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«Per ritrovare noi stessi dobbiamo avere il coraggio di perderci». Fabio Geda e il concetto della “serendipity”
Fabio Geda è uno di quei narratori capaci di trasmettere il puro fascino delle storie, la potenza grezza della narrazione. Nella sua voce, con una chiara inflessione piemontese, c’è traccia di quella medesima urgenza che riuniva le persone intorno al fuoco nella notte dei tempi e che oggi sopravvive, soltanto, nelle fiabe della buonanotte che i più piccoli esigono. Dopo il buon esordio con “Per il resto del tempo ho sparato agli indiani” e “L’esatta sequenza dei gesti”(pubblicati nel 2007 e nel 2008 con Instar) questo scrittore nato a Torino nel 1972, ha riscosso il successo internazionale con “Nel mare ci sono i coccodrilli” (Baldini&Castoldi, 2010) tradotto in 32 paesi, storia vera di Enaiatollah Akbari, fuggito da bambino dall’Afghanistan e approdato, dopo un lungo e travagliato viaggio, a Torino. Finché nel 2014 Geda pubblica il libro della svolta in cui i ragazzi cedono il posto di protagonisti assoluti in pagina. “Se la vita che salvi è la tua” (Einaudi, pp.240 €17.50) è un romanzo generazionale in cui si racconta di Andrea, insegnante sulla soglia di quarant’anni che, in crisi con la moglie Agnese, fugge a New York ed entra in contatto con la parte oscura della società dell’opulenza statunitense, divenendo lui stesso un clandestino sulla frontiera messicana – nel solco di grandi narratori americani – in cerca del senso ultimo della propria esistenza. Una ricerca che somiglia tanto ad una moderna Odissea, ispirata della serendipity, concetto british assai caro all’autore. Tutt’oggi Geda è impegnato in numerose iniziative attive a favore della lettura e non lesina critiche dirette al mercato dell’editoria, alla perenne ricerca dell’ultima tendenza ma spesso incapace di trasmettere l’amore puro per la narrazione in senso lato. Leggi il resto di questa voce