«Nessuno può sfuggire alla propria ombra, al proprio passato». Luis Sepúlveda ritira il Premio Sicilia.
Possiamo sfuggire alle nostre ombre? Il perdono è la migliore via per ottenere la giustizia in terra? A cosa serve davvero la letteratura? Tre domande universali con cui si confronta lo scrittore best-seller cileno, Luis Sepúlveda, che oggi, 17 novembre, presenterà in anteprima nazionale “La fine della storia” (Guanda, pp.208 euro 17) a Catania, concludendo la rassegna turistica e letteraria “Paesaggi di mare” – la kermesse di eventi itineranti per la Sicilia affidata all’Associazione Taormina Book Festival, presieduta da Antonella Ferrara – al Teatro Sangiorgi (h 20.30). In tale occasione Sepulveda riceverà il Premio Sicilia, conferito dall’Assessorato Turismo Sport e Spettacolo della Regione Siciliana, guidato da Anthony Emanuele Barbagallo, per “l’eccellenza della sua produzione letteraria e i valori civili e umani che trasmette”. Con “La fine della storia”, Luis Sepúlveda torna al romanzo, attraversando il Novecento, dalla Russia di Trockij al Cile di Pinochet, dalla Germania hitleriana alla Patagonia di oggi, richiamando in pagina il personaggio di Juan Belmonte, ex guerrigliero cileno che ha combattuto contro il regime di Pinochet ma ora vive in una casa sul mare, assistendo la sua compagna Verónica, che non si è mai ripresa dalle torture subite dopo il colpo di stato. Juan è un uomo stanco e disilluso ma i servizi segreti russi hanno bisogno della sua abilità, per sventare un piano ordito da un gruppo di nostalgici di stirpe cosacca, decisi a liberare dal carcere l’aguzzino Miguel Krassnoff, ex ufficiale dell’esercito cileno al servizio di Pinochet, condannato all’ergastolo per crimini contro l’umanità. E Belmonte ha un ottimo motivo per odiare quell’uomo: Krassnoff è colui che ha distrutto il futuro della sua compagna.
Anni fa e con grande successo, lei ha scelto di scrivere delle fiabe. Ma con questo libro ritorna al romanzo. Come mai questa scelta?
«È un percorso che si completa, tornando al romanzo ho la possibilità di richiamare in azione Juan Belmonte e vedere se il tempo sia stato o meno, gentile con lui. La scrittura risponde direttamente all’anima, da lì trae la sua forza, è anche un esercizio di memoria che spesso sfugge ai dettami della ragione».
Nelle primissime pagine lei scrive che nessuno può sfuggire alla propria ombra. Cosa intende?
«Il nostro passato, la nostra storia, è proprio come una sorta di ombra, un fantasma che ci segue sempre, cui è impossibile pensare di sottrarsi. Anzi, la parte più difficile è proprio la scelta se affrontarlo o meno».
Lei è uno scrittore amato e celebrato in tutto il mondo con una storia personale importante, intrisa di impegno civile. A cosa serve la letteratura?
«Una domanda difficile. La letteratura è una forma di raccontare una storia, di trasmetterla agli altri. La letteratura ci permette di affrontare la parte nera, le ombre, il lato segreto di ciò che talvolta viene nascosto, celato per pudore, cancellata dalla storia ufficiale. Ma dobbiamo avere il coraggio di affrontare le nostre ombre».
Belmonte torna protagonista affrontando un dilemma, in bilico fra vendetta e perdono.
«È un dubbio molto umano. Belmonte è un uomo con dei valori e ciò gli rende ancor più arduo decidere. Possiamo far convivere ciò in cui crediamo con il sentimento, talvolta legittimo, della vendetta, del farsi giustizia da soli?».
Belmonte è un uomo giusto. Eppure Krassnoff fa riaffiorare in superficie qualcosa di sopito in lui.
«Dobbiamo sempre ascoltare l’istinto, il nostro cuore. Belmonte crede nella giustizia come un faro della propria esistenza tuttavia, nonostante i richiami etici, come potrebbe non sentire il morso della vendetta, della legittima rivalsa contro un aguzzino crudele che ha piegato la donna che ama?».
Eppure per qualcuno proprio l’aguzzino Krassnoff è un eroe. È intollerabile?
«Dovremmo prima di tutto riflettere proprio sulla condizione dell’eroe. Chi è l’eroe? Qualcuno che agisce contro i poteri forti, battendosi a costo della vita per i valori in cui crede, per difendere chi ama. Un dittatore, un aguzzino non può essere un eroe per nessuno, dobbiamo avere cura delle parole».
Nel 2014 a Taormina venne premiato con il “Taobuk Award for Literary Excellence” e oggi riceverà il Premio Sicilia, conferito dall’Assessorato Turismo Sport e Spettacolo della Regione Siciliana. Il suo legame con la Sicilia è sempre più forte.
«Sì, ha ragione, è un rapporto ben saldo. Sono stato spesso in questa isola e la Sicilia mi accoglie sempre con calore, c’è qualcosa in questa terra del profondo sud dell’Italia che sento visceralmente vicino, una forma dell’essere affine alla mia natura intima».
FRANCESCO MUSOLINO®
FONTE: GAZZETTA DEL SUD, 17 NOVEMBRE 2016
Pubblicato il 2016/11/18, in Interviste con tag dittatura, fine della storia, guanda, krassnoff, letteratura, pinochet, premio sicilia, romanzo, sepulveda, sicilia, taobuk, verità. Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.
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