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«Non si può fare a meno dell’amicizia e dell’amore». Parola di Monika Peetz
Il potere del passaparola, croce e delizia del mondo letterario, è senza dubbio l’arma vincente de La quinta costellazione del cuore (Pp. 304; €16,40), il romanzo d’esordio di Monika Peetz, edito da Garzanti. L’autrice, sceneggiatrice per la tv tedesca ed olandese, racconta il viaggio di Judith che decide di ripercorrere il pellegrinaggio di Arne, il marito defunto, verso Santiago de Campostela. La accompagneranno le sue amiche di sempre – la selvaggia Kiki, la fredda Caroline, l’eccentrica Estelle e la perfetta Eva – ma bastano pochi chilometri per rendersi conto che nulla è come dovrebbe essere e il diario di Arne, piuttosto che guidarle verso un viaggio sereno, sarà solo la prima scintilla. Durante il pellegrinaggio, Judith sarà costretta per la prima volta, a contare solo su stessa e anche le sue fidate amiche daranno prova, o meno, della propria sincerità.
Com’è nato il gruppo di amiche solido e variegato cui ruota attorno il libro?
A casa ho un cesto pieno di foglietti dove raccolgo tutti i possibili spunti narrativi. D’un tratto mi sono accorta che avevo già molti appunti su un pellegrinaggio compiuto da un gruppo di cinque amiche, un viaggio capace di mettere in luce i punti di forza del loro rapporto ma anche le inevitabili ombre, comuni a tutti i rapporti umani.
Dovrebbe essere una vacanza rilassante e invece si tramuta quasi un viaggio alla ricerca di se stessi…
Proprio così. Forse loro stesse prendono sotto gamba quell’impegno ma credo che il risultato finale sia insito nella natura stessa del pellegrinaggio: tutti quei chilometri percorsi a piedi, non possono non indurre a riflettere su se stessi, sui propri limiti e sulle proprie priorità nella vita e in generale, lo stress fisico permette finalmente di astrarsi dalla quotidianità, concedendosi del tempo solo per se stessi.
Ha visitato i luoghi nei quali conduce le sue protagoniste o ha viaggiato come Salgari, solo con la fantasia?
Certamente! Sono stata in questi luoghi ma non a piedi…Ho trascorso anche due giorni a Lourdes e lì ho guardato come si muove tutta quella grande macchina organizzativa, parlando anche con gli uffici stampa e i volontari.
Com’è cambiato il suo modo di scrivere passando dalla sceneggiatura al romanzo?
Il mondo della letteratura è quello dal quale provengo. L’ho studiata all’università e sono sempre stata una grande lettrice ma il destino mi ha fatto diventare una sceneggiatrice televisiva. Un giorno però, mi è capitato di scrivere una storia in tre parti e dopo aver terminato il lavoro mi sono resa conto che erano rimasti molti ingredienti, molte tracce interessanti. Così nella mia mente si è affacciata con prepotenza la parola “romanzo”, la stessa dalla quale ero partita. Per questo motivo considero la storia di queste donne come un vero e proprio ritorno alle origini.
di Francesco Musolino
Fonte: Settimanale “Il Futurista” del 16 febbraio 2012