occhio vigile dei suoi angeli custodi. Robecchi – milanese classe ’60, giornalista, autore televisivo di successo per Maurizio Crozza e già caporedattore presso il giornale satirico “Cuore” – riporta il lettore nella sua Milano, fra il Salone del Mobile e i faraonici numeri dell’Expo, ma anziché fermarsi nei tipici scenari turistici, si inoltra nelle periferie ricche di speranza e immigrazione, lontano dai riflettori della «capitale morale d’Italia». Alessandro Robecchi è stato recentemente protagonista in Sicilia partecipando alla fiera dell’editoria “Una Marina di Libri” di Palermo e al festival “A tutto volume” a Ragusa. Leggi il resto di questa voce
Andrea Camilleri svela: «Montalbano non morirà mai. Ma un giorno finirà».
Andrea Camilleri sarà la punta di diamante della fiera dell’editoria “Una Marina di Libri” che partirà oggi a Palermo – presso la Galleria d’Arte Moderna – dando spazio e visibilità sino a domenica 7 giugno, a ben quarantanove case editrici indipendenti. Saranno numerosi i laboratori, i workshop e gli incontri in programma che richiameranno in Sicilia – secondo i dati Istat, nel 2014 il 71,8% dei siciliani non ha letto un libro – grandi nomi della narrativa italiana: da Francesco Piccolo ad Alessandro Robecchi, da Piero Melati a Michela Murgia, da Vincenzo Pirrotta a Giorgio Fontana e Gian Mauro Costa. Leggi il resto di questa voce
L’importante è partecipare. Ovvero anche se l’Italia ha fatto pena ai Mondiali almeno ci restano delle belle letture.
“L’importante non è vincere ma partecipare». Questa massima di Pierre de Frédy, altresì noto come barone di Coubertin può, forse, aiutarci ad uscire dalle polemiche relative alla prematura – assai prematura anche se non sorprendente ad essere sinceri – eliminazione della nazionale italiana dai mondiali di calcio che si stanno svolgendo in Brasile. Di fatto con Balotelli e compagnia già a casa, bisognerà pazientare sino a domenica 13 luglio quando alle 21 (italiane) si svolgerà la finale nel mitico, seppur rinnovato, stadio Maracanà. Ma pur non avendo alcun rimedio contro il malumore e le scelte effettuate dall’ormai ex ct Cesare Prandelli, possiamo comunque rifugiarci in quattro ottimi libri, sperando di dimenticare in fretta la disfatta ma soprattutto per capire perché noi italiani, e non solo, siamo matti per il gioco del pallone. Leggi il resto di questa voce
«Io sono un poeta». Maria Attanasio presenta il suo nuovo romanzo a Messina
Un editore che presenta un libro edito da un altro editore, sogno o son desto? Qualsiasi lettore potrebbe reagire con legittimo stupore all’iniziativa organizzata dalla casa editrice messinese Mesogea, con cui si è omaggiata la poetessa e scrittrice calatina, Maria Attanasio, in occasione della pubblicazione del romanzo “Il condominio di via della notte” (Sellerio, pp.204 €14). In realtà, come Caterina Pastura e Ugo Magno hanno chiarito, così come il cammino della loro casa editrice è intrecciato con il catalogo della palermitana Sellerio – dalla contesa per pubblicare Danilo Dolci alla meritoria scoperta di Fabio Stassi – anche il percorso creativo della Attanasio ha avuto una significativa tappa targata Mesogea, culminata con la pubblicazione del libro “Della città d’argilla” (2012, pp.96 €6). Proprio partendo da questo testo, considerato “una fondamentale bussola”, la giornalista Anna Mallamo ha illustrato con rigore ed entusiasmo l’opera «della più grande scrittrice siciliana, dove l’essere siciliana è un valore aggiunto». Introducendo il romanzo “Il condominio di via della notte”, la Mallamo non ha mancato di sottolineare ai numerosi presenti presso la piazzetta Sabir (allo stesso tempo luogo di incontro e non-luogo), i tanti punti di contatto con il celebre “1984” di Orwell, «in un romanzo che narra di un presente cieco a se stesso, che non si percepisce, condannato a vivere un tempo in cui tutto è contemporaneo, tipico del tempo televisivo, in cui siamo sommersi da un flusso di notizie che non danno alcuna notizia, da un tempo senza tempo. Si tratta – ha continuato la Mallamo – di un romanzo storico che si svolge nel futuro prossimo, laddove arriveremo se non daremo peso agli avvertimenti ricevuti». La giornalista ha poi sottolineato quanto le somiglianze fra la città creata dalla Attanasio, Nordìa, e la più oscura delle città invisibili di Calvino, Zobeide, siano lampanti e con essi, il forte senso di angoscia che ne permea le pagine: «si tratta di un libro necessario, che solo di questi si dovrebbe parlare. Proprio come in “1984” ci troviamo dinnanzi ad un romanzo distopico, un libro diverso dai precedenti pur inserendosi alla perfezione nella produzione letteraria della Attanasio».
«Io sono un poeta, non una poetessa», così ha esordito la scrittrice, convenendo con la Mallamo sul fatto che la vera scrittura non abbia sesso ma debba aspirare solo alla qualità; d’accordo anche sul fatto che questo libro fosse frutto «di un dovere morale, della necessità d’essere scritto, come fosse un vero e proprio avviso ai naviganti. Con questo libro – ha affermato la Attanasio – vorrei poter dire “stiamo attenti perché il futuro cui andiamo incontro è assai preoccupante”». La scrittrice è poi tornata sulla cifra stilistica: «questo libro, non essendo storico è un’eccezione per me, o meglio, si tratta di un libro di storia presente, in divenire». E infine, rispondendo al pubblico circa la scrittura e scelta dei nomi dei protagonisti ovvero Mauro Testa e Rita Massa, ha così concluso: «le parole sono venute per caso ma per caso, si sa, che non viene nulla. La mia è una scrittura che pensa e anche le immagini, le metafore scelte per la mia poesia, riflettono il nostro tempo e ciò che vi accade dentro».
Francesco Musolino®
Fonte: La Gazzetta del Sud, 10 novembre 2013
Vedi anche http://www.gazzettadelsud.it/news//68094/Benvenuti-a-Nordia–citta-infelice.html
Andrea Bajani: «Il lutto è il tentativo di abitare il vuoto di qualcuno che si è perso».
Tre diversi omaggi celebrano l’anniversario della scomparsa di Antonio Tabucchi, lo scrittore d’origini toscane che morì il 25 marzo dell’anno passato nella sua amata Lisbona. Feltrinelli – che pubblicò quasi tutte le sue opere – lo celebra con “Di tutto resta un poco. Letteratura e cinema” (pp. 304, euro 20), una bella raccolta di scritti tematici cui lavorò sino agli ultimi giorni; Sellerio, pubblica “Racconti e romanzi” (pp.288, euro 16) una preziosa raccolta di scritti – “Donna di Porto Pim-Notturno indiano-I volatili del Beato Angelico-Sogni di sogni” – ed infine Emons:Audiolibri ha dato la voce dell’attore e regista Sergio Rubini al suo capolavoro, “Sostiene Pereira” (4h23’, euro 16,90). Ma l’omaggio più bello, in questa triste ricorrenza, prende vita da un aneddoto, difatti, a poche ore dalla sua scomparsa, Antonio Tabucchi non poté ne volle sottrarsi all’atto della scrittura. Quel racconto tutt’ora inedito, fu la scintilla che condusse il suo giovane e caro amico, l’affermato scrittore romano Andrea Bajani, a voler consegnare i suoi ricordi alle pagine di “Mi Riconosci” (Feltrinelli, pp.144, euro 12), un testo dolce e profondo, capace di non scivolare mai nel declivio della morbosità. Qui l’amico scomparso, diviene personaggio letterario, realizzando la finzione letteraria per eccellenza. Bajani, raggiunto telefonicamente in un hotel parigino, risponde alle domande della Gazzetta del Sud, discutendo di Rilke, dell’amicizia e del potere della scrittura.
Perché questo libro? Il tono usato, oscilla fra riso e lacrime, dando l’idea di una dolorosa necessità.
«Nasce da un evento straordinario ovvero dal fatto che due giorni prima di morire, Antonio Tabucchi scrisse un racconto, dettandolo al figlio in un camera d’ospedale di Lisbona. Non fu una morte improvvisa. Progressivamente si stava spegnendo, eppure questo accadimento privato nascondeva una cosa più grande, la vera origine delle storie. Queste nascono soprattutto per affrontare l’ignoto e mi ha colpito che lui abbia sentito il bisogno di scrivere anche mentre si avvicinava la morte, riuscendo a far ricorso all’ironia, proseguendo questa sorta di danza scaramantica contro ciò che non conosciamo. Quando ho letto quel racconto ho subito pensato che dovevo narrarla, dovevo narrare la scomparsa di uno scrittore e la storia di un’amicizia».
Uno dei due amici che, scomparendo, diventa un personaggio d’un libro. Un’idea molto tabucchiana…
«Esatto. La letteratura ha fatto sempre i conti con i fantasmi e del resto lo scrittore ha a che fare, per giornate intere, con persone che esistono solo nella sua testa. Antonio Tabucchi ha sempre avuto un buon rapporto con i fantasmi perché intese la sua letteratura all’insegna del gioco del rovescio; come personaggio di finzione, fra le pagine d’un libro, ha potuto portarlo all’estremo, rovesciando la morte e la vita, immerso in una storia.
Vi siete conosciuti a Parigi, a casa di un amico comune, tanti anni fa. Tabucchi le aveva scritto una lettera pronta per essere spedita…
«Nel libro tutto è reale e tutto è finto ma la lettera c’era davvero e lui l’aveva già affrancata. Me la consegnò ma per anni non la trovai più. Ma appena terminai di scrivere questo libro, venni preso dal desiderio di sistemare i libri in casa mia e di colpo, riapparve, nascosta fra le pagine di un volume. Era la lettera di un grande scrittore che mi trasferiva l’emozione resagli dall’aver letto il mio libro, “Se consideri le colpe”. Quando uscì questo libro più persone mi chiesero di poter pubblicare questa lettera, però adesso sembra sia scomparsa daccapo. Ecco, queste sono le “tabuccate”».
Apre il libro con una significativa citazione di Rilke. Come mai?
«Non conosco scrittore che sia sceso con tanta grazia dall’altra parte, nel confronto con chi non c’è più, come Rilke ne “I sonetti a Orfeo” e soprattutto ne “Le elegie duinesi”.
Mi riconosci, il titolo scelto, significa stare ad ascoltare il fantasma, provare ad ascoltare chi non c’era più. Questo libro racconta come nascono e si raccontano le storie ma soprattutto come si possa essere amici, indipendentemente dalle età e da cosa ci riserva la vita».
Alla fine scrive, “il lutto è il tentativo di abitare il vuoto di qualcuno che si è perso”.
«Le persone abitano degli spazi dentro noi ma poi sono costretti ad andare via. O meglio, scompare la materialità, la concretezza della carne ma non tutto il resto. Il lutto è riuscire a far sì che ciò che resta di quella persona scomparsa, trovi il suo posto dentro noi».
Nel corso delle telefonate notturne emerge un rapporto tormentato con l’Italia.
«Con il nostro paese aveva un rapporto davvero difficile, d’amore e odio. Prima di tutto l’Italia era la lingua, che ha amato intensamente, ma questo paese lo faceva soffrire e citava Pasolini per sottolineare quanto fosse malandata. Il berlusconismo, per lui è stato davvero pesante, ha ricevuto diverse querele e ha cercato di difendersi come poteva, con le parole. L’Italia, per lui, era una ferita aperta».
Infine, a proposito di scrittura, cosa le ha insegnato Tabucchi?
«La lezione più importante è stata la sua volontà di stare con i piedi molto per terra e la testa molto nel cielo, la capacità raccontare le pieghe oniriche del mondo senza rinunciare a stare concretamente nella realtà socio-politico in cui viveva».
Francesco Musolino
Fonte: La Gazzetta del Sud, 25 marzo 2013
vedi anche http://www.marcovigevani.com/tag/antonio-tabucchi/
Il giornalista Gianni Bonina: «Il segreto di Camilleri? Spiazza il lettore, innova e si ricongiunge alla tradizione letteraria siciliana per eccellenza»
Il giornalista siciliano Gianni Bonina, torna in libreria con “Tutto Camilleri”, un prezioso volume edito da Sellerio (pp. 836; €26). Bonina ha saputo riporre in questo esaustivo volume enciclopedico le trame, le ascendenze letterarie e persino l’interpretazione critica di tutti i libri già pubblicati di Andrea Camilleri, del quale, a ragion veduta, è considerato il più importante biografo. Un libro imperdibile per tutti gli amanti di Camilleri ma anche per chi, vuol capire le ragioni del suo successo letterario, che lo ha reso celebre in tutto il mondo.
Com’è nata l’idea di questo libro?
«Probabilmente dal fatto che mancasse qualcosa del genere: una guida al lettore dell’enorme opera di Camilleri che desse conto non solo di ogni trama o sinossi di ciascun libro ma che riferisse, titolo per titolo, l’opinione dell’autore e del critico».
Cosa ha scoperto studiando l’universo di Camilleri? Ci sono delle costanti, qual è, a suo avviso, il segreto del suo successo?
«Per rispondere a tali domande ho scritto un libro di 850 pagine. Difficile rispondere in breve. In linea del tutto generale possiamo fissare alcuni punti certi. Nel panorama letterario di questi anni (dopo la grande triade siciliana Sciascia-Bufalino-Consolo), Camilleri rappresenta l’autentico fatto nuovo oltre a costituire l’erede legittimo di una tradizione che rimanda innanzitutto a Verga e poi a Pirandello. E non solo per la sua vena fortemente sperimentalista, quanto per alcuni temi che sembravano appartenere a mondi diversi e che lui ha saputo sintetizzare e riconfigurare. Un esempio su tutti: la frantumazione dell’io interiore, propria di Pirandello, e la nobilitazione dei faits divers che viene da Sciascia trova in Camilleri una sistemazione riuscita e inattesa. Un altro motivo di novità è dovuto allo stile: diversamente da come abbiamo sempre letto, è lui che si esprime in dialetto mentre talvolta i personaggi parlano in lingua. Questo rovesciamento dei ruoli determina astrazione nel lettore, che se fosse uno spettatore si troverebbe davanti a una scena dove il regista sta con gli attori e parla loro in una pronuncia che suscita ilarità e sorpresa. Il segreto del suo successo è forse nella forza che ha messo nel rompere la macchina narrativa e di ricomporla con gli stessi pezzi. Una superficiale critica letteraria da tempo lo ha relegato nel novero degli autori di intrattenimento, destinati a vivere il tempo della loro vita, ma arriverà il momento in cui la sua opera formerà oggetto di una ricerca più attenta e intelligente».
C’è un libro che, per antonomasia, lei consiglierebbe per approcciarsi da neofita alla lettura di Camilleri?
«A me piacciono le sue favole realistiche, quelle della “trilogia della metamorfosi”: Maruzza Musumeci, Il casellante e Il sonaglio. Ma la scelta è vastissima, al punto che dell’opera camilleriana si può parlare di generi. Figurano i romanzi borghesi, in pretto italiano, gli apocrifi, gli apologhi, la memorialistica, la saggistica, l’interventistica. E poi c’è Montalbano. Concordo comunque con quanti ritengono Il birraio di Preston e La concessione del telefono i suoi lavori migliori. Ma, ad una spanna, possono situarsi Il tailleur grigio, Le pecore e il pastore,L’intermittenza, Il nipote del Negus. Potremmo continuare».
Tempo fa, l’assessore alla formazione della regione Sicilia, Mario Centorrino, invitò a lasciar perdere Camilleri e Lampedusa per preferirgli una letteratura più “lieve”. Scatenò forti polemiche ma lei cosa ne pensa?
«Centorrino fa parte di un governo il cui presidente avrebbe voluto invece che Camilleri presiedesse il suo nuovo partito, mai nato. Se vuole, il segno di quanto questo governo sia sconclusionato e schizofrenico. Non credo che né Centorrino né Lombardo possano occuparsi di letteratura e tantomeno di Camilleri».
É corretto dire che Camilleri ha lanciato un movimento di rivalutazione del dialetto, siciliano ma non solo?
«Nessuno credeva possibile quanto è avvenuto. Eppure era già successo ad Odessa dove Angelo Musco recitò in catanese facendo ridere tutto il teatro. Sciascia sconsigliava a Camilleri di scrivere in dialetto e Brancati aggiungeva sempre a ogni parola la versione in italiano. Camilleri ha scommesso sulla capacità del dialetto di nobilitarsi e fa comprendere anche in Veneto termini come “gana” e “tambasiare” semplicemente suggerendone il significato semantico. Le antiche tragedie greche venivano recitate in dialetto, dorico o ionico, e la gente non risulta che facesse mostra di non gradire o non comprendere. Probabilmente Camilleri ha fatto la più ardita delle operazioni: ha schiacciato come Colombo l’uovo per farlo stare in piedi. Mi pare ci sia riuscito».
L’ha fatta sorridere la lettera che il commissario UE spedì a Camilleri per convincerlo a non far più mangiare “la novellata” a Montalbano? Forse è il segnale che il commissario è diventato tanto celebre da uscire fuori dal libro?
«Mi fanno più sorridere – e riflettere – le lettere che Camilleri riceve da lettrici che pretendono di dettargli le mosse: non solo di Montalbano ma anche di Livia, di Augello e persino di Catarella. E’ il segno che il personaggio è diventato reale: come avvenne ad Anna Karenina per esempio. Oscar Wilde disse che non si era più ripreso dal dolore per la sua morte.
(di Francesco Musolino)
Gianni Bonina, giornalista, vive a Catania dove dirige il magazine letterario «Stilos». Ha pubblicato l’inchiesta Il triangolo della morte (Meridie, 1992), il romanzo Busillis di natura eversiva (Lombardi, 1997), la raccolta di racconti L’occhio sociale del basilisco (Lombardi, 2001), il reportage L’isola che trema (Avagliano, 2006), il saggio Maschere siciliane (Aragno, 2007). Per il teatro ha scritto Ragione sociale (Premio Pirandello 2000) e ha curato l’inedito di Serafino Amabile Guastella Due mesi in Polisella (Lombardi, 2000). Con questa casa editrice ha pubblicato il saggio I cancelli di avorio e di corno(2007) e Tutto Camilleri (2012).