«Voglio indagare il cuore dei coniugi Macbeth, non metterli in galera». Nicola Lagioia racconta “La Ferocia”.
Un romanzo sul libero arbitrio. Un libro notturno, violento e cupo eppure pieno di speranza. Con “La Ferocia” (Einaudi, pp.418 €19.50) per la prima volta Nicola Lagioia – giornalista, scrittore, conduttore radiofonico di “Pagina 3” su Radio3 e direttore editoriale per Minimum Fax – porta sulla pagina i giorni nostri, la sua Puglia natia e le sue brutture, cartina tornasole per leggere e interpretare l’Italia intera. Lagioia ritorna in libreria dopo quattro anni da “Riportando tutto a casa”, mettendo al centro della vicenda la famiglia Salvemini, una di quelle dinastie che prosperano nella convinzione che tutti abbiano un costo e che vada perseguito la ricerca dell’utile, senza alcuna remora morale. Ma non tutti sono d’accordo e difatti la giovane Clara Salvemini – che nelle primissime pagine va incontro alla morte, vittima e carnefice insieme – è considerata la pecora nera della famiglia, al pari del fratellastro Michele, cui toccherà fatalmente indagare proprio sulla fine della sorella, rivelando – con un ardito cambio di punti di vista e tempi narrativi – intrecci, beghe e corruzioni di un impero economico familiare, giunto sull’orlo del collasso e dunque prodomo a scatenare la ferocia insita in ciascuno dei familiari, a partire dal capofamiglia, Vittorio. Sarebbe stato facile, con queste premesse, scrivere un romanzo di denuncia, ma l’intento dell’autore è quello di scandagliare il cuore e l’animo dei suoi protagonisti con una prosa emotivamente intensa, scendendo negli abissi della famiglia Salvemini, senza mai puntare contro loro il dito accusatore. E non a caso già si parla di candidare questo romanzo al prossimo Premio Strega.
Nicola, che cos’è la ferocia?
«La ferocia per me è il ritorno allo stato di natura, ogniqualvolta noi crediamo d’essercene emancipati. L’atmosfera che pervade il libro richiama la crisi dei nostri giorni, la ferocia che predomina nella nostra società e che finisce per risucchiare anche i Salvemini, una potente famiglia di palazzinari pugliesi».
Ma di questa famiglia fanno parte anche due pecore nere…
«Clara e Michele sono occasionalmente capaci di autosabotarsi, estirpando la ferocia insita nell’animo; sono capaci d’amore pur essendo personaggi già perduti e fragili che vanno incontro alla propria amara sorte. La Ferocia è un romanzo notturno ma c’è anche uno spiraglio, una luce, emanata da queste forme d’amore spontanee».
Clara si ribella, palesemente fuori posto in questa famiglia. Ma di che tipo di ribellione si tratta?
«Clara avanza verso il prossimo, fiera, con la guardia abbassata. Ma gli altri se ne approfittano, le fanno sempre del male. Eppure solo così, offrendosi senza remore e difese, permette a chi ha dinnanzi di scegliere, fra bene o male. Purtroppo scopriamo subito troverà la morte ma è come se così facendo avesse già passato il testimone a Michele, dandogli tacitamente l’incarico di indagare sulla sua fine, mettendo i bastoni contro la propria famiglia».
Narrando non punta mai il dito accusatore. Anzi, scandaglia il cuore dei suoi personaggi, soprattutto quello dei malvagi. E’ stata dura?
«E’ imprescindibile. Se scrivo un pezzo giornalistico o intervengo in una questione politica posso essere tranchant, non mi devo mettere nei panni del mio avversario. Ma nei panni dello scrittore devo assolutamente farlo e così raccontando Vittorio Salvemini sono dovuto andare a pescare il farabutto che è in me. Perché c’è una parte malvagia, feroce, in ciascuno di noi. Chiunque scriva romanzi dovrebbe andare a cercare il proprio lato oscuro, così come fecero Jack London e Gustave Flaubert prima di noi».
In questo senso dichiari, “voglio indagare il cuore dei coniugi Macbeth, non metterli in galera”?
«Esattamente. Non mi affascina la letteratura di denuncia, né gli scrittori che si vogliono sostituire ai giudici e ai pubblici ministeri, tracciando nettamente i confini fra bene e male. Credo che la letteratura debba indagare il cuore degli uomini e visto che siamo esseri complessi, serve coraggio per buttarsi lì in mezzo senza essere pronti a giudicare».
Editor, giornalista, commentatore… posso chiederle quanta ferocia ci sia nel mondo editoriale?
«Oggi il mondo editoriale, dopo aver preso una bella botta in faccia, sta cercando di capire quale sarà il suo futuro. Negli anni scorsi ci sono state grandi bolle speculative e soprattutto i grandi editori hanno voluto crescere, non tanto lettori quanto consumatori, puntando su fenomeni editoriali che fossero anche di costume. Ma una volta arrivata la crisi, dai consumatori il libro viene vissuto come un bene secondario e non vengono più acquistati. Ecco come si spiega il 20% di fatturato in meno. Fa eccezione l’editoria per bambini per il semplice fatto che negli anni scorsi non sono stati sfornati quintalate di titoli prodotti a casaccio».
Nicola, stiamo andiamo incontro ad anni ancora più feroci?
«Spero di no. O meglio, magari saranno più feroci ma d’altra parte anche più solidali e me ne sono reso conto proprio durante questo tour di presentazioni che mi sta portando in giro per l’Italia, di libreria in libreria. Sto scoprendo un paese diverso da quella raccontato sui grandi quotidiani e questo mi dona speranza».
Francesco Musolino®
Fonte: La Gazzetta del Sud, 19 ottobre 2014
Pubblicato il 2014/10/20, in Interviste con tag bene, clara, editor, einaudi, ferocia, francesco musolino, intervista, la ferocia, la gazzetta del sud, male, minima et moralia, minimum fax, natura, nicola lagioia, pagina 3, premio strega, puglia, riportando tutto a casa, salvemini, sicilia. Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.
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