La messinese Alessia Gazzola si racconta

Alice Allevi è una giovane specializzanda in medicina legale. I suoi superiori non la giudicano ancora pronta ma lei ha grande passione per il suo lavoro e anche grazie all’affetto delle sue amiche, Alessia resiste alle umiliazioni e va avanti verso il proprio destino che la porterà…sulla scena di un delitto. Dovrebbe essere un caso come tanti per un medico legale ma Alessia conosce la vittima: una giovane ragazza romana trovata morta nel suo lussuoso appartamento. L’Allieva (pubblicato da Longanesi; pp. 378; € 18.60) è il romanzo d’esordio della scrittrice messinese – e specializzanda in medicina legale – Alessia Gazzola.

Un romanzo ambizioso su cui Longanesi ha puntato con grande decisione. Un best-seller annunciato. Una novella Kay Scarpetta nata nella terra siciliana. Alessia Gazzola dice di somigliare a Bridget Jones ma nelle sue parole trapelano anche grinta e tanta semplicità.

 

Alessia, volevi scrivere un romanzo sullo stile “Bridget Jones” e invece il tuo libro, è il primo medical thriller italiano al femminile. Ci racconti com’è andata?

«Penso che sia ancora un romanzo sullo stile Bridget Jones. Naturalmente le note medico-legali sono presenti e anche abbondanti, ma credo che la matrice da commedia rosa resti la vera anima di questo romanzo».

Ci presenti Alice, la tua protagonista?

«Alice è pasticciona e sbadata, molto insicura, emotiva e impaziente. Insomma ha tutte le caratteristiche per non essere un bravo medico legale. Eppure ha intuito ed entusiasmo, e sull’onda di questi di lascia travolgere in una storia dai contorni molto ambigui…»

Come mai hai deciso di ambientare il romanzo a Roma e non a Messina? E’ una scelta politically correct?

«No, solo perché non mi sembrava una storia adatta all’ambientazione messinese, anche per la presenza di alcuni personaggi come Yukino o Arthur che non avrebbero ragione di esistere a Messina.Te l’avranno chiesto tutti ma non posso esimermi».

Quanto c’è di autobiografico in questa storia e soprattutto nei suoi personaggi principali?

«C’è un po’ di me in molti personaggi, ma nessuno è il mio alterego».

Longanesi ha puntato con grande decisione sul tuo libro e il tuo libro sta ottenendo un grande riscontro sia nelle vendite che nelle critiche. E’ un sogno divenuto realtà? Il successo letterario ti sta cambiando la vita?

«Un po’ la mia vita è cambiata: viaggio spesso per le presentazioni, ricevo più mail e più chiamate. Ho perso un po’ di serenità, ma anche acquisito una dimensione nuova e piena di gratificazioni. Penso che tutto, in bene e in male, faccia parte del gioco».

Alessia, un consiglio ai tanti aspiranti scrittori?

«Chiedetevi prima di tutto se davvero desiderate essere pubblicati. Interrogatevi sui pro e sui contro e capite cosa pesa di più sulla bilancia. Se la motivazione persiste, allora consiglio molta autocritica e suggerisco di affidare il proprio lavoro a un addetto ai lavori per un parere qualificato e realista».

 

 

Alessia Gazzola è nata a Messina nel 1982. Medico chirurgo, dal 2007 si sta specializzando in Medicina legale. Ha scritto il suo primo racconto all’età di cinque anni e da quel momento non ha più smesso di scrivere, ma L’allieva è il primo suo romanzo a essere letto da qualcuno che non sia la madre. Vive e lavora a Messina con il marito e un numero imprecisato di cani.

Sul web:www.allieva.it

 

Fonte: www.tempostretto.it del 15 marzo 2011

Tu chiamale, se vuoi, Emozioni… intervista a Edoardo Boncinelli

«Ci illudiamo di sapere bene cosa sia la coscienza, siamo molto fieri di possederne una ma in fin dei conti siamo anche consapevoli di non sapere affatto come funzioni, come agisca su noi stessi e questo ci attira moltissimo». Il genetista Edoardo Boncinelli firma per Longanesi il suo 27° libro, Mi ritorno in mente – Il corpo, le emozioni, la coscienza (pp.253; €16,60), dove indaga sul rapporto che il nostro “IO” intrattiene con il proprio corpo e con la socialità, affrontando il tema delle emozioni («alla fin fine sono delle semplici pulsioni biologiche che ci spingono a cercare ciò che ci fa star bene») e, ovviamente, della morte: «Da questo punto di vista la penso proprio come Epicuro: “se ci son io non c’è la morte, se c’è la morte non ci son io”». E sul concetto di scienza etica ha le idee chiarissime: «Il compito della scienza è quello di mettere sul tappeto sempre delle novità. Non ci dovrebbe essere alcun limite al sapere scientifico, al limite si potrebbe discutere delle sue applicazioni pratiche».

“L’abisso che c’è fra la certezza che io ho della mia esistenza e il contenuto che tento di dare a questa sicurezza, non sarà mai colmato”. Professore perché ha voluto aprire il libro con questa citazione di Camus?
«In effetti è facile parlare di coscienza, ne parliamo con familiarità ma nel momento in cui cerchiamo di approfondire non sappiamo a cosa andiamo incontro».

Spesso si dice che l’uomo è l’unico animale a poter dire “IO” ma questo in termini pratici cosa significa?
«In realtà è una frase ad effetto perché gli altri animali non dicono proprio nulla ma probabilmente non sono in grado nemmeno di comprendere il riferimento all’Io, al loro posto nel mondo».

Com’è riuscito ad analizzare il rapporto dell’Io con la socialità, con il mondo?
«Se per “Io” intendo il mio corpo, i miei ricordi, le mie predisposizioni ed idiosincrasie, non è difficile poiché io sono un uomo fra i tanti e molto di ciò che sono è il frutto del mio rapporto con gli altri. Se, al contrario, per “Io” intendiamo la mia sensazione soggettiva, assolutamente privata, allora sono solo, solissimo».

Dedica parte del libro al concetto di mortalità, alla necessaria accettazione che molte cose sopravvivranno a noi stessi. Qual è il suo concetto di mortalità?
«La penso come Epicuro: “se ci son io non c’è la morte, se c’è la morte non ci son io”. E’ una soluzione che non consola nessuno perché tutti vorrebbero l’integrità perenne del proprio corpo ma l’Io non muore».

Lei è il perfetto esempio del “divulgatore scientifico”. Questo è il suo 27° libro, come nacque la sua passione per la scrittura?
«Sì, in 13 anni ho scritto 27 libri. Tutto è cominciato perché parlando mi sono reso conto che mi facevo capire ma mi rendevo anche conto che non sarebbe rimasto nulla e così, nel ’96, cominciai a scrivere il mio primo libro».

Come convivono il suo lato da studioso e quello da divulgatore?
«Per trent’anni ho fatto lo scienziato e poi ho ceduto il passo al divulgatore. Ma devono esserci necessariamente entrambi gli aspetti, non si può parlare di qualcosa che non si conosce alla perfezione».

Cos’è la coscienza e perché ci affascina tanto questo concetto?
«Noi ci illudiamo di sapere bene cosa sia, siamo molto fieri di possederla ma siamo anche consapevoli di non sapere affatto come funzioni, come agisca su noi stessi e questo ci attira moltissimo».

Mi incuriosiva molto sapere come mai ciascun soggetto assorbe diversamente le emozioni e reagisce diversamente agli stimoli esterni e ai propri ricordi.
«E’ normale che sia così. Basti pensare che anche a livello culinario ciascuno di noi ha i propri gusti per cui sarebbe impensabile supporre che a livello emotivo siamo tutti uguali. Inoltre bisogna tener conto del fatto che spesso i diverbi sono il frutto di fraintendimenti, di malintesi quasi inestricabili».

Da genetista come vive l’attacco continuo contro la scienza e i suoi limiti etici?
«In realtà il compito della scienza è quello di mettere sul tappeto sempre nuove novità. Credo che non ci dovrebbe essere alcun limite al sapere scientifico, al limite si potrebbe discutere delle sue applicazioni pratiche».

Edoardo Boncinelli è un genetista ed è professore di Biologia e Genetica presso l’Università San Raffaele di Milano. Collabora a Le Scienze e al Corriere della Sera. Ha pubblicato, tra l’altro, L’anima della tecnica (2006), La magia della scienza (2006), Idee per diventare genetista (2006), Il Male (2007),L’etica della vita (2008), Dialogo su Etica e Scienza (con Emanuele Severino, 2008), Come nascono le idee (2008), Che cos’è il tempo? (2008), Lo scimmione intelligente. Dio, natura e libertà (con Giulio Giorello, 2009) e Perché non possiamo non dirci darwinisti (2009).