«Nessuno può proteggerci da noi stessi». Daria Bignardi racconta “Santa degli impossibili”.
«Quando noi rinunciamo alla nostra vocazione, qualunque essa sia – dallo scrivere al volontariato, dall’essere madri al desiderio di esplorare il mondo – rischiamo di ammalarci. E con ciò che rimuoviamo dobbiamo fare i conti, presto o tardi». Dopo il successo ottenuto con “L’amore che ti meriti”, la giornalista ferrarese Daria Bignardi ritorna a stretto giro in libreria con “Santa degli impossibili” (Mondadori, pp.112 €12) in cui affronta temi cari quali il bisogno degli altri e la necessità di fare i conti con noi stessi e con tutto ciò che avremmo voluto essere un giorno. La protagonista, Mila, è una donna ricca di sospesi e di progetti incompiuti che sembra essersi smarrita decidendo liberamente di cambiare vita, sposando Paolo e divenendo madre ma un incontro casuale con Santa Rita, la santa delle missioni impossibili e delle cause perse, le permetterà di ritrovare, forse, la propria strada in una Milano che fiorisce attorno all’umanità dolente del carcere di San Vittore senza mai curarsene. La Gazzetta del Sud ha intervistato Daria Bignardi che sarà ospite alla kermesse letteraria TaoBuk2015 (giovedì 24 settembre a Taormina).
“Nessuno può proteggerti da te stesso”. Cosa significa?
«Soprattutto chi ti ama non può proteggerti. Questa riflessione è molto importante per definire il carattere di Mila, lei sta per compiere quarant’anni ma evidentemente ha perso per strada il filo del suo destino. La verità è che fin troppo spesso cerchiamo protezione e rifugio negli altri pur di non affrontare noi stessi apertamente ma per trovare il nostro equilibro interiore dobbiamo farlo necessariamente».
Il libro si apre con un prologo con una preghiera a Santa Rita che arriva da lontano, proprio come questo libro…
«Nonostante sia il mio libro più corto è quello che ha richiesto più tempo per essere scritto. La scintilla è stato un racconto pubblicato cinque anni fa in cui c’era il cuore delle inquietudini di Mila e del suo legame con Milano ma in questo libro aggiungo delle sfaccettature. Tuttavia è stato l’incontro con la figura di Santa Rita a darmi la chiave del tutto, facendomi davvero capire chi sia Mila».
Com’è avvenuto il suo personale incontro con Santa Rita?
«Casualmente. Ho letto nella cattedrale di Monza la preghiera a lei rivolta è mi ha colpito moltissimo. Santa Rita è stata sposata per diciotto anni ed ha avuto due figli ma sin da bambina aveva una forte vocazione eppure i suoi genitori la obbligarono a sposare un uomo cattivo che venne ucciso; a quel punto lei pregò Dio che i suoi figli non vendicassero il padre e Dio la ascoltò, prendendoli con se. A quel punto Rita, ormai libera da tutto, voleva entrare in convento ma le suore non la accettarono per via del suo passato ingombrante ed ecco che accade il volo magico, da Roccaporena sino dentro le mura del convento agostiniano. Questo volo magico rappresenta tutta la potenza magica femminile, capace di compiere miracoli».
«Nel prologo troviamo una Mila dodicenne, una bimba felice. In quel momento Mila è se stessa ma alle soglie dei quarant’anni è molto diversa, incompleta. Sta bene soprattutto quando visita i detenuti al carcere di San Vittore ma poi li abbandona perché fa una gran fatica a relativizzare e in fondo, non crede davvero alla possibilità di redenzione».
Non sveliamo tutto ma Mila cambia, scivola, pagina dopo pagina…
«Mila si ammala. La conseguenza diretta è l’incontro con una persona, Annamaria, con cui nascerà un conflitto e sarà proprio lei a raccontarle di Santa Rita e da questo momento in poi nella sua mente germoglierà l’idea che quel volo magico sia davvero possibile».
Nei suoi libri c’è una costante, un meccanismo narrativo deciso a lanciare delle esche al lettore, lasciandolo libero di scendere in profondità.
«Esatto. In genere mi metto sempre accanto ai miei personaggi, li seguo ma non li giudico mai. In questo libro però non potevo dare troppi spunti, per cui ho scelto di puntare su una sorta di sospensione narrativa e a mio avviso proprio lo spazio bianco fra il detto e il non detto che arricchisce la storia e stimola il lettore a porsi delle domande, a continuare a cercare le risposte anche fuori dalle pagine».
Quanto pesano i rimpianti per Mila? L’eco della sua vita perfetta ma perduta è pesante da gestire…
«Non si tratta proprio di rimpianti quanto di cose lasciate per strada. Del resto nessuno l’aveva obbligata a fare tre figli e a cambiare lavoro. La figlia le fa notare che non è una vittima ma una persona che sino a quel momento non è stata capace di andare a fondo dentro se stessa. E i bambini sanno sempre tutto».
Ha portato san Vittore dentro la storia descrivendola come una zona d’ombra in piena Milano che i milanesi non vogliono vedere. È davvero così?
«San Vittore è una realtà particolare. Un carcere molto grande, situato nel centro di Milano, in una zona borghese e ricca e ci sono molte famiglie che vedono malvolentieri dalla propria finestra le mura perimetrali pur non sapendone nulla. Dentro San Vittore ci sono 1700 persone, molti più detenuti di quanti potrebbe contenere. Si tratta di un’umanità dolente, come dice Mila, persone che non hanno nulla a stretto contatto con ricchi condomini di milanesi agiati. Mila ha una forte predisposizione per gli umili e la turba il fatto che quel mondo sembra invisibile agli altri».
Fra Paolo e Mila qualcosa non è mai andato finché…
«Un rapporto misterioso li unisce. Si capisce che c’è qualcosa sotto più forte anche di tutte le storture che li potrebbero dividere. Sono una coppia spigolosa e in qualche modo Paolo e Mila somigliano a quella di Arno e Sara de “L’Acustica Perfetta” e del resto questo libro, per me, è un suo spin off».
A Mila, in definitiva, manca qualcosa.
«Le manca l’amore incondizionato ma è una grande illusione. O meglio, può essere quello della mamma o verso Dio ma nella vita quotidiana, nei rapporti affettivi, non credo esista la possibilità di un amore incondizionato. In realtà è molto infantile il bisogno di Mila di essere amata. Dovrebbe cominciare lei per prima, ad amare».
FRANCESCO MUSOLINO®
FONTE: GAZZETTA DEL SUD, LUGLIO 2015
Pubblicato il 2015/08/02, in Interviste con tag acustica perfetta, amore, bignardi, gazzetta del sub, intervista, malattia, mila, milano, mondadori, preghiera, san vittore, santa rita, taobuk, taormina. Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.
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