«La letteratura non può avere una funzione civile». Tony Laudadio si racconta
Un attore che scrive romanzi o uno scrittore che recita da anni? Leggendo il noir “Come un chiodo nel muro” (Bompiani, pp.361 €18) può legittimamente sorgere il dubbio che Tony Laudadio avesse potuto scegliere la carriera dello scrittore, riscontrando il medesimo successo ottenuto sul palco. Casertano, classe ’70, Laudadio si è formato alla Bottega di Vittorio Gassman, per poi avviare nel 1993 un lungo periodo di collaborazione con Toni Servillo e successivamente fondare, con Enrico Ianniello, la compagnia “Onorevole Teatro Casertano”. Dopo il successo ottenuto con “Esco” (Bompiani, 2013) Laudadio porta in pagina l’avvocato penalista Giustino Salvato, grande sportivo e lettore appassionato, con una rigida scala di valori morali. Ma in un ambiente in cui il Male ha la personificazione della camorra, nessuno può dirsi veramente innocente e Giustino nasconde un terribile segreto che emergerà indagando su un omicidio che scava nel suo passato amoroso. Presto sarà al cinema diretto da Nanni Moretti in “Mia Madre” e in questi giorni è in scena al teatro Vittorio Emanuele di Messina con “I Giocatori” (ultime repliche sabato 28 alle 21 e domenica 29 alle 17.30).
Ci racconta di cosa parla “I giocatori”?
«“I giocatori” è uno spettacolo di Pau Mirò, diretto da Enrico Iannello. Sul palco siamo quattro disperati (Renato Carpetieri, Enrico Iannello, Tony Laudadio e Luciano Saltarelli) che si ritrovano a casa di uno di loro, un professore di matematica che sta affrontando un processo per lesioni. Si autodefiniscono falliti ma a ben vedere, posseggono una forza e un’energia vitale quasi insospettabile. E in scena, oltre a strappare risate, emergono riflessioni assolutamente contemporanee sul disagio esistenziale di questi tempi».
Come si fa ad andare in scena sera dopo sera, con il medesimo copione, senza perdere l’entusiasmo?
«In realtà ogni sera, città dopo città, affronto una nuova sfida, riparto daccapo e sono curioso di vedere come andrà a finire, cosa accadrà. Ogni sera è tutto uguale ma è tutto diverso, perché gli spettatori mutano e quell’energia investe il palco».
Parlando di narrativa, il tuo Giustino ad un certo punto deve ammettere che la legge e la giustizia non hanno molto in comune…
«Questo è certamente uno dei temi principali nel romanzo ma è una lenta presa di coscienza. Nel libro cerco di raccontare il suo percorso personale fin da quando era ragazzo. All’inizio della storia è molto immerso nei propri principi etici ma piano piano dovrà ammettere che le sue certezze sono basate su concetti che nella realtà dei fatti non trovano riscontro. La gerarchia di valori che ha studiato sui libri si rivela evanescente, costringendolo a scendere a compromessi, mettendone in crisi l’integrità morale».
Giustino combatte la sua rabbia sin da giovane. Ma da dove nasce questo ardore?
«La sua furia è una sintesi di una serie di pulsioni che covo io stesso. Sono convinto che la sua rabbia sia, non solo interessante dal punto di vista narrativo ma anche una vera e propria sintesi del nostro tempo, una sorta d’eco di rabbia della nostra umanità, contro cui combatte attivamente per non venirne fagocitato».
La narrazione viene alternata con “i diari di papà”, frammenti di memoria con cui completi il quadro del personaggio. Perché?
«Ci sono una serie di motivi dietro questa scelta. Innanzitutto non mi piace l’idea della narrazione lineare pura e semplice. D’altra parte sono convito che debba essere il narratore a scegliere il ritmo del racconto, le pause e le accelerazioni. Il modo migliore era quello di condurre altrove l’attenzione del lettore per poi tornare alla vicenda principale, proprio come due fiumi che scorrono l’uno accanto all’altro».
Sarà accanto a John Turturro e Margherita Buy nel prossimo film di Nanni Moretti ma intanto ha recitato nel film di David Grieco sulla morte di Pasolini, “La Macchinazione”. Crede che la letteratura abbia un ruolo civile?
«Affatto. Credo che la letteratura non dovrebbe svolgere funzione e obbligare l’arte in genere a svolgere un ruolo etico, mi sembra una grande forzatura. Tuttavia sono convinto che dentro l’arte si debba trovare traccia di tutto ciò che fa parte della vita stessa, affrontando senza paura i problemi reali e il lato oscuro di ciascuno di noi».
Francesco Musolino®
Fonte: La Gazzetta del Sud, 28 febbraio 2015
Pubblicato il 2015/03/03, in Interviste con tag bompiani, esco, francesco musolino, gassman, giustino salvato, la gazzetta del sud, laudadio, messina, nanni moretti, noir, sgarbi. Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.
Lascia un commento
Comments 0