“Io non ho mai avuto paura. Adesso sì”. Intervista al giornalista Giacomo Di Girolamo
“Contro l’antimafia” (pubblicato da Il Saggiatore, pp.243 euro17) «è un libro maledetto», un’amara e lucida lettera di resa rivolta a Matteo Messina Denaro, il boss di Cosa Nostra. La firma il giornalista siciliano, Giacomo Di Girolamo (già autore di “Dormono sulla collina”) che ogni giorno conduce su Rmc101, Radio Marsala Centrale, la trasmissione “Dove sei, Matteo?”, rivolgendosi sempre a lui, il super latitante Matteo Messina Denaro. Di Girolamo rifiuta l’appellativo di giornalista antimafia (“una ciarlataneria”) e racconta in modo schietto l’evoluzione del movimento antimafia in Italia, lo svuotamento di significato degli slogan, la dittatura delle immagini – la foto di Falcone e Borsellino, sorridenti, affissa persino nei covi mafiosi – e l’incapacità generale di capire come sia cambiato il movimento mafioso. Eppure dal 2000 ad oggi, sono stati pubblicati ben 450 libri riconducibili al tema mafioso e sono migliaia le associazioni antimafia e antiracket presenti sul territorio. Già ne “L’invisibile” (edito nel 2010 da Editori Riuniti) Di Girolamo raccontò la biografia di Messina Denaro ma quel libro è scomparso nel nulla, fagocitato da una querelle editoriale. Oggi la ricetta fornita da Di Girolamo per ricominciare a combattere la mafia è dura: «bisogna smontare l’associazione Libera e tornare a studiare, sul serio, il fenomeno mafioso».
“Io non ho mai avuto paura. Adesso sì”. Cos’è cambiato?
«Questa è una lettera al capo di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro, uno dei latitanti più ricercati al mondo. Ogni giorno mi rivolgo a lui con il mio lavoro ma questa è una lettera diversa, amara, senza appello. Mi rivolgo a MMD per raccontare una sconfitta: quella dell’antimafia, che ha ridotto la memoria a impostura, la legalità a merce di scambio per piccoli e grandi affari».
Lei rifiuta la qualifica di giornalista antimafia eppure ci sono scrittori, politici e persino artisti che se ne avvalgono volentieri. È la frenesia dell’appartenenza?
«Ogni volta che mi definiscono “giornalista antimafia” ci vedo su come un lezzo di ciarlataneria. Io sono giornalista punto e basta. Racconto le cose che ho accanto, il mio territorio, le città che attraverso. Oggi abbiamo fatto della parola “antimafia” una griffe, come una specie di marchio DOP. Nella maggior parte dei casi coloro che si appropriano dell’aggettivo “antimafia” lo fanno perché hanno davvero poco da offrire».
“Oggi la mafia agisce tramite i poteri della legalità nell’illegalità e intanto ogni comportamento viene tacciato d’essere mafioso, persino i parcheggi in seconda fila…”
«Oggi la mafia non è rappresentata tanto dai poteri illegali, quanto dai poteri legali che agiscono in modo illegale, da quelle zone di confine tra lecito e illecito che, in un precedente lavoro, ho chiamato “Cosa Grigia”. L’antimafia oggi non studia più e non solo non sa riconoscere la vera nuova mafia, ma nell’ansia di avere un nemico, in maniera fanatica finisce per bollare come “mafioso” tutto ciò che è contrario non solo alla legalità, ma anche ad una certa idea di morale, se non addirittura al politically correct. È una deriva pericolosa, perché tutto diventa mafia, tranne la vera mafia…»
Ma il cosiddetto “cretino dell’antimafia” chi è? Come si combatte?
«È il personaggio che è venuto fuori in questi ultimi anni. Il militante h24 di una qualche associazione antimafia, guarda solo La7 e RaiTre, riduce ogni discorso alla Trattativa Stato–mafia. È appiattito sul verbo di uno dei tanti personaggi dell’antimafia, senza spirito critico, pronto a tacciare di mafiosità chiunque si discosti dal pensiero dominante. Il pericolo di questi personaggi non è solo l’appiattimento al quale costringono il discorso pubblico sull’antimafia ma anche la loro inconsapevole funzionalità alla mafia stessa. Perché il cretino dell’antimafia è una potente arma di distrazione. E Matteo Messina Denaro lo sa.
Come si combatte?
Tornando ad una selezione dei dirigenti di piccoli e grandi associazioni antimafia, Libera in testa. E poi, studiando, studiando, studiando».
Lei propone di “smontare l’associazione antimafia Libera, nel nome della responsabilità.
«È una dichiarazione d’amore. Ho conosciuto in Libera persone eccezionali. Da un po’ di tempo però, qualcosa si è inceppato. Credo che le dimensioni notevoli raggiunte dall’associazione impongano una reale selezione di coloro chiamati ad avere ruoli nel territorio, una formazione continua. Ma ormai non accade più».
FRANCESCO MUSOLINO®
FONTE: GAZZETTA DEL SUD, 3 MARZO 2016
Pubblicato il 2016/03/04, in Interviste con tag antimafia, borsellino, falcone, il saggiatore, libera, mafia, matteo messina denaro, sicilia. Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.
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