«Oggi il pm Di Matteo corre un rischio davvero enorme». Sebastiano Ardita racconta “Catania Bene”.
«Per capire il fenomeno mafioso oggi è necessario comprendere come si spostano gli ingenti capitali sul mercato» e proprio la dimensione affaristica è centrale nel fenomeno di Cosa Nostra catanese, la cui disamina è l’oggetto del libro “Catania Bene” (Mondadori, pp.200 €20) di Sebastiano Ardita, Procuratore Aggiunto presso la Procura della Repubblica di Messina. Un libro-vademecum per capire come si sia evoluta la mafia sotto l’Etna e come sia possibile comprendere gli scenari futuri.
Perché Catania Bene?
«Alla luce di decenni di esperienza professionale, ho voluto raccontare il fenomeno di Cosa Nostra catanese, giungendo a delle valutazioni complessive. Senza una ricerca del comune denominatore è impossibile comprendere la mafia odierna e i suoi rapporti con il potere e le istituzioni».
È possibile risalire ad un modello criminale?
«Il modello di Cosa Nostra catanese punta su alcuni presupposti di base. La non contrapposizione con le istituzioni, la ricerca del rapporto con i “soggetti forti” che determinano le scelte pubbliche – dal punto di vista finanziario, politico e amministrativo – e ovviamente il potere economico».
Ovvero?
«I capi della Cosa Nostra catanese hanno sempre svolto un ruolo imprenditoriale, questa è la caratteristica preponderante. Erano imprenditori Calderone e Santapaola e lo sono parimenti gli Ercolano e molti dei soggetti che hanno un ruolo di questo movimento. Il concetto fondamentale è proprio quello di avere uno sbocco nell’attività di impresa e gestione del denaro».
Quali sono le differenze più importanti fra Cosa Nostra palermitana e catanese?
«Tutta Cosa Nostra aveva sposato il modello di non contrapposizione ma le sorti cambiano a partire dal ’78 con lo spostamento dell’asse di potere verso i Corleonesi che dimostrano di essere un’anomalia. A quel punto la contrapposizione stragista diventa una orgogliosa forma di rivendicazione, smentendo l’operato della vecchia mafia siciliana, quella di Genco Russo e Calogero Vizzini che aveva sempre momenti di contatto con il potere politico».
I giornali riportano che a Palermo sarebbe presente un ingente quantità di tritolo per il pm Nino Di Matteo. Tornerà lo stragismo?
«Stiamo attraversando una fase di transizione, non è finito nulla. In questo momento la filosofia stragista non è sconfitta ma è messa da parte, in quiescenza. Attualmente prevale la linea di non aggressione allo Stato ma oggi Di Matteo corre un rischio enorme. Davvero enorme».
FRANCESCO MUSOLINO®
FONTE: GAZZETTA DEL SUD, 30 SETTEMBRE 2015
Pubblicato il 2015/10/03, in Interviste con tag ardita, catania, conoscenza, cosa nostra, ignavia, legalità, mafia, messina, mondadori, tritolo. Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.
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