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Il piccolo Giovanni Falcone, eroe senza età nel racconto di Angelo Di Liberto.

«Un invito rivolto a tutti noi a compiere sino in fondo le nostre scelte, ad agire senza temere di essere troppo piccoli o deboli per stare dalla parte del bene». Con queste parole, Maria Falcone dona la propria benedizione al libro “Il piccolo Giovanni Falcone. Un ricordo d’infanzia”, pubblicato da Mondadori (pp. 92 euro 10). La sorella del magistrato barbaramente ucciso il 23 maggio 1992 con la strage di Capaci, firma la prefazione del suddetto volume, scritto dal palermitano Angelo Di Liberto, il tenace ideatore – con Carlo Cacciatore – della comunità facebook “Billy, il vizio di leggere” (che vanta oltre quindicimila membri e ha ideato “Modus Legendi”, una modalità d’acquisto consapevole per far leva sui lettori e la rete, riportando in auge libri meritori passati sotto traccia). La pubblicazione di “Il bambino Giovanni Falcone” è un successo perché questo libro era stato pubblicato nel 2014 dalla palermitana :duepunti edizioni (con il titolo “La stanza del presepe”) ma se ne erano perse le tracce. Oggi, ripescato dall’oblio editoriale, il titolo torna sugli scaffali, con una veste grafica accattivante, impreziosito dalle illustrazioni di Paolo d’Altan. Il tono del racconto voluto da Di Libero è intimo, aulico a tratti, ma non agiografico. Giovanni è ancora un bambino di sette anni con tutte le sue innocenti passioni, su tutte quella per i Tre Moschettieri, mettendo in scena duelli infiniti armato solo d’una spada di legno. E della propria fantasia. Finché la comparsa di un piccolo pastorello nel presepe dentro la sua stanza, lo mette di malanimo. È tutto vestito di rosso, sembra rievocare un delitto di mafia avvenuto a Palermo. E una volta girata l’ultima pagina, al lettore rimarrà l’amarezza per la sorte toccata al giudice Falcone (il volume si chiude con una appendice dedicata alla sua storia) e con essa qualche domanda retorica: in che momento si decide il nostro destino? Quando scegliamo da che parte stare nella lotta eterna fra il Bene e il Male? Di Liberto firma un libretto delicato e rivolto ai giovani lettori in cui si ribadisce l’importanza di ricordare il sacrificio dei tanti uomini giusti caduti per mano della mafia.

FRANCESCO MUSOLINO®

FONTE: GAZZETTA DEL SUD, MAGGIO 2017

Chi sta male non lo dice. Antonio Dikele Distefano torna in libreria

Ventiquattro anni, nato nel varesotto da genitori d’origini angolane, Antonio Dikele Distefano ha raggiunto la notorietà con i social network, con determinazione e forte ambizione. Con il suo libro d’esordio nel 2015, “Fuori piove, dentro pure, passo a prenderti?” ha raggiunto le centomila copie; un successo bissato appena un anno dopo, con il secondo libro “Prima o poi ci abbracceremo”. Da poche settimane Dikele è tornato in libreria con “Chi sta male non lo dice” (pp. 162 euro 12, tutti i suoi libri sono editi da Mondadori) in cui racconta la storia di  Yannick e Ifem, due giovani ragazzi che devono fare i conti con rinunce, abbandoni, sconfitte e speranze. È una storia di sogni infranti quella in cui Dikele conduce il lettore, in mezzo alle famiglie della periferia, fra razzismo e violenze domestiche, con le dipendenze – anche quelle lavorative e affettive – che diventano un’ancora a cui aggrapparsi mentre tutto il resto rischia di crollare in pezzi. La pelle scura dei due protagonisti Yannick e Ifem, (“non ci fermeremo finché non capiranno che non siamo neri che si sentono italiani, ma italiani neri”) è uno scoglio tagliente da affrontare quando basta “il taglio degli occhi diverso per sentirsi intruso, un cognome con troppe consonanti per sentirsi gli sguardi addosso”. Ifem prova a colmare il vuoto della sua vita – l’abbandono del padre e di un futuro che appare sempre troppo lontano – con l’amore per Yannick. Ma lui ha un’anima incapace di star ferma, inadatta a mettere radici, talmente rabbioso da essere incapace di accorgersi che Ifem – e non la cocaina in cui si rifugia sempre più spesso – potrebbe essere la chiave per la salvezza, per l’avvenire. E in un attimo ciò che era evasione dalla noia, diventa capriccio, poi dipendenza e infine una sentenza di condanna. Dikele non ha mai nascosto la sua ambizione e in questo libro affronta il tema dell’amore come possibile redenzione che si infrange sul razzismo e l’indifferenza, sulla rabbia autodistruttiva delle periferie italiane, spesso troppo lontani dai fari dei media.

FRANCESCO MUSOLINO®

FONTE: GAZZETTA DEL SUD 30 APRILE 2017

 

 

 

Daša Drndić: «in che modo la vittima si trasforma in carnefice?». Grandi nomi al Festival Internazionale degli Scrittori a Firenze

Dasa Drndić

Dasa Drndić

Con “Il vestito dei libri” – la lectio magistralis del Premio Pulitzer Jhumpa Lahiri – e la premiazione del “Premio Gregor von Rezzori Giovani Lettori”, mercoledì 10 giugno a Firenze partirà la terza edizione del Festival degli Scrittori, la kermesse internazionale – realizzata da The Santa Maddalena Foundation, presieduta da Beatrice Monti della Corte, e curata da Alba Donati – che promuove l’incontro tra gli scrittori e il pubblico italiano, mediante incontri, reading e tavole rotonde sulla traduzione. Il Festival – che si concluderà venerdì 12 – vedrà la presenza di numerosi scrittori internazionali e italiani – fra cui segnaliamo Michael Cunningham, Andrew Sean Greer, Edmund White, Alberto Manguel, Antonio Scurati e Carmen Pellegrino (finalisti al Premio Campiello 2015), Aldo Nove, Alessandro Mari, Vanni Santoni e le giornaliste Rosa Polacco e Livia Manera Sambuy. Uno dei momenti più importanti sarà il recital “Casanova e dintorni: un viaggio nell’eros” con Alba Rohrwacher e Filippo Timi a dare voce all’eros libertino di Casanova (giovedì 11, ore 19) ma la kermesse è impreziosita anche dal Premio Gregor von Rezzori – Città di Firenze, giunto alla nona edizione. Leggi il resto di questa voce

«Voglio indagare il cuore dei coniugi Macbeth, non metterli in galera». Nicola Lagioia racconta “La Ferocia”.

Nicola Lagioia

Nicola Lagioia

Un romanzo sul libero arbitrio. Un libro notturno, violento e cupo eppure pieno di speranza. Con “La Ferocia” (Einaudi, pp.418 €19.50) per la prima volta Nicola Lagioia – giornalista, scrittore, conduttore radiofonico di “Pagina 3” su Radio3 e direttore editoriale per Minimum Fax – porta sulla pagina i giorni nostri, la sua Puglia natia e le sue brutture, cartina tornasole per leggere e interpretare l’Italia intera. Lagioia ritorna in libreria dopo quattro anni da “Riportando tutto a casa”, mettendo al centro della vicenda la famiglia Salvemini, una di quelle dinastie che prosperano nella convinzione che tutti abbiano un costo e che vada perseguito la ricerca dell’utile, senza alcuna remora morale. Ma non tutti sono d’accordo e difatti la giovane Clara Salvemini – che nelle primissime pagine va incontro alla morte, vittima e carnefice insieme – è considerata la pecora nera della famiglia, al pari del fratellastro Michele, cui toccherà fatalmente indagare proprio sulla fine della sorella, rivelando – con un ardito cambio di punti di vista e tempi narrativi – intrecci, beghe e corruzioni di un impero economico familiare, giunto sull’orlo del collasso e dunque prodomo a scatenare la ferocia insita in ciascuno dei familiari, a partire dal capofamiglia, Vittorio. Sarebbe stato facile, con queste premesse, scrivere un romanzo di denuncia, ma l’intento dell’autore è quello di scandagliare il cuore e l’animo dei suoi protagonisti con una prosa emotivamente intensa, scendendo negli abissi della famiglia Salvemini, senza mai puntare contro loro il dito accusatore. E non a caso già si parla di candidare questo romanzo al prossimo Premio StregaLeggi il resto di questa voce

Il Male e il suo fascino irresistibile. Pietrangelo Buttafuoco racconta “I cinque funerali della Signora Göring”

buttaLa baronessa Carin von Fock ed Hermann Göring, furono protagonisti di una tragica storia d’amore che li mise al centro del grande romanzo popolare, una delle operazioni più importanti del ministero della propaganda nazista, guidato da Joseph Goebbels. Ma dietro lo splendore di una bellissima nobildonna che si innamorò dell’eroe dei cieli e maresciallo del Reich, si celano anni di malattia e un finale spietato. Con una scrittura lirica, una danza con le parole che arriva ad evocare la potenza delle note di Wagner, lo scrittore siciliano Pietrangelo Buttafuoco racconta questa storia d’amore a cavallo fra le due grandi guerre ne “I cinque funerali della signora Göring” (Mondadori, pp.180 €18). E’ il Male, la sua essenza ciò che trasuda dalle pagine di Buttafuoco, quella potenza oscura che rifiutiamo pur non essendone mai immuni. Ma è da segnalare che sull’onda del grande e recente successo editoriale, “Buttanissima Sicilia” ha debuttato in teatro a Caltanissetta – sabato 11 ottobre in prima nazionale presso il Teatro Regina Margherita alle ore 21 con Salvo Piparo, Costanza Licata e Rosemary Enea, per la regia del giornalista  Giuseppe Sottile del Basto: «Abbiamo messo in scena alcuni brani di questo libro che definisco da svenimento, praticamente un dizionario di cose mai dette sulla nostra Sicilia, capace di scalfire il conformismo sui temi di mafia e antimafia». Con Pietrangelo Buttafuoco abbiamo parlato del nuovo romanzo “I Cinque Funerali della Signora Göring“.

Perché raccontare la storia d’amore fra Carin von Fock ed Hermann Göring?

«E’ una storia tragica, dolce e crudele. Tutto partì con quella foto su Life divenuta copertina di questo libro; allora lavoravo a “Le uova del drago” ma sapevo già che avrei dovuto raccontarla». Leggi il resto di questa voce

Jerker Eriksson e Håkan Axlander Sundquist: «Per stupire il pubblico bisogna essere sottili e far leva sull’immaginazione del lettore»

Jerker Eriksson e Håkan Axlander Sundquist sono l’asso nella manica firmatoCorbaccio, che vincendo un’asta agguerrita si è assicurata il loro romanzo d’esordio,La Stanza del Male (trad. di U. Ghdoni; pp. 463; €18,60). Al centro della narrazione gli scrittori svedesi pongono due donne molto diverse fra loro: l’ispettore di Polizia Jeanette Kihlberg e la psichiatra Sofia Zeltelund che coopereranno su un caso davvero truce finendo per trovarsi sulla traccia di un serial killer spietato e deciso ad infliggere sofferenza in modo quasi “scientifico”. Vittime che si tramutano in carnefici, terribili violenze su minori e lo spettro inquietante dei bambini soldato sono fra gli ingredienti di un libro cupo e dal grande ritmo narrativo che ha favorevolmente spiazzato i lettori europei.

I due autori hanno risposto alle mie domande dialogando su scrittura, violenza “narrativa”, catarsi e rivelando anche i loro assai interessanti progetti futuri.

Il vostro romanzo è piuttosto cruento ma non scade mai nel morboso, nella violenza compiaciuta. Qual è il limite quando si descrivono certe situazioni estreme?

Anche se il libro è abbastanza pieno di sangue, non scivola mai sul morboso, non indugia mai nella violenza. Una delle missioni dell’arte in generale è quella di riflettere il presente e per questo i confini saranno sempre mossi, poiché la realtà continuerà sempre a superare la fiction. A noi non interessa rivelare solo la violenza, anche se è una parte naturale del romanzo poliziesco moderno. Se si vuole colpire davvero il pubblico, è più efficace essere sottili e far leva sull’immaginazione del lettore.

La scrittura, a vostro avviso, può avere un potere terapeutico ed esorcizzante anche nell’affrontare le violenze quotidiane sui minori o la pedopornografia?

Difficile rispondere a questa domanda senza sollevare dei dubbi. Il problema è molto complesso. Le persone malate e bisognose di aiuto manifestano un problema che non può essere risolto scrivendo. Tuttavia una persona malata può certamente essere ispirata dai libri.

Voi date la voce a personaggi femminili molto sfaccettati e convincenti. Com’è stato portare sulla pagina delle donne e perchè avete fatto questa scelta?

No, non è stato affatto difficile. In realtà è stata una coincidenza. Noi frequentiamo maggiormente le donne che gli uomini e per questo è stato naturale scrivere da quella prospettiva. Inoltre pensiamo che molte storie con protagoniste femminili, scritte dagli uomini, partono da concetti stereotipati come quello che le donne e gli uomini siano sempre molto diversi fra loro.

Come avete costruito il personaggio di Sofia e le sue competenze professionali così definite?

Abbiamo svolto ricerche davvero molto approfondite con un ufficiale di polizia che, per molti anni, ha lavorato sui casi di abusi sessuali su minori. Inoltre Jerker per diversi anni ha convissuto con una psicologa che ci ha fornito davvero un grande aiuto.

Ciascuno di voi ha svolto un numero impressionante di lavori, più o meno stravaganti, nel proprio passato. Com’è nata l’idea di scrivere a quattro mani questo romanzo?

Insieme abbiamo più di dieci anni di sperimentazione con l’arte e la musica, per cui il passo verso la scrittura non è stato così grande. Inoltre tre anni fa siamo andati incontro a due crisi personali molto diverse ed entrambi abbiamo cominciato a far uso della scrittura come terapia.

Siete già al lavoro su un nuovo libro? Volete anticiparci qualcosa?

Per prima cosa finiremo la trilogia di Victoria Bergman. L’ultima parte è quasi pronta e verrà pubblicata in Svezia per la primavera del 2012.

First we will finish the trilogy of Victoria Bergman. The final part is almost ready and will be released in Sweden during spring 2012.‪ Abbiamo già diversi progetti in cantiere: uno script per la televisione e un nuovo romanzo che, pur non essendo una continuazione della trilogia, sarà parzialmente impostata nello stessa “realtà”.

Fonte: www.tempostretto.it del 16 ottobre 2011

Donato Carrisi: «Il serial killer non ha nessuna intenzione di farsi scoprire. É solo un falso mito creato per rassicurarci»

«Passo gran parte del mio tempo a fare ricerche perché credo che le storie migliori affondino dentro la realtà» e in tal modo, lo scrittore e sceneggiatore Donato Carrisi ha scoperto l’esistenza dei cacciatori del buio, dei cacciatori di anomalie, ponendoli al centro del suo nuovo romanzo Il Tribunale delle Anime (Longanesi; pp. 464; €18,60­). Conscio di essere atteso al varco dopo il grande successo internazionale de “Il Suggeritore”, Carrisi ha accettato la sfida e ha puntato anche su un mestiere poco noto ma fondamentalmente connesso ai delitti ovvero quello dei fotorilevatori della polizia scientifica, «che devono essere capaci di cogliere i minimi dettagli e ricostruire per intero, la scena del crimine».

Tornare a scrivere dopo il mirabolante successo de “Il Suggeritore” che sensazioni ti ha dato?

E’ stata un’esperienza difficile perché comunque tutti mi aspettavano al varco per l’esame del secondo libro. Quando riscuoti un grande successo con il libro d’esordio ovviamente le aspettative sono enormi e così le pressioni nonostante io sia uno scrittore da molti anni e avendo già firmato numerose sceneggiature.

Ma queste sensazioni sono state anche un grande stimolo perché non mi sono accontentato della prima storia che mi è venuta in mente, ho cercato una storia che fosse bella e avvincente almeno quanto quella de “Il Suggeritore”.

Hai scelto di portare sulla pagina Sandra e hai documentato con perizia il mestiere del fotorilevatore della scientifica. Perché hai scelto questa figura poco nota e come ti sei documentato?

I fotorilevatori sono importantissimi, fondamentali. Tramite l’occhio della macchina fotografica devono cogliere dettagli, anche minimi, che possono sfuggire all’occhio nudo degli investigatori ed inoltre devono essere capaci di ricostruire, come un puzzle, la scena di un crimine. Ovviamente, da buon scrittore di thriller, mi sono servito di una consulente della polizia che mi ha illustrato e svelato i segreti del proprio mestiere.

Marcus afferma che la verità è incisa sulla pelle ma spesso ci fa più comodo fermarci all’apparenza…

Questo è il modo più semplici per sentirci migliori, superiori. Quando ci troviamo dinnanzi a qualcuno indiziato di reato ci limitiamo a giudicarlo in base ai nostri sentimenti senza andare a fondo, né aspettare il processo. Questo atteggiamento è piuttosto diffuso e non deriva dal cinismo quanto dalla necessità di assolvere se stessi: posso puntare il dito contro un mostro e riconoscerlo e in tal modo quel mostro non sono io.

Nel libro sfati il mito secondo cui i serial killer ingaggerebbero una sorta di lotta con gli investigatori al fine, inconscio, di farsi catturare. Insomma, hai abbattuto uno dei pilastri alla base di molti film e serie-tv.

Certamente, perché non esiste il serial killer che voglia farsi scoprire. Se il tuo hobby è andare a caccia o a pesca, desideri tutto meno che ti facciano smettere. Allo stesso modo, se il tuo hobby è quello di uccidere è chiaro che non hai interesse a farti beccare perché vuoi continuare a fare quello che ti piace.

Il libro è talmente denso e curato nei dettagli che questi cacciatori di anomalie sembrano muoversi davvero su casi reali.

I casi di cui scrivo si rifanno a casi reali, anche perché è davvero difficile superare la crudezza della realtà e mi interessa che il lettore senta l’atmosfera concreta che solo un fatto di cronaca realmente accaduto è capace di evocare. I cacciatori di anomalie, del resto, esistono davvero e nella nota finale del libro spiego la loro funzione e le modalità con cui collaborano con le forze dell’ordine. Hanno un modo di investigare scevro da qualsiasi riferimento di polizia scientifica, è un metodo antichissimo ma totalmente “nuovo”.

Scrivi che l’istinto di conservazione ci spinge ad essere positivi, ad ignorare il male. Ma cosa accade quando siamo costretti a fare i conti con il male stesso?

La natura umana è prettamente ottimista ed è giusto che sia così perché altrimenti come potremmo vivere. Statisticamente il male è predominante e quando siamo costretti a farci i conti ci sentiamo spiazzati, avviliti.  

Donato Carrisi è nato nel 1973 a Martina Franca (Ta). Si è laureato in Giurisprudenza con una tesi su Luigi Chiatti, il «mostro di Foligno», per poi seguire i corsi di specializzazione in criminologia e scienza del comportamento. Nel 1999 ha iniziato l’attività di sceneggiatore per cinema e televisione. Fra le altre, ha scritto la sceneggiatura di Nassiriya – Prima della fine per Canale 5 ed è autore di soggetto e sceneggiatura della miniserie thriller Era mio fratello per Rai 1. E’ una firma del Corriere della Sera.

Sul web: http://www.donatocarrisi.it/

Fonte: www.tempostretto.it del 10 ottobre 2011