Annie Ernaux: «Scrivo per cambiare il mondo»

«Non avrei mai immaginato che la mia vita si sarebbe intrecciata alla scrittura. Sono la prima ad esserne stata sorpresa, piacevolmente travolta». Firmato Annie Ernaux, la scrittrice francese e Premio Nobel per la Letteratura 2022, è stata l’assoluta protagonista al festival Pordenoneleggeoccasione propizia per presentare il suo ultimo libro, Perdersi (L’Orma editore). Un libro dopo l’altro – ricordiamo Gli anni, Il posto, L’evento, Una donna sino al trittico ora riproposto da BUR Rizzoli La donna gelata, L’evento, Passione semplice – Ernaux lascia parlare il proprio corpo sulla pagina, raccontando le emozioni, sfidando i tabù e la morale borghese, osando con una prosa scarna, persino nuda e proprio per questo motivo sempre in grado di far breccia nel cuore del lettore. La sua forza è l’assoluta chiarezza, un’apparente semplicità dietro cui affiora senza fronzoli il coraggio, quel tratto distintivo ribadito dall’Accademia di Svezia nel discorso di proclamazione del Nobel. Con uno stile inconfondibile l’autrice transalpina racconta la vita vissuta, una forma autobiografica che scandaglia le emozioni, sfidando l’indicibile – dal sesso all’aborto, dal dolore per il lutto alla ricerca del piacere con un giovane amante – facendo ricorso ad una lingua sorvegliata e misurata, sempre ineccepibile. 

«Scrivere, per me, ha una valenza politica e la vittoria del Premio Nobel non ha affatto mutato questo convincimento. Sin dal mio primo libro, sono cosciente che scrivo per guardare il mondo e forse, anche per provare a cambiarlo ricorrendo alla forza intrinseca della letteratura. Le dirò di più, se vivessimo in un mondo ideale, probabilmente non avrei sentito questo impulso verso la pagina ma oggi, proprio in virtù del Nobel, i giornalisti e i lettori chiedono la mia opinione su svariati argomenti ed è una responsabilità che accetto, senza mai tirarmi indietro».

L’Accademia di Svezia ha sottolineato il coraggio che permea la sua prosa. Quanto è importante sfidare i tabù, saper dare voce al corpo e ai suoi desideri?

«Scrivendo, non mi sento sospinta dal coraggio, piuttosto, sento il bisogno di raggiungere la verità delle cose e non tollererei l’idea di fermarmi prima, di accontentarmi». 

da sx: Francesco Musolino, Annie Ernaux, Lorenzo Flabbi a Pordenonelegge 2023

Nelle pagine de Il ragazzo racconta una storia di passione fra una donna matura e un giovane. In particolare, durante una cena al ristorante, lei coglie gli sguardi di biasimo degli altri commensali, lo scherno che le mostravano apertamente. Ancora oggi viviamo in una società patriarcale?

«Sì, credo che gli stereotipi patriarcali siano ancora molto ben radicati. Le dirò di più, penso che molte donne abbiano interiorizzato una sorta di divieto morale, considerando inadeguato un desiderio sessuale verso un giovane uomo e per questo motivo lo rifiutano aprioristicamente. Anche per questo motivo, alla virilità imberbe del ragazzo, affianco e mostro senza contrapporlo, i segni del tempo sul corpo della donna. Sul mio corpo. Scrivendo questo libro ho aperto una porta sul lato cieco della nostra morale, come aveva già fatto Colette in Chéri». 

Ne Il posto, davanti alla salma di suo padre, lei parla della vergogna delle radici e dell’importanza della scrittura. Cosa accadde?

«La morte di mio padre ha rotto qualcosa in me, spezzando la negazione delle mie umili origini che avevo sempre provato a nascondere e rimuovere. I miei genitori avevano una locanda e noi vivevamo al piano di sopra, ricordo il chiasso dei clienti e l’odore dei pasti che impregnava i vestivi, rammento che quando lasciai il paese mi sentii libera, eppure, davanti alla salma del mio genitore, ho capito che non dovevo provare vergogna. La scrittura illumina il cammino rivelando la donna che sono diventata, anzi, per dirlo con le celebri parole di Marcel Proust, “la letteratura è la vita rischiarata” e proprio questo è ciò che mi interessa cogliere».

In Perdersi racconta la storia di un amore negato, controverso, doloroso. È la medesima storia di un altro suo libro di successo, Una passione semplice ma in Perdersi lei si affida al suo diario originale. Perché questa scelta?

«Non avrei mai pensato di pubblicarlo, quando l’ho riletto sono rimasta turbata, come se non fossi stata io a scriverlo. Mi sembrava di leggere la storia di un’altra donna, ignara dell’esito finale. Era la storia della mia vita ma sembrava un romanzo di finzione. In definitiva, credo che Una passione semplice abbia una connotazione universale di genere, Perdersi è un romanzo femminile senza compromessi».

Si discute molto del valore letterario dell’autofiction e del punto di vista autobiografico. Lei cosa ne pensa?

«Credo che la questione di fondo sia una: la realtà esiste ancora nella letteratura? È centrale? Per quanto mi riguarda, si tratta di una questione di postura. Quando leggo mi posso proiettare fuori o sopra il testo ma nel momento in cui scrivo non posso far altro che immergermi dentro, usando le mie stesse emozioni – la rabbia, il dolore, l’amore – come unico filo conduttore dentro il labirinto della scrittura».

Oggi in molti guardano alla sua opera e ne traggono ispirazione. Lei ha avuto un modello di riferimento, un ideale?

«Naturalmente. A diciott’anni avrei voluto essere come Simone De Beauvoir. Lei scriveva, studiava e aveva stretto con Jean-Paul Sartre un patto di libertà, scegliendo di dar vita ad una coppia aperta, una relazione sessuale stabile ma non esclusiva anziché rinchiudersi nel matrimonio. Ma i modelli sono destinati a sfumare, non coincidono mai con la vita vera e del resto, lei proveniva dall’aristocrazia e non volle mai aver figli mentre io venivo dal popolo e pur non desiderandolo, un giorno sono rimasta incinta. E così, addio Simone De Beauvoir».

Al quotidiano Libération ha detto che più libri scrive, maggiori sono le possibilità di perdersi fra le pagine. Lo conferma?

«Assolutamente. La scrittura è un modo di immergersi nel mondo, per raccontare il punto di vista di chi è dominato, mostrando l’ingiustizia palese della realtà. Scrivere è un modo di agire e dissolversi, provando a cambiare le cose». Francesco Musolino

Femminismo e magia: La Roma di Lipperini

Liberamente ispirato all’omonimo sceneggiato prodotto dalla Rai nel 1971, la giornalista e scrittrice Loredana Lipperini è tornata in libreria con il romanzo Il segno del comando (Rai Libri, pp.352 €16,90). Interpretato da Ugo Pagliai, Carla Gravina, Massimo Girotti e Rossella Falk (scritto da Giuseppe D’Agata, Flaminio Bollini, Dante Guardamagna e Lucio Mandarà, diretto da Daniele D’Anza), Lipperini riparte dal fascino del piccolo schermo, firmando una storia gotica – esperta del genere, ammiratrice di Shirley Jackson e Stephen King, già autrice di Magia nera (Bompiani 2019); La notte si avvicina (Bompiani, 2020); Le scrittrici della notte (Il Saggiatore, 2021) – con un intreccio ambientato negli anni Settanta, ricreando una storia di ribelli e cospiratori, alchimisti, streghe e imbonitori di vario tipo.

La scintilla è l’invito, giunto nelle mani del protagonista dello sceneggiato – Edward Forster, un professore di Cambridge – a recarsi subito a Roma, sulle piste del suo amatissimo Lord Byron. L’esca propiziatoria è proprio una fotografia giunta nelle mani del professore, in cui si vede una piazza romana, descritta nei minimi dettagli in uno dei diari di Byron. Una piazza che però, secondo Forster, non esiste, ma sarebbe solo un’invenzione dello scrittore. 

Partendo dalle atmosfere thriller e traendo forza dall’ambientazione romana, Lipperini riprende e rilancia la storia dello sceneggiato, inserendovi quelle sfumature soprannaturali che fanno parte del suo bagaglio culturale e facendone – con coraggio – una cartina di tornasole della condizione femminile negli anni Settanta; del resto, l’8 marzo 1972, a Campo de’ Fiori, è stata teatro della prima manifestazione femminista, una data da celebrare e ricordare, cambiando la prospettiva storica. Lipperini – giornalista sempre particolarmente attenta alle chiavi di lettura socioculturali – racconta la città di Roma da un punto di vista diverso; tutti conoscono la sfumatura magica di Torino, ma l’autrice ricorda che la capitale d’Italia ha una storia alchemica da celebrare, attraverso alcuni personaggi esoterici di grande caratura, fagocitati dall’oblio del tempo.

La Roma che rivive in queste pagine è lontanissima dalla cartolina dei turisti, è una città fatta di fantasmi e suggestioni, una prospettiva notturna e ammaliante che cattura il lettore e lo trascina nelle avventure di Forster, nella sua passione per la misteriosa Lucia, a zonzo per le vie della città, sui passi di Lord Byron a cavallo dei secoli. Così facendo, Il segno del comando, divenuto nel tempo un oggetto di culto, si rinnova e si trasforma con una nuova narrazione, entusiasmante quanto divertente che si rivolge anche (ma non soltanto) alle nuove generazioni, nella convinzione che le storie non muoiano mai. Anzi, continuano a rinnovarsi grazie all’amore dei lettori e di chi le sa raccontare. E senza timore d’osare e cambiare i paradigmi. Francesco Musolino

La Scuola Holden sbarca a Messina!

Per la prima volta la Scuola Holden sbarca in città.

Raccontarsi: scalare l’iceberg, strappare il sipario, lasciare affiorare l’ignoto dell’inconscio, trovare le parole per descrivere ciò che si sente e chi si è davvero, osando sfidare i propri tabù, senza mai perdere il controllo della narrazione.

Grand Tour: Messina, è il corso che terrò in partnership con la libreria La Gilda dei Narratori – Ubik Messina.

Tre sabati consecutivi – 26 marzo, 2 e 9 aprile – in mezzo alle parole, fra tecnica, esercizi e letture.

Raccontarsi è un bisogno naturale, un’immersione nel mondo delle parole, andando alla ricerca di un proprio stile e di una voce, necessaria ma non necessariamente sincera.

Siete pronti? Io non vedo l’ora.

«Sono un artigiano della parola». Intervista a Marc Levy.

Marc Levy
Marc Levy

Marc Levy è il romanziere francese più letto al mondo. Basterebbe questa affermazione, tradotta in trentacinque milioni di copie, per intendere al volo la caratura del personaggio, il valore della sua scrittura, l’amore che i suoi lettori gli tributano ad ogni latitudine. Ma come spesso accade, ciò che colpisce maggiormente dei grandi autori è la loro disponibilità, l’ascolto del proprio pubblico (anche) mediante i social, l’impegno per cause nobili – Levy ha lavorato per la Croce Rossa e Amnesty International – e la capacità di ampliare il proprio sguardo, affrontando anche i temi dell’attualità. Di recente è tornato in libreria con il suo nuovo romanzo, il sedicesimo, “Lei & Lui” (Rizzoli, pp.350 euro 18) in cui racconta, con ironia e leggerezza, una storia d’amore, una commedia romantica sbarazzina ovvero il ritorno in pagina di Mia e Paul, richiamando il suo romanzo d’esordio, “Se solo fosse vero”. Lei è un’attrice inglese di successo con un matrimonio infelice, Lui uno scrittore dalle alterne vicende, fidanzato con la sua traduttrice coreana. Entrambe le coppie sono in crisi e per una casualità Paul e Mia si incontreranno, andando alla scoperta di una Parigi nascosta, sconosciuta ai turisti, battibeccando dalla prima all’ultima pagina in attesa del lieto fine. Sabato 17 settembre, Marc Levy è stato protagonista durante la serata finale della sesta edizione del TaoBuk International Book Festival, incontrando il pubblico alle ore 20 presso Piazza IX Aprile per presentare il suo ultimo romanzo “Lei & Lui”. Continua a leggere “«Sono un artigiano della parola». Intervista a Marc Levy.”

«Prendo le storie direttamente dalla strada e le porto in pagina». Intervista a Maurizio De Giovanni

Maurizio De Giovanni
Maurizio De Giovanni

Napoletano doc, Maurizio De Giovanni ha alle sue spalle una lunga carriera da bancario che lo lega fortemente alla Sicilia. Il primo libro (“Il senso del dolore”) risale al 2007 eppure in soli nove anni è diventato un punto di riferimento per i lettori di noir italiano, declinando la sua passione attorno due personaggi, il commissario Ricciardi e l’ispettore Lojacono (che approderà su RaiUno a inizio 2017), portando in pagina indagini e omicidi ma soprattutto storie e vicende che si svolgono nella sua amatissima Napoli, spaziando dagli anni ’30 sino alla contemporaneità. Oggi Maurizio De Giovanni sarà a Messina (presso la libreria “La Gilda dei Narratori”, alle ore 18) per presentare il suo libro più recente “Serenata senza nome. Notturno per il commissario Ricciardi” (Einaudi Stile libero, pp. 384 €19) ma in occasione del suo tour siciliano – stasera sarà a Catania e giovedì a Palermo – leggerà in anteprima brani del nuovo romanzo “Pane. Per i Bastardi di Pizzofalcone, in uscita a fine novembre. Continua a leggere “«Prendo le storie direttamente dalla strada e le porto in pagina». Intervista a Maurizio De Giovanni”