«Vi svelo la morte kantiana dello scarafaggio». Renato Polizzi e il suo bestiario moderno
Ma come muoiono gli animali? Tristi, solitarie, maestose o semplicemente bizzarre sono le sorti delle bestie che ci circondano. Eppure, pur avendone studiato la sessualità e i flussi migratori, sappiamo ben poco di come vanno incontro alla Fine. In “morti favolose di animali comuni” (Caracò editore, €10), un bestiario moderno, pungente, ironico e cialtrone, lo scrittore siciliano Renato Polizzi ci regala una curiosa e accattivante panoramica, che spazia dal piccione all’airone, dall’elefante allo scoiattolo. Senza dimenticare di raccontarci la sua stessa fine, alleggerita da un angolo culinario davvero particolare, mitologico. Renato Polizzi è uno degli attori più interessanti sulla scena culturale della Sicilia occidentale, grazie all’agenzia di comunicazione Communico (con il socio Vincenzo Figlioli), Radio Itaca 98.4 e del freepress, Marsala C’è. Pur avendo alle spalle parecchi nobili obiettivi raggiunti, Polizzi non ha perso l’entusiasmo. Anzi, sembra pronto a raccogliere nuove sfide, condividendo l’entusiasmo di tanti giovani marsalesi con cui collabora da anni, donando linfa quotidiana alla vita culturale.
Degli animali e delle loro abitudini sappiamo tanto ma non proprio tutto… Come nasce l’idea del libro?
«Un giorno, per caso…camminavo e mi sono imbattuto in un piccione morto: era lì per terra, grigio e scomposto come un topo, con le tre dita delle zampe rugose da E.T. che mi facevano il saluto da lupetto e mi è sembrata un’apparizione così impudica e misteriosa allo stesso tempo che mi sono domandato: “chissà come muoiono i piccioni: se in volo o per terra?” … e quella che sembrava una domanda scema alla fine mi ha aperto un mondo … nel primo caso infatti, nella morte in volo, il piccione viene colto da un coccolone improvviso, nel secondo invece i piccioni si posano per terra per andare a morire in pace e questo vorrebbe dire che presentono la morte. Quest’idea del presentimento della morte negli animali mi ha dato la possibilità di raccontarli in modo diverso, un modo tutto comico di raccontare le loro morti come coerenti o incoerenti rispetto all’esistenza che crediamo conducano una coerenza che rimanda al rapporto che tutti noi abbiamo con le nostre passioni e il coraggio o meno di seguirle, da lì l’idea di scrivere questo piccolo bestiario comico, perché, come dice Julio Cortazar, i bestiari sono come degli specchi, “di quelli che non si trovano nelle nostre stanze da bagno, ma nei quali è bene guardarsi di tanto in tanto”… insomma: gli animali hanno tanto da dirci su noi stessi».
Parti dalla morte della gallina e del piccione per lanciarti verso quella dell’elefante e dello scarafaggio. Come ti sei documentato e quali “morti” sono le più suggestive?
«I riferimenti più immediati sono i Bestiari medievali e le storie naturali degli antichi di Eliano, Aristotele, Plinio il Vecchio, ecc.: gli antichi guardavano il mondo per la prima volta, avevano uno sguardo così ingenuo che a leggerli oggi commuovono e fanno ridere allo stesso tempo; per esempio Eliano, uno scrittore latino del II sec d.C. apre il suo “De Natura Animalium” raccontandoci di un tipo di airone che vive sull’isola di Diomedea che accoglie e abbraccia con le ali tutti gli stranieri che approdano sull’isola…praticamente una specie di Proloco! Naturalmente è tutto falso, ma Eliano è così assertivo e sincero e la notizia è così bella e inaspettata che messa lì, all’inizio del libro, fa in modo che da quel momento in poi il lettore dica “vabbè raccontami quello che vuoi: io ti credo!” e se ne freghi della veridicità di quello che contiene il libro; ecco, ho cercato di ricreare lo stesso sguardo. La mia è un’indagine tutta comica sulle morte degli animali in cui, a partire dalle due tre cose che sapevo di loro, un po’ come gli antichi, passo subito alle conclusioni … per esempio anche io apro il libro parlando della morte dell’airone, animale di cui sapevo solo due cose: che si posa e vive nelle pozze d’acqua e che sta sempre su una zampa pur avendone due…e mi ero sempre domandato “ma perché l’airone sta sempre su una zampa?!” Grazie al libro mi sono dato una risposta: l’airone muore appena posa l’altra zampa! Per quanto riguarda le morti più suggestive direi quella kantiana dello scarafaggio e quella liberatoria del camaleonte, il quale, dopo una vita trattenuta, piccolo borghese, passata a cercare di assomigliare allo sfondo, muore in un’esplosione di colori, liberando tutte le vite che avrebbe voluto vivere e non ha potuto».
C’è spazio anche per un suggestivo angolo culinario…
«L’unico animale fantastico che trova spazio nel libro è la Fenice; mi sono ritrovato di fronte al paradosso che mentre non sappiamo nulla di come muoiano gli animali comuni, sappiamo tutto di come muore l’unico animale fantastico ospitato nel libro! Solo che la leggenda vuole che la fenice, dopo 500 anni di vita, muoia di autocombustione e poi rinasca dalle proprie ceneri e allora per me nasceva un problema: il libro si occupava di “morti morti”, non era contemplata la resurrezione! Quindi mi sono detto: l’unico modo di morire per la fenice è essere cucinata! Da lì l’idea di proporre un piccolo ricettario su come cucinarla … che alla fin fine è anche la prova ontologica dell’esistenza della fenice, dato che tutto ciò che può essere cucinato esiste, per forza!».
Dopo una lunga carrellata arriva un’ultima morte, quella più inattesa…
«Si, quella dell’Autore! I bestiari dopo Darwin hanno vissuto un doppio movimento: uno in entrata e uno in uscita. Dai bestiari sono usciti gli animali fantastici ed è entrata la scimmia col pollice opponibile: l’uomo … per questo ho creato una sezione post darwiniana in cui ho voluto rendere omaggio ad un animale fantastico, la fenice, e mi sono occupato dell’unico uomo la cui morte mi preoccupa un tantino di più: l’autore! Naturalmente anche questa è una scusa per parlare di passioni e dello spazio che concediamo loro nella nostra vita».
Questo è il tuo terzo libro, sei editore di una radio e un freepress: è difficile fare cultura in senso fattivo in Sicilia?
«È difficile come è difficile fare impresa in Italia, specie al Sud. Mancano i servizi e specialmente interlocutori istituzionali adeguati. La Sicilia inoltre sconta un’incapacità di fare rete tra le varie realtà che nel 2014, nell’era di internet e del massimo della connettività è un riflesso che ha del tribale!».
Con la agenzia Communico avete organizzato tre edizioni del festival del giornalismo di inchiesta: quando arriverà la quarta, attesa, edizione?
«Quando le condizioni politiche ed economiche lo renderanno possibile … le prime edizioni del festival sono state una scommessa straordinaria: in pieno berlusconismo rampante, con una giunta e un sindaco di centrodestra (Renzo Carini, che pur militando nel Popolo delle Libertà rivendicò il dovere di un sindaco di dare spazio alle idee di tutti e forse per questo non ha fatto carriera politica…), in Sicilia e per giunta in provincia, insieme agli amici di Mismaonda e di Chiarelettere, siamo riusciti a mettere su un festival che raccoglieva il meglio del giornalismo indipendente e d’inchiesta degli ultimi 20 anni … alcune cose che sono successe a Marsala in quei giorni hanno ancora delle ricadute: è a Marsala che è nato il Fatto Quotidiano per esempio e un personaggio ancora sconosciuto ai più è venuto a parlare di giornalismo dal basso, un certo Casaleggio … aspettiamo semplicemente che ritorni il clima … noi non ci arrendiamo: le decine di giovani volontari (Giorgia, Michela, Tiziana, Marina, Giuseppe, ecc.) e una buona fetta dell’opinione pubblica della nostra città ce lo chiedono».
Francesco Musolino®
Pubblicato il 2014/10/26, in Interviste con tag airone, bestiario, caracò, communico, cortazar, darwin, figlioli, kant, marsala, piccione, polizzi, radio itaca. Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.
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