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“Un gesto d’amore per Roma contro il degrado che l’affligge”. Intervista a Marcello Sorgi per “Colosseo vendesi (Bompiani).
Un libro nato come un gesto d’amore verso Roma in cui uno dei decani del giornalismo italiano, viaggia sul filo dell’assurdo e della fanta-storia, per raccontare parafrasando la nascita del populismo, la situazione in cui versano i giornali e la classe politica italiana. In “Colosseo vendesi” (Bompiani, pp. 198 euro 12) il giornalista d’origini palermitane, Marcello Sorgi – già firma de L’Ora di Palermo, direttore del Tg1 e del quotidiano La Stampa del quale è oggi editorialista – per la prima volta si cimenta con la fiction portando in scena una parodia della scena politica italiana. Lo spunto guarda alla primavera del 2017: il “Governo dei Ragazzi” è caduto. “Il Capo” ha perso le elezioni anticipate e al suo posto è arrivato un “Successore” privo di scrupoli, pronto a tutto pur di salvare l’Italia dal default. Tanto che per risanare il bilancio salta fuori l’idea di vendere uno dei gioielli del patrimonio mondiale, il Colosseo, ad un facoltoso emiro arabo. Un libro ironico, persino cinico nell’evidenziare i difetti della classe politica italiana senza però perdere la speranza sul futuro che ci attende – rappresentata da tre giovani aspiranti giornalisti – «nonostante l’enorme debito pubblico e il populismo dilagante in rete che influenza anche la percezione delle notizie». Leggi il resto di questa voce
Le vite storte, le pagine dritte. Intervista a Nadia Terranova
Corre l’anno 1977. Aurora Silini e Giovanni Santatorre, messinesi doc, sono destinati l’un l’altro ma ancora non lo sanno. Entrambi per sfuggire alle proprie famiglie cercano risposte nello studio – lei con grandi risultati, lui assai meno – fin quando si incontrano e la scintilla del sentimento è una logica conseguenza mentre corre l’anno 1977. Loro due sono i protagonisti de “Gli anni al contrario”, romanzo d’esordio della messinese Nadia Terranova – già apprezzata autrice per ragazzi con “Bruno” e la riscrittura de “Le mille e una notte” – edito da Einaudi (pp.152 €16). Mentre l’Italia è scossa dalla lotta armata le vite di Aurora e Giovanni sono travolte dalla quotidianità e ben presto arriveranno il matrimonio – con l’approvazione di entrambe le famiglie ma soprattutto del padre di lei, “il fascistissimo” – e la nascita di una figlia. E sarà proprio lei, ancora neonata, a segnare un primo invalicabile confine fra i due, sin dal significato da attribuire al proprio nome, Mara. Quegli anni della protesta corrono veloci, troppo per Giovanni che vorrebbe entrare nella Storia e finisce per scivolare nell’abisso della tossicodipendenza. Insoddisfatti per sempre, Aurora e Giovanni sono i protagonisti di un romanzo snello e potente che si ambienta a Messina – cogliendone la dimensione metafisica in omaggio a Vincenzo Consolo – senza mai cedere terreno alla retorica folkloristica, grazie all’uso sapiente di un linguaggio che sfugge ai sentimentalismi e indaga sul senso letterario della sconfitta. La Terranova trascina via il lettore in un vortice narrativo che si ricomporrà solo alla fine e al lettore rimane un unico compito, quello di provare empatia per due personaggi che cercano di raddrizzare i propri anni e le proprie vite. Leggi il resto di questa voce
«Con “House of Cards” racconto il lato oscuro della politica. E il suo fascino irresistibile». Lord Michael Dobbs si racconta
È il 1987 quando Lord Michael Dobbs litiga con la lady di ferro, Margareth Thatcher e fuoribondo ma anche addolorato, parte in vacanza con la propria moglie. Dobbs per anni braccio destro della Thatcher – capo del suo staff negli anni al n.10 di Downing Street da primo ministro, dal 1979 al 1990 – aveva intuito che il regno della Thatcher stava per tramontare e pur non avendo mai scritto fiction, un po’ per svago e un po’ per frustrazione, creò il personaggio di un perfido e cinico politico, Francis Urquhart, il cui destino era quello di spodestare il primo ministro e conquistare il potere, mediante una sordida e acuta rete di ricatti e inganni. Scritto ventisette anni or sono, House of Cards, è il romanzo d’esordio bestseller di Lord Michael Dobbs da cui nel 1990 è stata ricavata una miniserie di grande successo della BBC; inoltre, pochi anni or sono è nata una seconda trasposizione targata Netflix, ambientata negli Stati Uniti con attori del calibro di Kevin Spacey e Robin Wright nel ruolo della coppia di protagonisti. Una serie di enorme successo – il presidente Barack Hussein Obama ha twittato “Domani c’è House of Cards, non ditemi nulla” -pronta a sbarcare in Italia, mercoledì 9 aprile, al lancio del canale satellitare Sky Atlantic. Proprio in tale occasione la casa editrice Fazi ha pubblicato il romanzo “House of Cards” (pp.446 €14,90) in cui si narra la scalata al potere del chief whip, Francis Urquhart, partendo da un semplice presupposto: cosa accade se l’uomo che detiene i segreti dell’entourage governativo è così scontento da decidere di far cadere il castello di carte e menzogne? Un libro davvero entusiasmante, ambientato nell’epoca post-thatcheriana, fra intercettazioni, ricatti fotografici e manipolazioni della stampa tanto da risultare di sconvolgente attualità e ciò spiega come sia stato possibile ambientare la serie tv americana ai giorni nostri, traslandola senza traumi alla scalata al successo del protagonista – Frank Underwood piuttosto che Francis Urquhart – verso la carica di presidente degli Stati Uniti, gettando luce sul lato oscuro del mondo politico, sovente con azzeccati echi shakespeariani. “C’è sempre un interesse superiore in politica – racconta Dobbs alla Gazzetta del Sud nella sua tournée italiana – peccato che a volte sia marcio”. Leggi il resto di questa voce
Noam Chomsky, quel che resta del linguaggio politico
Politologo di fama mondiale, filosofo e docente emerito di linguistica presso il prestigioso MIT (Massachussets Institute of Technology), Noam Chomsky è considerato una vera e propria icona, un maestro del libero pensiero, sostenitore del movimento di protesta “Occupy Wall Street” anche in virtù della sua professione di fede anarchica, ormai celebre sin dalla sua fiera opposizione all’intervento americano in Vietnam. La “Gazzetta del Sud” ha potuto realizzare quest’intervista con il prof. Chomsky in occasione del suo viaggio in Italia per inaugurare l’anno accademico della Scuola Superiore Universitaria IUSS di Pavia – una delle quattro scuole superiori italiane con la “Normale”, la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e la SISSA di Trieste – nella nuova sede dell’Istituto nel Palazzo storico del Broletto. Le oltre mille persone presenti all’evento hanno potuto ascoltare dal vivo la prolusione intitolata “Language and limits of understanding”. Chomsky ha così fatto il punto circa i limiti della lingua e della comprensione umana riguardo i fenomeni del mondo, con particolare riferimento al funzionamento del cervello e della sua facoltà principale, il linguaggio, partendo dalle grandi conquiste della ricerca scientifica e concentrandosi in particolare sulle sfide che sembrano ancora inviolabili.
Con la Gazzetta l’occasione è stata propizia anche per fare il punto circa la fine del primo mandato di Obama, le future elezioni americane, senza tralasciare il peso dell’antipolitica in Italia, la situazione economica europea e il rischio di default.
Professore, in relazione alle sue ricerche circa il linguaggio e i limiti relativi alla reciproca comprensione, crede che sarebbe preferibile tutelare le lingue dialettali, anche delle piccole comunità, o viceversa dovremmo augurarci di utilizzare tutti la medesima lingua, come l’inglese?
«La scomparsa di una lingua è una perdita di ricchezza culturale, memoria storica, legami sociali, e molto di più. Naturalmente, per le persone interessate alla natura del linguaggio questa è sempre una perdita irrevocabile. Un mondo in cui tutti siamo uguali sarebbe un mondo molto noioso, privo gran parte della sua vitalità e creatività. E ciò accadrebbe irrimediabilmente sia se parlassimo tutti soltanto l’inglese, il cinese o l’hindi».
Kalle Lasn, ideologo di “Occupy Wall Street”, ha dichiarato di essere pronto a fondare un nuovo partito, perché il bipolarismo americano non funziona più. Crede sia la scelta corretta?
«Il sistema politico degli Stati Uniti è senza dubbio in condizioni disastrose ed è sotto gli occhi di tutti. Questi sono i risultati anche di un processo di degradazione del linguaggio politico che è in atto da molto tempo. D’altra parte ci sono stati degli sforzi per sviluppare forze alternative al bipolarismo e attualmente il movimento Green è il miglior esempio possibile. Ma il sistema politico degli Stati Uniti è stato progettato per rendere questa forzatura estremamente difficile, se non praticamente impossibile. In pratica non vi è alcuna rappresentanza proporzionale e l’ingresso nel sistema politico è sostanzialmente impossibile per formazioni alternative. Come se non bastasse, oggigiorno il finanziamento economico privato necessario per “correre” politicamente negli ultimi anni ha raggiunto livelli ridicoli. Va detto che il movimento Occupy non ha un “ideologo” nel senso stretto del termine, ci sono molte idee e correnti e non sono certo che sia l’idea giusta quella di dar vita ad un nuovo partito. Forse no, perché le fonti del malessere politico negli Usa sono purtroppo molto profonde».
Anche in Italia le forze della cosiddetta “antipolitica” (ma c’è chi non è per nulla d’accordo con questa definizione), guidate da Beppe Grillo, stanno raccogliendo grandi consensi. In generale è un buon segno poiché cresce la partecipazione popolare o c’è il rischio sensibile di una deriva demagogica?
«Non posso commentare la situazione italiana o la campagna di Grillo, ma non c’è dubbio che la demagogia sia un problema enorme anche in Italia, come rivelano le vostre recenti esperienze politiche. Tuttavia uno sguardo alle attuali elezioni degli Stati Uniti rivela che le scelte alternative sono poche o nulle».
Si avvicina la fine del primo mandato di Obama. Come giudica il suo operato?
«Avrebbe dovuto e potuto fare molto di più e d’altra parte, a mio avviso, ha compiuto molte scelte davvero discutibili. Francamente avevo poche aspettative, come ho avuto modo di scrivere ancor prima della sua elezione, quindi non sono stato deluso, fatta eccezione per il suo attacco acuto contro i diritti civili fondamentali, il che mi ha davvero sorpreso. Queste sono decisioni che non potranno non avere una ricaduta elettorale».
Non è un mistero che lei non abbia stima di Mitt Romney (candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti). Perché?
«Le scelte politiche di Romney sono progettate per arricchire i più ricchi e rafforzare il più potente, non importa quale sia il costo e per questo motivo si guarda bene dal chiarire i suoi progetti. Ma la sua strategia politica, se messa in pratica, sarebbe un vero disastro per il mondo intero».
Lei non condivide la politica di austerità imposta alla Grecia, alla Spagna e in misura diversa all’Italia, considerandola la via più rapida per la recessione…
«L’austerità durante la recessione o la stagnazione economica è molto probabile che dia luogo a problemi peggiori, proprio come ha fatto. Sembra che finalmente – decisamente troppo tardi – le autorità europee abbiano compreso che la responsabilità del disastro in atto ricade proprio su loro e per tale motivo sembrano decisi ad utilizzare le ampie risorse europee per stimolare la crescita. Sono d’accordo con gli analisti della stampa economica che insistono sul fatto che questo è il momento di spingere l’acceleratore. Adesso non è proprio il momento di tirare i remi in barca».
Il destino della Grecia è ancora incerto. Quali conseguenze dobbiamo aspettarci da un suo default?
«Nessuno lo sa veramente. Sarebbe senza dubbio una mossa rischiosa, molto rischiosa, sia per la Grecia che per l’Unione Europea».
Francesco Musolino
«Riscopriamo la grande attualità di Gramsci». Conversazione con Lorenzo Fazio
La coraggiosa casa editrice Chiarelettere, ha il grande merito di aver sconvolto le dinamiche del mercato editoriale italiano grazie a libri di graffiante attualità e di analisi socio-politica firmati da grandi nomi del giornalismo italiano ed internazionale. Un elenco ricchissimo di cui possiamo citare – in rigoroso ordine alfabetico – Ainis, Beha, Biondo, Castaldo, Gomez, Limiti, Mascali, Sansa, Staglianò, la coppia Rizza-Lo Bianco e Travaglio. Oggi Chiarelettere rilancia con la collana Instant Book ovvero dei libri che vogliono spingere il Lettore prima di tutto a prendere coscienza di se stesso ma anche di ciò che ogni giorno accade attorno a lui. Uno sprone a prendere parte alla vita politica e a lottare contro le quotidiane ingiustizie e il perfetto esempio è proprio la prima uscita: Odio gli indifferenti (pp. 128; €7, prefazione di David Bidussa), firmato da Antonio Gramsci. L’editore Lorenzo Fazio ne parla a Tempostretto.it e ribadisce: «È necessario dar vita ad una discussione comune sul futuro dell’Italia, mettendo da parte l’apatia e facendo appello al proprio coraggio e al proprio senso del dovere». Leggi il resto di questa voce