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Intervista a Roberto Saviano: «credere nei giovani significa investire sul nostro futuro».

Roberto Saviano

Roberto Saviano

Anni fa quando denunciò le infiltrazioni della criminalità organizzata nel nord-est d’Italia, e fu il primo a farlo, quasi tutti gli diedero addosso accusandolo di denigrare il Nord operoso e produttivo, la locomotiva d’Italia. Ma i fatti gli hanno dato tristemente ragione e oggi più che mai, Roberto Saviano continua a denunciare gli intrecci affaristici e le collusioni fra le istituzioni fra la camorra: «ciò che più importa – afferma Saviano – è che l’attenzione resti sempre alta, che gli italiani capiscano che nessuno è immune da certe dinamiche. In un paese in crisi le mafie sono le uniche ad avere i capitali necessari a tenere in piedi l’economia. Questa consapevolezza serve a creare anticorpi, non a deprimerci». Giornalista e scrittore, (nato a Napoli nel 1979), Roberto Saviano vive sotto scorta dal 2006, in seguito alle minacce ricevute dai clan camorristici che ha denunciato con fermezza sin dal suo libro d’esordio, “Gomorra” (tradotto in oltre 50 paesi con 10 milioni di copie vendute nel mondo), divenuto poi un testo teatrale, un film (Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes 2008) e una serie-tv esportata con successo in tutto il mondo. Oggi collabora con diversi quotidiani internazionali e riviste di approfondimento giornalistico ma la sua vita, proprio per via di quelle coraggiose denunce, è drasticamente mutata, privandolo in toto della quotidianità, della normalità, della semplice routine. Oggi a Gorizia, Roberto Saviano incontrerà settecento studenti con cui si confronterà sui temi della legalità, del consumo degli stupefacenti e dell’impegno civico. In tale occasione gli verrà consegnato il Premio Friuladria 2015, nell’ambito della XI° edizione di “èStoria – Festival Internazionale della Storia”, con una motivazione che premia e ribadisce l’importanza del suo lavoro giornalistico sul campo, un coraggioso esempio di denuncia coniugato ad una seria indagine storiografica di un fenomeno criminale ampiamente radicato nella storia d’Italia, come evidenzia la dalla motivazione ufficiale. Saviano ha scelto di destinare la somma abbinata al premio Friuladria “il romanzo della storia” ad un progetto dedicato agli studenti del Friuli Venezia Giulia. Dopo aver ritirato il premio e incontrato gli studenti, Roberto Saviano concluderà l’incontro con l’intervento intitolato, “Leggere per resistere al male”.  Leggi il resto di questa voce

“Voglio raccontare la parte oscura che teniamo dentro”. Teresa Ciabatti si racconta

Un antropologo culturale forse scuoterebbe la testa, magari preferendo un contatto diretto con la società osservata ma per studiare e comprendere il mondo della televisione italiana – e le sue peculiarità – in fondo bastano un divano comodo, molto tempo a disposizione, tanta curiosità e nemmeno un pizzico di snobismo. Così ha fatto la scrittrice e sceneggiatrice Teresa Ciabatti – diverse sceneggiature dal 2000 in poi, fra cui quelle per Tre metri sopra il cielo e Ho voglia di Te al fianco di Federico Moccia – autrice del graffiante Tuttissanti, edito da Il Saggiatore (pp.64 €10). A metà fra un saggio alla Guy Debord sulle storture della società dell’immagine e una favola nera moderna, la Ciabatti porta in pagina Lucio Lualdi, un impresario del mondo dello spettacolo che sente d’avere una missione quasi evangelica; al suo fianco un folto gruppo di ragazzi belli depilati e intercambiabili, su cui spiccherà Christian Russo, ragazzo aitante della periferia, deciso a tutto pur di diventare famoso, celebre e inarrivabile. Bastano poche righe di Tuttissanti per appiccicare un nome e un cognome al personaggio principale, passato dalle stelle alle stalle, da Porto Cervo al carcere, pur restando sempre al centro delle pagine di cronaca…ma ciò che conta davvero è la scrittura netta ed emotiva con cui la Ciabatti affronta il lettore e lo spinge, pagina dopo pagina, sempre più vicino al limite, sino a considerare il corpo come un mezzo, uno strumento professionale per raggiungere lo scopo.

Teresa, come nasce questo libro?

In pratica, per esigenze familiari e lavorative, vivo barricata in casa (si lascia andare ad una risata) e passo molto tempo davanti alla tv, per cui questi personaggi me li trovo continuamente fra i piedi, pur senza volerlo. Questo libro è il frutto di un’osservazione durata anni. Tutti conosciamo fin troppo bene il lato marcio di questo ambiente ma io mi sono soffermata sul lato sentimentale che esiste realmente. Se Fabrizio Corona si rifà ad un immaginario quasi satanico, Lele Mora parla di pace con una voce pacata, è sempre vestito di bianco e si muove accompagnato da un folto gruppo di ragazzi quasi come fossero apostoli. I suoi riferimenti sono fortemente religiosi, sembra davvero Gesù Cristo.

Nel libro non lo nomini mai ma è chiaro che il tuo protagonista è Lele Mora.

Beh, non lo nomino perché avrei dovuto chiedergli il permesso. Ma anche perché volevo insinuare un dubbio nel lettore, lasciarlo libero di leggere senza dover per forza associare un viso noto al nome del protagonista. Leggi il resto di questa voce