“I ricordi mi guardano”: la forza dei versi, dalla tenebra alla luce
«Il mio primo ricordo databile è una sensazione. Una sensazione di fierezza. Ho appena compiuto tre anni e mi hanno detto che è qualcosa di molto importante, che adesso sono diventato grande. Sono a letto in una stanza luminosa e a un tratto poso i piedi sul pavimento con l’inaudita consapevolezza che sto diventando adulto». Con queste parole, prende avvio la narrazione de I ricordi mi guardano (Iperborea, pp.96; €10), l’autobiografia essenziale e luminosa di Tomas Tranströmer, premio Nobel per la letteratura del 2011.
Il volume edito da Iperborea – acclarato punto di riferimento per la letteratura scandinava – è l’unico testo narrativo scritto del più importante poeta svedese vivente e si compone di otto episodi significativi che ci conducono dalla sua infanzia, nella Stoccolma degli anni ‘30 sino all’autunno del 1946 ovvero il primo anno del liceo classico. Questo è certamente un momento cruciale per il poeta poiché coincide con la scoperta di Orazio e della metrica classica, che gli permetterà – come scrive Fulvio Ferrari nella nota finale – di rivelare gli abissi di senso che si nascondono dietro le apparenze del quotidiano, di elevare la banalità verso il sublime.
Certamente Esorcismo, il paragrafo dedicato all’inverno dei suoi quindici anni, è determinante per comprendere appieno la nascita di una particolare sensibilità nell’indole del poeta svedese: Tranströmer vi racconta quando venne colpito da grande angoscia notturna («ero nel raggio di un riflettore che proiettava buio invece di luce») provocata dalla consapevolezza improvvisa del “potere della malattia” ovvero del ruolo primario che il male aveva nel mondo e della minaccia continua che incombeva sugli uomini. Quel passaggio attraverso le tenebre terminò una chiara notte primaverile, «il buio si ritrasse» e il poeta si rese conto di aver attraversato non l’Inferno ma il Purgatorio, pur conservando dentro di sé una traccia indelebile che riaffiora nei suoi versi dedicati alla relazione fra la vita e la morte.
I Ricordi mi guardano ci consegna le chiavi per comprendere la vis poetica di Tranströmer, l’essenzialità folgorante dei suoi versi e la sua ricerca di una sintesi estrema della lingua che epura ogni orpello.
Fonte: Settimanale Il Futurista – n°28 del 15 dicembre
Pubblicato il 2011/12/15, in Recensioni con tag esorcismo, il futurista, inferno, iperborea, luce, nobel, poesia, purgatorio, ricordi, tenebra, transtromer. Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.
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