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Vivere (e morire) all’ombra delle otto montagne.

COP_Cognetti.inddIl più grande pregio del romanzo “Le otto montagne” (Einaudi, pp.208 euro 18,50) di Paolo Cognetti è un sapore antico capace di riportare indietro il lettore, lontano dalla frenesia di tanta narrativa moderna destinata a passare senza lasciare alcuna traccia. Invece, la prosa scelta da Cognetti – già noto e apprezzato scrittore di raccolte di racconti, come “Sofia si veste sempre di nero” (Minimum Fax, 2012) e curatore della pregevole antologia “New York Stories (Einaudi, 2015) – ha un adagio posato, le parole sono sempre scelte con cura per raggiungere lo scopo reale di ogni libro ovvero quello di raccontare una storia, spingendo il lettore a girare una pagina dopo l’altra, sino alla fine. Per poi continuare a vivere con quei protagonisti in testa, ancora per un po’. Un romanzo di formazione in cui seguiamo le orme di Pietro, figlio di una coppia di amanti della montagna che ha trovato la propria oasi di serenità nel paesino di Grana, ai piedi del Monte Rosa. Se la madre adora intrattenersi con le persone, studiare la natura e dar nomi alle cose, il padre non vede altro che sentieri da percorrere a ritmo sostenuto e vette da scalare una via l’altra. Il lavoro e la vita di città immersa nello smog sono una pena rabbiosa da cui sfuggire e ben presto anche Pietro sentirà il richiamo delle vette. Ma se per il padre è slancio, per il ragazzo è fatica. E i due si allontanano finché fatalmente, quando il padre muore, toccherà al figlio ripercorrere quei sentieri, sentendo il morso nostalgico della montagna che si staglia sullo sfondo delle città, immobile e intoccabile davanti alle nostre ansie quotidiane. “Le otto montagne” riporta in auge la scuola di scrittura italiana nel mondo con un romanzo già venduto in ben 30 paesi, firmato da un autore che rifiuta ogni tipo di social network, dedicando il proprio tempo ai boschi, alla montagna, alla parola. Una grande storia di amicizia fra Pietro e il suo amico montanaro Bruno, pagine intense per riflettere sul destino, sulle montagne che stanno sopra la nostra testa, sull’importanza di trovare il proprio posto nel mondo.

FRANCESCO MUSOLINO®

FONTE: GAZZETTA DEL SUD, 26 NOVEMBRE 2016

Vanessa Diffenbaugh: «I fiori ci parlano. Basta saperli interpretare»

Fresia? Amicizia duratura. Giglio? Regalità. Lavanda? Diffidenza. Basilico? Odio. Tulipano? Dichiarazione d’amore. Ai primi posti delle classifiche di narrativa straniera, Il linguaggio segreto dei fiori (Garzanti, tr. it di Alba Mantovani; pp. 368; €18.60) sembra aver davvero stregato i lettori e non solo le lettrici di tutta Europa grazie al riuscito mix di sentimento e amore materno ma soprattutto per aver saputo schiudere la porta sul misterioso mondo dei fiori e sui loro molteplici e talvolta arcani, significati. Non a caso, proprio l’Italia, con il suo immenso e variopinto patrimonio floreale, è stato fra i paesi che hanno accolto con maggiore entusiasmo questo titolo.

Tempostretto.it ha incontrato l’autrice, Vanessa Diffenbaugh in occasione della sua presentazione al Salone del Libro di Torino.

 

«Non mi fido, come la lavanda. Mi difendo, come il rododendro. Sono sola, come la rosa bianca, e ho paura. E quando ho paura, la mia voce sono i fiori».

 

Cosa l’ha spinta a voler rivelare il linguaggio segreto dei fiori?

«Quando ho cominciato a scrivere questo libro non avevo idea di dove mi avrebbe condotto ma sono molto contenta di aver voluto parlare dei fiori e del loro significato nascosto perché sto ottenendo grandi risposte dai miei lettori, in special modo proprio da quelli italiani. Credo che i fiori siano un sistema meraviglioso per comunicare e adesso ho rivelato anche questo mio piccolo segreto che è alla base del mio libro»

Il significato di alcuni fiori come la rosa e il giglio è universalmente noto. Viceversa alcuni fiori l’hanno stupita per il loro significato?

«Sì, in particolare il vischio. Tutti lo associamo al Natale o al fatto che ci si baci sotto il suo rametto ma nel linguaggio specifico dei fiori significa “io supererò tutte le difficoltà”. Quando l’ho scoperto sono rimasta molto sorpresa e il fatto che fosse un messaggio colmo di speranza mi ha ispirato la primissima scena del romanzo nella quale avviene l’incontro fra Victoria e Grant: lei gli regala del rododendro – che significa “stai attento” – e lui risponde proprio con il vischio. In quel momento però Victoria non sa se Grant conosca o meno il significato recondito del vischio e da subito si instaura anche un’aura di mistero, legata al codice floreale…

Non è dunque un azzardo affermare che i fiori posseggano un linguaggio segreto.

«Affatto. Tuttavia il significato dei fiori, è importante sottolinearlo, varia da cultura in cultura e soprattutto col passare del tempo si modifica».

Chi è Victoria e perché decide di rifugiarsi nei fiori?

«Victoria è una ragazza che è nata e cresciuta nel sistema dell’affidamento americano. Non ha una famiglia stabile, è molto sola e si fida poco degli altri. Lei comunica attraverso i fiori perché le è stato insegnato dall’unica donna che l’ha amata come fosse sua madre, Elizabeth, e ciò le dà un senso di sicurezza».

A proposito: ha davo vita a Camellia Network. Di cosa si tratta?

«La scrittura e le vicende legate all’affidamento sono al centro della mia vita tutti i giorni. In generale il tema dell’affidamento negli USA non è al centro dell’attenzione e c’è sempre molta confusione sui media. Camellia Network è uno spazio online dove i ragazzini dati in affidamento possono postare le proprie foto, i dati, raccontare le loro storie, i loro desideri per il futuro, le loro necessità. Oggi i social network sono un mezzo molto potente e tramite facebook cerchiamo di costruire una rete salda e sicura con i donatori in modo da poter costruire un contatto stabile fra loro e i ragazzi».

Chiudiamo con una curiosità. Anche l’autrice comunicava con il linguaggio dei fiori?

«Sì e voglio raccontarvi un aneddoto. Quando ho scoperto il linguaggio dei fiori ero un adolescente e ne sono subito rimasta affascinata. Sono tornata a casa e ho scritto una poesia d’amore con il linguaggio vittoriano, legando insieme i fiori, uno per uno. Ho cercato tutti i fiori che mi servivano in giro per i vivai cittadini e ho allegato una grossa pesca perché il fiore che mi serviva non l’ho trovato. La pesca significa “sono tua prigioniera”. Ovviamente ho allegato anche il dizionario per tradurla!».

 

Diffenbaugh Vanessa. Per scrivere Il linguaggio segreto dei fiori Vanessa Diffenbaugh ha tratto ispirazione dalla sua esperienza come madre adottiva. Dopo aver studiato scrittura creativa alla Stanford, ha tenuto corsi di arte e scrittura ai bambini delle comunità di accoglienza. Lei e suo marito hanno tre figli e vivono a Cambridge, nel Massachusetts. Il linguaggio segreto dei fiori è il suo primo romanzo.

 

Fonte: www.tempostretto.it del 6 giugno 2011