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Tre generazioni e la ricerca di un destino comune per ricominciare. Evelina Santangelo racconta “Non va sempre così”.
C’è un’urgenza che tracima dalle pagine del nuovo romanzo di “Non va sempre così” (Einaudi, pp.220 €19) della scrittrice palermitana, Evelina Santangelo. In questa storia che fotografa senza fronzoli la società contemporanea italiana, la protagonista è specchio dei nostri tempi. Tutto è fin troppo fuggevole nella sua vita, dagli oggetti di casa che le si sfasciano in mano al legame affettivo che si sgretola, dal fin troppo precario incarico di insegnante di sostegno sino ai ferventi valori che si acquietano, mesti. La Santangelo – già apprezzata editor e traduttrice – porta in pagina il confronto agrodolce e ironico fra tre generazioni; al limbo in cui si trova sospesa la protagonista, fanno da contrappeso la fiducia incrollabile nel progresso di suo padre e il ruolo di Matilde, la figlia teenager e i suoi desideri di felicità destinati ad essere disattesi. Finché in questo precariato esistenziale, piomba in pagina un’idea bizzarra, un progetto ecosostenibile che potrebbe ridare senso e speranze agli attori in pagina, creando un nuovo destino condiviso. Del resto, come afferma la Santangelo, «la mia protagonista sta come sospesa su una soglia tra un passato eroico impallidito e un futuro pieno di nebbie che fa sentire però la sua urgenza».
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«Voglio indagare il cuore dei coniugi Macbeth, non metterli in galera». Nicola Lagioia racconta “La Ferocia”.
Un romanzo sul libero arbitrio. Un libro notturno, violento e cupo eppure pieno di speranza. Con “La Ferocia” (Einaudi, pp.418 €19.50) per la prima volta Nicola Lagioia – giornalista, scrittore, conduttore radiofonico di “Pagina 3” su Radio3 e direttore editoriale per Minimum Fax – porta sulla pagina i giorni nostri, la sua Puglia natia e le sue brutture, cartina tornasole per leggere e interpretare l’Italia intera. Lagioia ritorna in libreria dopo quattro anni da “Riportando tutto a casa”, mettendo al centro della vicenda la famiglia Salvemini, una di quelle dinastie che prosperano nella convinzione che tutti abbiano un costo e che vada perseguito la ricerca dell’utile, senza alcuna remora morale. Ma non tutti sono d’accordo e difatti la giovane Clara Salvemini – che nelle primissime pagine va incontro alla morte, vittima e carnefice insieme – è considerata la pecora nera della famiglia, al pari del fratellastro Michele, cui toccherà fatalmente indagare proprio sulla fine della sorella, rivelando – con un ardito cambio di punti di vista e tempi narrativi – intrecci, beghe e corruzioni di un impero economico familiare, giunto sull’orlo del collasso e dunque prodomo a scatenare la ferocia insita in ciascuno dei familiari, a partire dal capofamiglia, Vittorio. Sarebbe stato facile, con queste premesse, scrivere un romanzo di denuncia, ma l’intento dell’autore è quello di scandagliare il cuore e l’animo dei suoi protagonisti con una prosa emotivamente intensa, scendendo negli abissi della famiglia Salvemini, senza mai puntare contro loro il dito accusatore. E non a caso già si parla di candidare questo romanzo al prossimo Premio Strega. Leggi il resto di questa voce
Il mio Stoleggendo. Alice Di Stefano racconta la sua esperienza da #readerguest
Amo molto Facebook; Twitter lo capisco poco. Un giorno però Francesco Musolino passa a trovarmi in casa editrice e, con quello che solo dopo ho capito essere il suo consueto entusiasmo, mi parla di tutto: di libri, di scrittura, festival, fiere, Roma, Messina e… Twitter. E proprio quel giorno, dalla sala riunioni della Fazi, parte il mio primo tweet. Ed è imprinting. Immediato.
Trascinante, vitale, energico, l’ideatore di @Stoleggendo (mi parlò subito del suo progetto, ovviamente) per me, oca selvatica alle prime armi, fu come una madre, del tipo di quelle descritte da Lorenz, sia chiaro. Da lì, e lì, l’invito a fare da #readerguest (parola a me sconosciuta), invito subito rifiutato data l’ignoranza del vocabolo e anche del mezzo. Circa due mesi dopo, due mesi di timidi tentativi su Twitter con l’account @alidiste e la foto del profilo col fritto di pesce, ecco che mi ritrovo annunciata come #readerguest per il 14 giugno e inserita in una lista di persone illustri, tutte tecnologicamente parlando senz’altro più abili e navigate di me. Panico. Paura. E ora che gli dico? Che non posso? Anche se nel frattempo, a dir la verità, mi ero un po’ impratichita con un paio di interviste cinguettanti che mi avevano molto divertita per le insolite modalità di comunicazione allargata a proposito di libri.
E arriva finalmente la sera che precede il grande giorno. Non ho più paura ormai, ho semplicemente rimosso, decidendo di andare a letto presto e pensando a tutt’altro. Leggi il resto di questa voce
Dietro un grande libro c’è (spesso) l’intuizione di un editor. Cristina Marino racconta “la scoperta” di Stoner
Chi c’è dietro un successo editoriale? Cosa determina il trionfo di un titolo in libreria? Certamente i lettori che l’hanno scelto e acquistato; i librai, poiché l’hanno selezionato fra tanti, consigliandolo ai clienti; e infine l’editore che l’ha pubblicato e promosso, investendo su quell’autore, dandogli fiducia. Tutto qui? Non proprio. Alla base del successo del libro c’è la compartecipazione di tanti fattori e una buona dose di fortuna ma non si può tralasciare il lavoro di scouting ed editing sul testo ovvero il ruolo giocato dagli editor. In genere di loro si sa ben poco (lo fu Italo Calvino per Einaudi e molto si è detto del rapporto fra Raymond Carver e Gordon Lish) salvo nei momenti d’improvvisa notorietà, come nel caso di Cristina Marino, editor per Fazi editore: si deve proprio a lei la scoperta di “Stoner”, il libro firmato dal compianto scrittore americano John E. Williams, eletto libro dell’anno 2013 a furor di popolo. Cristina Marino – editor romana classe ‘78 – ha già all’attivo altri colpi importanti, su tutti il ritorno in Fazi di Elizabth Strout con la pubblicazione di Olive Kitteridge – con cui l’autrice vinse il Premio Pulitzer nel 2009 – e la scoperta per il pubblico italiano di Kevin Wilson (“La famiglia Fang”, 2012) e Shane Stevens, (“Io ti troverò”, 2010). Uscirà proprio oggi, attesissimo, l’ultimo inedito di John Williams, “Nulla solo la notte” (Fazi editore, pp.144 €13,50) eppure è ancora forte e in modo sorprendente, la Stoner-mania.
«Appena ho terminato di leggerlo, nel 2010, avevo la chiara sensazione che Stoner fosse un testo forte, capace di descrivere con onestà la vita di un uomo semplice». Era un libro eccezionale? «Sì, aveva una scrittura illuminante ma la potenza dell’editore e la grande operazione promozionale hanno senz’altro avuto un peso determinante». “Nulla, solo la notte”, è il romanzo d’esordio di Williams – scritto a vent’anni fra il ’42 e il ’45 – in cui si racconta l’intera giornata di un dandy californiano, Arthur Maxley, scandita da alcuni disparati incontri con, sulla pagina, l’eco delle domande fondamentali fatalmente senza risposta. Come in Stoner – in cui si racconta la vita di un uomo semplice che si affranca faticosamente dalla vita contadina – non è la sinossi a destare sensazione ma la scrittura, la sua impressionante chiarezza sulla pagina. Oggi Stoner è un fenomeno dell’editoria mondiale «ma noi acquisimmo i diritti senza alcun asta, nessuno sapeva chi fosse Williams. Eppure – prosegue la Marino – quando venne ristampato in America nel 2010, vendette 50 mila copie ed ebbe grandi recensioni, inclusa quella del premio Oscar, Tom Hanks, che ha già annunciato di voler portare Stoner sul grande schermo».