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“La Fortezza” di Jennifer Egan è un inno alla letteratura.

cover_egan_la_fortezza (1)Solo la buona letteratura riesce a tener viva l’illusione della finzione narrativa. Così Vargas Llosa sintetizza la magia che accade quando ci capita di leggere un grande libro e di colpo, siamo immersi nella pagina, osservatori e al tempo stesso protagonisti di ciò che stiamo leggendo. Ma purtroppo questa alchimia accade non tanto spesso quanto vorremmo. Questo cappello introduttivo era necessario prima di parlare de “La Fortezza” (Minimum Fax, traduzione di Martina Testa pp.320 €18) l’ultimo romanzo di Jennifer Egan, già vincitrice del Premio Pulitzer per la letteratura nel 2012 con “Il tempo è un bastardo”.

Difatti, ne “La Fortezza”, la magia parte sin dalle prime righe e siamo subito dentro l’azione: niente preamboli di sorta, la Egan non ne ha bisogno. La sua voce narrativa è consapevole della propria potenza, guidandoci con fermezza fra dialoghi improvvisi e pungenti, ripetuti flashback e una commistione di vicende reali, surreali ed oniriche, con un protagonista – Danny, un trentacinquenne newyorkese bisognoso d’una pausa dalla propria vita – capace di percepire a pelle quando si trova in una zona coperta dal wi-fi. “La Fortezza” è un romanzo gotico, assai ben congegnato che prende avvio con la decisione di Danny di accettare l’invito del cugino Howard, raggiungendolo in uno sperduto castello in Europa orientale, destinato a divenire un resort lontano dalla tecnologia moderna. Una sorta di luddismo lussuoso. Senza neanche pensarci su troppo Danny ha accettato questo strano viaggio, del ha qualcosa di terribile da farsi perdonare dal cugino, un tempo reietto ma oggi giovane milionario, deciso a tuffarsi in un mega restauro, attorniato dalla moglie, il vice Mike e molti giovani tirapiedi.Proprio il totale isolamento tecnologico, unito al mistero della nobile proprietaria del suddetto castello autoreclusasi nel mastio, darà una svolta improvvisa alle cose, portando alla luce molti segreti sopiti e una trama del sospetto dai richiami kafkiani.

Grazie ad un narratore onniscente che rivela solo ciò che desidera, giocando a rimpiattino con il lettore, la Egan ci conduce saldamente in un dedalo di vie narrative e quando ne tira le fila, giunti all’ultimissima pagina, ci si rende conto del perché non bisogna perdersi “La Fortezza”.

Francesco Musolino®

Fonte: La Gazzetta del Sud, 23 ottobre 2014

“I romanzieri devono superare tutti gli stereotipi”. Michael Cunningham si racconta

Michael Cunningham

Michael Cunningham

Subito dopo aver ricevuto l’ennesima delusione amorosa, una luce nel cielo, un’aura che ha del soprannaturale rapisce l’attenzione di Barrett Meeks. È questione di pochi secondi ma quella visione tormenterà questo uomo, ateo e considerato un tempo un genio, stravolgendogli la vita, spingendolo verso la religione. Così prende avvio il nuovo romanzo di Michael Cunningham, “La Regina delle Nevi” (Bompiani, pp.288 €18) è uno di quei libri difficili da riassumere in poche parole. Il romanziere americano – bestseller e vincitore del Premio Pulitzer con “Le Ore” – ha preso spunto dalla tetra fiaba di Hans Christian Andersen per raccontare la storia di Barrett e di suo fratello Tyler, un musicista che ricorre alla droga per varcare la soglia dell’ispirazione e riuscire a scrivere la canzone perfetta in vista del matrimonio con Beth, malata terminale di cancro. Le tre esistenze dei protagonisti, pericolosamente in bilico sulla linea fra successo e fallimento, fra tenebra e luce, sono narrate in pagina con dolcezza da Cunningham, capace di raccontare anche la recente storia politica del suo paese, a partire dal secondo, inaspettato, mandato presidenziale per George W. Bush

Il suo libro, con i piedi ben piantati nella recente storia americana, trae spunto anche dalla fiaba di Andersen…

«Sono partito dal titolo di questa fiaba di Hans Christian Andersen perchè ero particolarmente attratto dalle parole “neve” e “regina” ma non sapevo affatto dove tutto ciò mi avrebbe condotto. Posso senz’altro dire che la storia di questo bambino condannato a vedere il mondo attraverso uno specchio maledetto mi ha colpito perché è un racconto assai diverso dalla fiaba classica». Leggi il resto di questa voce