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I nuovi mediatori culturali, dal web alla radio, dalla carta stampata alla tv.
La 29esima edizione del Salone Internazionale del libro di Torino è stata archiviata registrando, nell’arco delle cinque giornate complessive, un incremento di visitatori del 4,05% rispetto al 2015. Verrà ricordato come il Salone dei giovani (oltre 25.000 complessivi) e degli eventi in diretta streaming. Questa è stata l’edizione della kermesse torinese che ha concesso più spazio alle tematiche food e delle code sterminate per accedere agli eventi sold-out con Checco Zalone, Luciano Ligabue e Roberto Saviano. Ma una volta chiusi i cancelli, liberati gli stand dei padiglioni del Lingotto, restano sul campo tante domande sul futuro dell’editoria. Leggi il resto di questa voce
“Io non ho mai avuto paura. Adesso sì”. Intervista al giornalista Giacomo Di Girolamo
“Contro l’antimafia” (pubblicato da Il Saggiatore, pp.243 euro17) «è un libro maledetto», un’amara e lucida lettera di resa rivolta a Matteo Messina Denaro, il boss di Cosa Nostra. La firma il giornalista siciliano, Giacomo Di Girolamo (già autore di “Dormono sulla collina”) che ogni giorno conduce su Rmc101, Radio Marsala Centrale, la trasmissione “Dove sei, Matteo?”, rivolgendosi sempre a lui, il super latitante Matteo Messina Denaro. Di Girolamo rifiuta l’appellativo di giornalista antimafia (“una ciarlataneria”) e racconta in modo schietto l’evoluzione del movimento antimafia in Italia, lo svuotamento di significato degli slogan, la dittatura delle immagini – la foto di Falcone e Borsellino, sorridenti, affissa persino nei covi mafiosi – e l’incapacità generale di capire come sia cambiato il movimento mafioso. Eppure dal 2000 ad oggi, sono stati pubblicati ben 450 libri riconducibili al tema mafioso e sono migliaia le associazioni antimafia e antiracket presenti sul territorio. Già ne “L’invisibile” (edito nel 2010 da Editori Riuniti) Di Girolamo raccontò la biografia di Messina Denaro ma quel libro è scomparso nel nulla, fagocitato da una querelle editoriale. Oggi la ricetta fornita da Di Girolamo per ricominciare a combattere la mafia è dura: «bisogna smontare l’associazione Libera e tornare a studiare, sul serio, il fenomeno mafioso».
L’importante è partecipare. Ovvero anche se l’Italia ha fatto pena ai Mondiali almeno ci restano delle belle letture.
“L’importante non è vincere ma partecipare». Questa massima di Pierre de Frédy, altresì noto come barone di Coubertin può, forse, aiutarci ad uscire dalle polemiche relative alla prematura – assai prematura anche se non sorprendente ad essere sinceri – eliminazione della nazionale italiana dai mondiali di calcio che si stanno svolgendo in Brasile. Di fatto con Balotelli e compagnia già a casa, bisognerà pazientare sino a domenica 13 luglio quando alle 21 (italiane) si svolgerà la finale nel mitico, seppur rinnovato, stadio Maracanà. Ma pur non avendo alcun rimedio contro il malumore e le scelte effettuate dall’ormai ex ct Cesare Prandelli, possiamo comunque rifugiarci in quattro ottimi libri, sperando di dimenticare in fretta la disfatta ma soprattutto per capire perché noi italiani, e non solo, siamo matti per il gioco del pallone. Leggi il resto di questa voce
“Voglio raccontare la parte oscura che teniamo dentro”. Teresa Ciabatti si racconta
Un antropologo culturale forse scuoterebbe la testa, magari preferendo un contatto diretto con la società osservata ma per studiare e comprendere il mondo della televisione italiana – e le sue peculiarità – in fondo bastano un divano comodo, molto tempo a disposizione, tanta curiosità e nemmeno un pizzico di snobismo. Così ha fatto la scrittrice e sceneggiatrice Teresa Ciabatti – diverse sceneggiature dal 2000 in poi, fra cui quelle per Tre metri sopra il cielo e Ho voglia di Te al fianco di Federico Moccia – autrice del graffiante Tuttissanti, edito da Il Saggiatore (pp.64 €10). A metà fra un saggio alla Guy Debord sulle storture della società dell’immagine e una favola nera moderna, la Ciabatti porta in pagina Lucio Lualdi, un impresario del mondo dello spettacolo che sente d’avere una missione quasi evangelica; al suo fianco un folto gruppo di ragazzi belli depilati e intercambiabili, su cui spiccherà Christian Russo, ragazzo aitante della periferia, deciso a tutto pur di diventare famoso, celebre e inarrivabile. Bastano poche righe di Tuttissanti per appiccicare un nome e un cognome al personaggio principale, passato dalle stelle alle stalle, da Porto Cervo al carcere, pur restando sempre al centro delle pagine di cronaca…ma ciò che conta davvero è la scrittura netta ed emotiva con cui la Ciabatti affronta il lettore e lo spinge, pagina dopo pagina, sempre più vicino al limite, sino a considerare il corpo come un mezzo, uno strumento professionale per raggiungere lo scopo.
Teresa, come nasce questo libro?
In pratica, per esigenze familiari e lavorative, vivo barricata in casa (si lascia andare ad una risata) e passo molto tempo davanti alla tv, per cui questi personaggi me li trovo continuamente fra i piedi, pur senza volerlo. Questo libro è il frutto di un’osservazione durata anni. Tutti conosciamo fin troppo bene il lato marcio di questo ambiente ma io mi sono soffermata sul lato sentimentale che esiste realmente. Se Fabrizio Corona si rifà ad un immaginario quasi satanico, Lele Mora parla di pace con una voce pacata, è sempre vestito di bianco e si muove accompagnato da un folto gruppo di ragazzi quasi come fossero apostoli. I suoi riferimenti sono fortemente religiosi, sembra davvero Gesù Cristo.
Nel libro non lo nomini mai ma è chiaro che il tuo protagonista è Lele Mora.
Beh, non lo nomino perché avrei dovuto chiedergli il permesso. Ma anche perché volevo insinuare un dubbio nel lettore, lasciarlo libero di leggere senza dover per forza associare un viso noto al nome del protagonista. Leggi il resto di questa voce