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Glenn Cooper: «Non esiste una formula per il successo sicuro»

cooper-Il curriculum di Glenn Cooper è davvero ricco di sorprese. Laureatosi in archeologia e medicina è diventato un produttore e sceneggiatore cinematografico nonché presidente di una fiorente industria di biotecnologie nel Massachusetts. Ma la sua vita cambiò radicalmente quando, un lontano giorno del 2006 venne folgorato da una visione, l’immagine di una biblioteca sepolta contenente oltre 700 mila volumi dove erano iscritte le date di vita e di morte di tutti gli abitanti della Terra. Ma tutto si interrompeva il 9 febbraio 2027. Nacque così “La Biblioteca dei Morti”, il suo libro d’esordio. Fu un thriller di successo internazionale che lanciò Cooper nell’olimpo degli scrittori americani capaci di sfondare quota un milione di copie vendute, raccogliendo curiosamente più successo in Europa che in patria. Proprio in questi giorni è stato pubblicato “I Custodi della Biblioteca” (Editrice Nord) che porterà a compimento la trilogia – “Il Libro delle Anime” fu il secondo capitolo – catapultando il lettore nel 2026, proprio a ridosso di quella fatidica data, forse indicante la fine del mondo, con buona pace dei Maya. Glenn Cooper che ha lanciato in anteprima mondiale il suo libro al festival BookCity di Milano, chiuderà la sua mini-tournée italiana proprio a Messina, giovedì 22 novembre presso la Santa Maria Alemanna. Un evento organizzato dalla Libreria Mondadori di Messina, in collaborazione con l’associazione culturale “La Gilda dei Narratori”.

Com’è nata l’idea della Biblioteca?

«Mi ha colto all’improvviso una mattina d’inverno e nello stesso modo mi è apparso il mio protagonista, Will Piper. In effetti sono le idee migliori a trovare me, non il contrario»

Will Piper è un uomo con pregi e difetti, non il classico duro e puro dei libri d’azione.

«Non mi piacciono i personaggi tagliati con l’accetta, ma quelli ricchi di sfumature e contraddizioni. Will non è ispirato a nessuno che conosca, lo volevo proprio così, complesso ma disposto a tutto per trovare la verità. In questo terzo libro lui ha 60 anni, siamo quasi coetanei, ed è stata una bella sfida portarlo in pagina ma è stato stimolante perché facciamo i conti con l’idea della mortalità e con i figli che crescono. È stata un’esperienza catartica».

La incuriosisce il fatto che i suoi libri, come i film di Woody Allen, abbiano più successo in Europa?

«Mi è servito del tempo per abituarmi a quest’idea però negli States mi è capitato anche di sentirmi dire “mi piacciono i tuoi libri ma devono esserci per forza tutti quei dettagli storici?”».

Vedremo presto un film sulla sua Trilogia? Quale attore vorrebbe nei panni di Will Piper?

«Attualmente un produttore hollywoodiano è al lavoro ma credo che sia necessario un grosso budget per portarlo al cinema. Vedremo. Il mio attore ideale? Russell Crowe su tutti».

Lei realizzò diverse sceneggiature, senza fortuna, prima di scrivere La Biblioteca. Eppure non ha mai messo da parte il suo sogno di dedicarsi alla scrittura…

«È fondamentale essere testardi. Nessuno merita il successo senza mettercela tutta e se non ha qualcosa da dire. Ma ovviamente serve anche un pizzico di fortuna».

E se la fine fosse domani, cosa farebbe?

«Continuerei a scrivere, come tutti i giorni. Forse mi concederei soltanto un goccetto di più la sera».

Francesco Musolino®

Fonte: La Gazzetta del Sud

I libri cambiano davvero il destino delle persone.

Confesso di avere un debole per i libri che parlano di libri. Da Calvino a Yehoshua, da Vargas Llosa a Hornby, da Miller a Manguel per fortuna sono numerosi – ma mai abbastanza per quanto mi riguarda – i romanzi che piuttosto che scandagliare il processo narrativo in modo didascalico-accademico, mirano semplicemente a farci incuriosire e innamorare, innescando un processo di scatole cinesi che il vero Lettore non potrà non seguire. Così, una volta chiuso il libro sarà già pronta una lista di nuovi titoli da scovare in libreria, su consiglio di autori che apprezziamo e che magari, qualcun altro libro ci ha fatto conoscere. E il piacere è maggiore se i titoli in questione sono in fase di traduzione o difficili da reperire come nel caso diLa Casa di Carta edito da Sellerio (pp. 96; tr. it. di Maria Nicola; €10), che è stata capace di assicurarsi una piccola perla che non potrà non ingolosire i bibliofili o bibliofolli, citando il bel libro di Alberto Castoldi.

La Casa di Carta (che Alberto Manguel cita neIl diario di un lettore) è il surreale racconto dell’incrociarsi di quattro destini, tutti legati ai libri in modo molto stretto. Perché, come l’autore sottolinea, i libri cambiano il destino delle persone. Il romanzo esiguo nel numero di pagine ma non per la densità di contenuti, prende avvio con un decesso: Bluma Lennon, docente universitaria a Cambridge, viene travolta da un auto proprio mentre leggeva un volume di versi di Emily Dickinson dopo averlo acquistato in una libreria di Soho. Incredibilmente tutto ciò da il via ad una sorta di diatriba accademica per calcolare quale verso stesse leggendo con precisione nel momento dell’impatto. E’ evidente che Dominguez non debba nutrire grande stima per gli accademici vista l’ironia utilizzata per dipingerli. 

Sarà proprio il successore in pectore di Bluma, un docente argentino di ispanistica, a prendersi cura dei suoi studenti ma la sua attenzione sarà attratta da un volume recapitato proprio alla defunta collega dall’Uruguay e giunto troppo tardi: una copia del 1946 de La Linea d’Ombra di Joseph Conrad. Come se non bastasse la dedica nel libro, vergata dalla stessa Bluma per un misterioso uomo, il volume presenta inequivocabili tracce di cemento che rischiano di far impazzire la domestica del professore, sempre alle prese con l’impari battaglia contro la polvere e i parassiti della carta.

Come il cuore rivelatore di Poe, quel libro, piazzato sul leggio attrae fatalmente l’attenzione del docente, che prova sentimenti contrastanti verso i libri tanto che anno dopo anno cerca di evitare che la sua casa venga inondata dai libri:

“Ogni anno regalo non meno di cinquanta volumi ai miei studenti, eppure non riesco a smettere di aggiungere sempre un nuovo scaffale, una nuova doppia fila di libri; i libri avanzano per la casa, silenziosi, innocenti. Non riesco a fermarli”.

Chi è Carlos Brauer e perché ha rispedito indietro quel volume a Bluma? Cosa spinge il docente ad imbarcarsi in un viaggio verso la natìa argentina e poi verso l’Uruguay per scoprire la storia di Brauer e del suo folle archivio?

Dominguez ha scritto uno dei libri più interessanti sulla bibliofilia, l’arte di creare le biblioteche – con o senza un criterio logico – evidenziando che la fatica per procurarsi un libro non è nulla dinnanzi a quella per disfarsene. “Le biblioteche di una vita sono ben di più di una semplice somma di libri”, scrive Dominguez. “Una biblioteca è una porta sul tempo”, come scrisse Borges.

«La letteratura disincanta». Parola di Ian Sansom

Con il gustoso Galeotto fu il libro (Tea edizioni; pp. 322; €12), le avventure del bibliotecario Israel Amstrong, ideato dal critico letterario e scrittore Ian Sansom, giungono al quarto capitolo. Antieroe per eccellenza con un’eredità nobile che pesca dalla letteratura sino al film muto, Israel è nato per decisione ferrea dell’autore ma anche per una felice coincidenza: “abito di fronte a una biblioteca, e ogni mattina lì davanti si ferma un bibliobus per rifornirsi di volumi: impossibile non celebrare una cosa come questa”. Sansom, inoltre, ha svelato il suo personalissimo rapporto con libri, critici e con l’atto stesso della lettura e non mancano certo le sorprese…

Per il Salone del Libro di Torino, Ian Sansom ha presentato al pubblico italiano il suo nuovo libro e Tempostretto.it l’ha intervistato.

La serie del Bibliobus di Tundrum è giunta ad un nuovo episodio: Ma dome è nata 0questa fortunata serie?

«È nata per un puro atto di volontà, per una decisione consapevole. Uno scrittore si siede e pensa: voglio scrivere un libro che abbia questi elementi: una biblioteca e un personaggio che sia “fuori luogo”, cioè che si trovi in un luogo a cui non appartiene. Così è nato Israel Armstrong. A cioè si aggiunge il fatto che abito di fronte a una biblioteca, e ogni mattina lì davanti si ferma un bibliobus per rifornirsi di volumi: impossibile non celebrare una cosa come questa».

Per creare il suo protagonista si è ispirato almeno in parte a qualche personaggio letterario? «Israel è un genere di personaggio che troviamo spesso in letteratura: si sposta, vaga, non ha un luogo fisso e sicuro nel mondo. In questo è un personaggio ricorrente, sempre alla ricerca di qualcosa, anche quando non sembra così evidente. Israel è vicino a molti antieroi che troviamo nei romanzi del XX secolo, come “L’uomo senza qualità” di Robert Musil o “Ho servito il re d’Inghilterra” di Bohumil Hrabal. Ma in Israel ritroviamo anche i fratelli Marx e i personaggi del film muto, quindi si avvicina a esempi in parte letterari e in parte cinematografici».

Un critico letterario ce lo si figura serio e borioso, al contrario lei brilla per fantasia e humor. Questa serie è anche un modo per non prendersi troppo sul serio e imparare a godere semplicemente del piacere letterario?

«In realtà spero di fare il critico letterario scrivendo con la stessa arguzia e allegria che cerco di mettere nei miei libri. Credo che la critica letteraria, nei suoi aspetti migliori, possa essere gioiosamente creativa. Non mi piace differenziare le due attività in modo radicale. A volte le mie critiche letterarie hanno più allegria di alcune mie opere che invece vengono considerate molto serie».

A proposito, che rapporto ha con i cuoi colleghi critici?

«Faccio una vita piuttosto da eremita: vado a lavorare, torno, leggo, scrivo. Se uno legge seriamente, finisce inevitabilmente per avere più rapporti con i morti che con i vivi. Ma sono certo che tutti i miei colleghi, critici e scrittori, sono persone simpatiche ed eccezionali».

Infine vorrei domandare ad Israel: fa bene leggere e perché?

«Non penso che la lettura funzioni come una medicina, che ti rende moralmente migliore. Molti di quelli che la consigliano ad ogni costo lo fanno come suggerire l’echinacea per il raffreddore. Credo piuttosto che il valore principale della lettura è che aiuta ad avere un punto di vista più disincantato. Spesso si dice che la letteratura incanta; secondo me, invece, disincanta. Quasi tutta la letteratura ha un messaggio universale: che la gente è cattiva. Insomma, la carta da parati non ci salverà se il muro crolla; ma è comunque piacevole avere una bella carta da parati».

 

Ian Sansom, inglese, vive vicino a Belfast con la sua famiglia. Collabora regolarmente con il «Guardian» e con la «London Review of Books» in qualità di critico letterario. Nel 2002 ha pubblicato The Truth About Babies, resoconto di un anno di gioie e orrori della paternità. Ha debuttato nella narrativa nel 2004 col romanzo The Impartial Recorder.

Sul web: www.iansansom.net

 

Fonte: www.tempostretto.it del 23 maggio 2011