La mia Matera. Alice Di Stefano al Women’s Fiction Fest
Le donne non fanno squadra, si dice. Oppure la fanno, ma solo dopo essersi conosciute meglio e aver superato, magari, l’innata rivalità, inutile corazza davanti ai mali del mondo. Prima, è tutto uno studiarsi, un prendere le misure, tra sguardi in cagnesco mascherati da sorrisi, discorsi con sottotesti più o meno espliciti, complimenti non troppo convinti.
Gli scontri quindi sono all’ordine del giorno anche a Matera, quasi calendarizzati ogni fine settembre in occasione del Women Fiction Festival (aperto, bada bene, anche agli uomini che, incauti, ne volessero tentare l’esperienza). Non a caso, il premio assegnato ogni anno a una scrittrice con tanto di prezioso monile è intitolato alle baccanti, le violente isteriche pazze dell’immaginario classico, che, reicarnate nelle iscritte al festival, a me, prima di partire, mettevano tanta, tanta paura…
Appena arrivata, in realtà, i sorrisi delle scrittrici o aspiranti tali, nei bar, nei ristoranti o nelle chiese della città, erano l’unico segnale di un movimento altrimenti invisibile eppure vitale. Ma è un terreno scivoloso quello di Matera – se piove, si rischia di cadere – e tra i vicoli della Gerusalemme d’Italia, città unica al mondo, bellissima, chissà cosa non accade a chi vi arriva da fuori.
D’altra parte, eventuali dissapori tra editor, agenti letterari e autrici sono messi in conto dalle organizzatrici del festival sin dalla stesura del programma e dalla scelta dei partecipanti ai numerosi panel di confronto. Del resto, qui l’editoria tradizionale è costretta a scontrarsi con nuove realtà, più dinamiche, come quella del self publishing o della pratica ormai diffusa dell’autopromozione. È normale quindi che l’aria si surriscaldi, non trovando altra via, spesso, che quella del dialogo, terreno d’elezione di ogni donna che si rispetti, abituata a coltivarne l’esercizio fin dalla culla.
Niente paura quindi.
Altra dote in genere più attribuibile alle donne è la tenerezza, spesso accompagnata da una speciale disposizione all’accoglienza cui io personalmente non sono più abituata.
Da tempo ormai vivo solo tra maschi, preda della logica del bianco o nero, dello scontro frontale o del silenzio: mio padre, mio figlio, i figli di mio marito, mio marito, ragionano tutti un po’ così. Ed ecco mio marito: il più maschio di tutti, un maschio al cubo, che vive perennemente in guerra, non sa mediare, per sua stessa ammissione “odia i simpatici” e che, in maniera del tutto azzardata, mi sono portata a Matera con prevedibili rischi.
Lì, infatti, dopo aver ammirato la bellezza del posto, fatto passeggiate tra i sassi, visitato più e più volte la mostra su Pasolini da solo, a un certo punto non ce l’ha fatta più: si è avvicinato alle baccanti e le ha provocate, creando scompiglio durante un incontro e grande imbarazzo in me. Doveva dire la sua, ha detto poi a propria discolpa, perché fa l’editore e perché, a sua volta, si era sentito chiamato in causa su non so quale questione. Forse, e più probabilmente, voleva rimanere all’altezza del suo personaggio, il famigerato Publisher del mio libro.
Fatto sta, ha esagerato e a quel punto le donne lo aspettavano al varco, varco che sarebbe stata proprio la presentazione del mio romanzo-non romanzo su di lui l’indomani, che io stessa, a quel punto, attendevo a testa bassa, temendo attacchi e rappresaglie.
Ma le donne sono superiori, si sa, sanno guardare alle debolezze altrui in maniera diversa, vanno oltre, e quando lui stesso ha ammesso pubblicamente che il libro altro non è che “la storia di uno stronzo” la tensione come per magia si è dissolta, e il mio Publisher, per fortuna, è stato riconosciuto in maniera autonoma rispetto al suo protagonista.
Così, doppiamente felice per l’accoglienza calorosa e lo scampato pericolo, anch’io adesso sono libera di ricordare con nostalgia quasi straziante questa edizione del WFF, gli incontri con Maria Teresa Cascino e Alessia Gazzola (protagonista di una presentazione memorabile con Gabriella Genisi e Nicky Persico) e tante altre donne che ora spero anche un po’ amiche. Un’emozione infine è stata poter conoscere di persona le autrici di testi diversissimi e tutti a loro modo stimolanti, di cui altrimenti avrei collezionato solo mail. Autrici di cui farò fatica a dimenticare gli occhi e le cui proposte sono state la cosa più interessante, utile e anche strana di questo festival.
E così, per le trasformazioni che si subiscono nel giro di così poco tempo o per il coinvolgimento emotivo che si crea da subito fra i suoi partecipanti, la formula inconsueta per l’Italia o lo scenario in cui si colloca, il festival delle donne è davvero unico e la separazione dal gruppo alla fine costa fatica.
Scorre il sangue a Matera, non c’è niente da dire, ma poi tutto si ricompone, le contraddizioni scompaiono e l’ultimo giorno ci si saluta felici in attesa della nuova edizione in cui si vorrebbe tornare tutti, mentre la più concreta e senz’altro più saggia Elizabeth Jennings, vera animatrice del WFF, è già a Ischia per la seconda tappa dei brain-storming, beata al caldo delle terme, con il suo seguito itinerante di donne.
Alice Di Stefano, #readerguest del progetto lettura @Stoleggendo
Pubblicato il 2014/10/07, in @Stoleggendo con tag alice di stefano, donne, fazi, gazzola, gerusalemme, matera, pasolini, persico, publisher, wff. Aggiungi il permalink ai segnalibri. 2 commenti.
“Ma le donne sono superiori, si sa, sanno guardare alle debolezze altrui in maniera diversa, vanno oltre…”: ben detto! Voi donne siete superiori per queste e mille altre ragioni.
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