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Una, nessuna e centomila Milano. Alessandro Robecchi si racconta

Alessandro Robecchi

Alessandro Robecchi

Dopo il felice esordio nella noir con “Questa non è una storia d’amore”, Alessandro Robecchi ritorna in libreria con “Dove sei stanotte” (Sellerio, pp.350 €14). Carlo Monterossi, autore televisivo di successo con la sua tv-spazzatura, si ritrova invischiato in un altro pasticcio: gli toccherà ancora una volta vestire i panni dell’investigatore per tirarsene fuori, al contempo preda e cacciatore, sempre sotto l’occhio vigile dei suoi angeli custodi. Robecchi – milanese classe ’60, giornalista, autore televisivo di successo per Maurizio Crozza e già caporedattore presso il giornale satirico “Cuore” – riporta il lettore nella sua Milano, fra il Salone del Mobile e i faraonici numeri dell’Expo, ma anziché fermarsi nei tipici scenari turistici, si inoltra nelle periferie ricche di speranza e immigrazione, lontano dai riflettori della «capitale morale d’Italia». Alessandro Robecchi è stato recentemente protagonista in Sicilia partecipando alla fiera dell’editoria “Una Marina di Libri” di Palermo e al festival “A tutto volume” a Ragusa.  Leggi il resto di questa voce

Glenn Cooper: «Non esiste una formula per il successo sicuro»

cooper-Il curriculum di Glenn Cooper è davvero ricco di sorprese. Laureatosi in archeologia e medicina è diventato un produttore e sceneggiatore cinematografico nonché presidente di una fiorente industria di biotecnologie nel Massachusetts. Ma la sua vita cambiò radicalmente quando, un lontano giorno del 2006 venne folgorato da una visione, l’immagine di una biblioteca sepolta contenente oltre 700 mila volumi dove erano iscritte le date di vita e di morte di tutti gli abitanti della Terra. Ma tutto si interrompeva il 9 febbraio 2027. Nacque così “La Biblioteca dei Morti”, il suo libro d’esordio. Fu un thriller di successo internazionale che lanciò Cooper nell’olimpo degli scrittori americani capaci di sfondare quota un milione di copie vendute, raccogliendo curiosamente più successo in Europa che in patria. Proprio in questi giorni è stato pubblicato “I Custodi della Biblioteca” (Editrice Nord) che porterà a compimento la trilogia – “Il Libro delle Anime” fu il secondo capitolo – catapultando il lettore nel 2026, proprio a ridosso di quella fatidica data, forse indicante la fine del mondo, con buona pace dei Maya. Glenn Cooper che ha lanciato in anteprima mondiale il suo libro al festival BookCity di Milano, chiuderà la sua mini-tournée italiana proprio a Messina, giovedì 22 novembre presso la Santa Maria Alemanna. Un evento organizzato dalla Libreria Mondadori di Messina, in collaborazione con l’associazione culturale “La Gilda dei Narratori”.

Com’è nata l’idea della Biblioteca?

«Mi ha colto all’improvviso una mattina d’inverno e nello stesso modo mi è apparso il mio protagonista, Will Piper. In effetti sono le idee migliori a trovare me, non il contrario»

Will Piper è un uomo con pregi e difetti, non il classico duro e puro dei libri d’azione.

«Non mi piacciono i personaggi tagliati con l’accetta, ma quelli ricchi di sfumature e contraddizioni. Will non è ispirato a nessuno che conosca, lo volevo proprio così, complesso ma disposto a tutto per trovare la verità. In questo terzo libro lui ha 60 anni, siamo quasi coetanei, ed è stata una bella sfida portarlo in pagina ma è stato stimolante perché facciamo i conti con l’idea della mortalità e con i figli che crescono. È stata un’esperienza catartica».

La incuriosisce il fatto che i suoi libri, come i film di Woody Allen, abbiano più successo in Europa?

«Mi è servito del tempo per abituarmi a quest’idea però negli States mi è capitato anche di sentirmi dire “mi piacciono i tuoi libri ma devono esserci per forza tutti quei dettagli storici?”».

Vedremo presto un film sulla sua Trilogia? Quale attore vorrebbe nei panni di Will Piper?

«Attualmente un produttore hollywoodiano è al lavoro ma credo che sia necessario un grosso budget per portarlo al cinema. Vedremo. Il mio attore ideale? Russell Crowe su tutti».

Lei realizzò diverse sceneggiature, senza fortuna, prima di scrivere La Biblioteca. Eppure non ha mai messo da parte il suo sogno di dedicarsi alla scrittura…

«È fondamentale essere testardi. Nessuno merita il successo senza mettercela tutta e se non ha qualcosa da dire. Ma ovviamente serve anche un pizzico di fortuna».

E se la fine fosse domani, cosa farebbe?

«Continuerei a scrivere, come tutti i giorni. Forse mi concederei soltanto un goccetto di più la sera».

Francesco Musolino®

Fonte: La Gazzetta del Sud

Federalismo? No, “fregalismo”. Intervista a Pino Aprile

 

Dopo il grande successo ottenuto con Terroni – il libro di saggistica più venduto del 2010 che ha incendiato il dibattito sul Risorgimento e sui torti e le violenze subite dalle popolazioni meridionali per mano dei “liberatori” sabaudi – il giornalista Pino Aprile ritorna in libreria con Giù al Sud (Piemme) sottolineando come il futuro stesso dell’Italia sia nella mani del Meridione e dei giovani e lancia l’allarme sul federalismo leghista che potrebbe solo ampliare il divario nord-sud, nato proprio con l’Unità d’Italia.

In Giù al Sud propone una tesi antitetica a quella leghista: sarà il Sud a salvare l’Italia. Ma come?

In un sistema squilibrato, solo chi si trova in posizione svantaggiata ha interesse a mutare le cose perché, prima o poi, la pazienza termina. Al sud sta accadendo proprio questo, sta crescendo la consapevolezza verso quella politica discriminatoria e brutale che, nel tempo, ha asservito il Meridione al Nord. Non è detto che si riesca ad invertire la tendenza ma, di certo, le premesse per il cambiamento sembrano esserci tutte poiché non c’è più una supina accettazione dello status quo.

Il cambiamento passa per la riscrittura della storia del Risorgimento?

Proprio sulla ricostruzione faziosa della storia d’Italia poggia la costruzione del divario nord-sud e oggi disponiamo di talmente tanti documenti che solo chi è in malafede può ancora dubitarne. Chi volesse approfondire dovrebbe leggere “Il divario Nord-Sud in Italia (1861-2011)” di P. Malanima e V. Daniele, dove emerge con chiarezza come lo squilibrio nacque proprio nel 1861 e venne consolidato con una chiara volontà politica.

Nel suo libro parla anche del federalismo, anzi, del “fregalismo”. Una provocazione?

Nessuna provocazione. Lo chiamo così perché tutti i criteri del federalismo sono stati concepiti in funzione anti-meridionale e le decisioni, in pratica, sono state prese da organi solo settentrionali, escludendo i rappresentanti del sud con la sola eccezione della Sicilia che, però, è una regione a statuto speciale. A riprova di ciò, il biglietto di ingresso nel federalismo fiscale regionale è la sottrazione di un altro miliardo di euro a favore delle regioni più ricche: è il soccorso dei poveri a favore degli agiati. Se questo non è fregalismo

Lei è favorevole ai festeggiamenti per il 150° anniversario dell’Unità o no?

Avrei voluto festeggiarlo ma in realtà lo abbiamo solo celebrato, è diverso. Ma solo le cose morte vengono celebrate e infatti abbiamo solo applaudito a delle cerimonie e per quanto sia felice quando suona l’inno di Mameli, vorrei che altri fenomeni identitari molto importanti non venissero offuscati. Sono italiano e fiero d’esserlo ma vorrei che si celebrasse tutto il nostro patrimonio identitario, quella somma di culture che ci rendono unici nel mondo.

 

 

Fonte: Il Futurista – n°27 dell’8 dicembre 2011