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Lelio Bonaccorso rivela: «C’è un filo rosso che lega la storia di Peppino Impastato a quella di Jan Karski»
Dopo aver raccontato la storia di Peppino Impastato, Che Guevara e Marco Pantani, la premiata ditta siciliana formata dal giornalista Marco Rizzo e dall’illustratore Lelio Bonaccorso torna in libreria con “Jan Karski – L’uomo che scoprì l’Olocausto” (Rizzoli Lizard, pp.160 €17,50) in cui raccontano l’avventurosa vita dell’uomo che per primo denunciò il dramma della Shoah, senza essere creduto. Un testo interamente a colori e dal tratto essenziale, capace di far rivivere il dramma di Jan Karski, scuotendo le coscienze ed evidenziando un fil rouge che corre da Peppino Impastato all’eroe polacco, passando per la storia dimenticata e poi riemersa di Attilio Manca.
Come avete scoperto la storia di Jan Karski?
«Il merito è di Marco Rizzo. Siamo partiti da un articolo di giornale e da lì ci siamo documentati, decidendo quasi subito di metterci al lavoro. La sua vita sembra tratta da un film di spionaggio hollywoodiano, basti pensare che quando cominciò a collaborare per i partigiani polacchi partiva da Varsavia scendeva dai Carpazi che non erano controllati dai nazisti, passava dalla Svizzera e giungeva a Parigi dove consegnava i suoi messaggi al governo esiliato polacco per poi tornare indietro. Fece questo dal ’39 al ‘43». Leggi il resto di questa voce