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«Con “Funny Girl”, Nick Hornby, racconta la storia di una donna che ha rivoluzionato la tv». Intervista esclusiva alla sua traduttrice italiana, Silvia Piraccini.

Nick Hornby

Nick Hornby

Finalmente, anzi, finally! Attesissimo, con “Funny Girl”, lo scrittore britannico Nick Hornby torna in libreria (pubblicato da Guanda, pp. 373) con un romanzo sui dorati anni ’60 con la consueta, elegante, ironia e uno sguardo nostalgicamente vivace, sempre attento al mutare dei costumi, sottolineando alcune idiosincrasie sul mondo dello showbiz. Protagonista assoluta è Sophie Straw che, nelle primissime pagine rifiuta la corona di Miss Blackpool per tuffarsi nella Swinging London, seguendo le orme della sua eroina, l’attrice comica Lucille Ball. Hornby (dopo i grandi successi con “Alta Fedeltà”, “Non Buttiamoci Giù” e “Febbre a 90°”) tesse con la consueta cura per il linguaggio e il ritmo, un viaggio nel tempo negli anni in cui la televisione stava per essere rivoluzionata profondamente, narrando la nascita della commedia “Barbara (e Jim)” per la BBC, destinata a creare scalpore per il linguaggio e i temi trattati. Ma soprattutto per il punto di vista femminile. Accanto a Sophie, Hornby con un supporto di accurate ricerche, ha posto diversi personaggi che si contenderanno in pagina l’attenzione del lettore: gli sceneggiatori Tony e Bill, Dennis il produttore e infine, Clive, alla cui bellezza corrisponde un ego spropositato. “Funny Girl” è il racconto di una donna che decide di non stare alle regole. E scegliendo di scegliere la vita che si merita, crea una vera rivoluzione nei costumi britannici. In questa intervista esclusiva, Silvia Piraccini – la traduttrice italiana di Nick Hornby – svela i punti di forza di “Funny Girl”, racconta la prosa ritmata del romanziere britannico e i segreti del suo successo mondiale. Leggi il resto di questa voce

«Con “House of Cards” racconto il lato oscuro della politica. E il suo fascino irresistibile». Lord Michael Dobbs si racconta

Lord Michael Dobbs

Lord Michael Dobbs

È il 1987 quando Lord Michael Dobbs litiga con la lady di ferro, Margareth Thatcher e fuoribondo ma anche addolorato, parte in vacanza con la propria moglie. Dobbs per anni braccio destro della Thatcher – capo del suo staff negli anni al n.10 di Downing Street da primo ministro, dal 1979 al 1990 – aveva intuito che il regno della Thatcher stava per tramontare e pur non avendo mai scritto fiction, un po’ per svago e un po’ per frustrazione, creò il personaggio di un perfido e cinico politico, Francis Urquhart, il cui destino era quello di spodestare il primo ministro e conquistare il potere, mediante una sordida e acuta rete di ricatti e inganni. Scritto ventisette anni or sono, House of Cards, è il romanzo d’esordio bestseller di Lord Michael Dobbs da cui nel 1990 è stata ricavata una miniserie di grande successo della BBC; inoltre, pochi anni or sono è nata una seconda trasposizione targata Netflix, ambientata negli Stati Uniti con attori del calibro di Kevin Spacey e Robin Wright nel ruolo della coppia di protagonisti. Una serie di enorme successo – il presidente Barack Hussein Obama ha twittato “Domani c’è House of Cards, non ditemi nulla” -pronta a sbarcare in Italia, mercoledì 9 aprile, al lancio del canale satellitare Sky Atlantic. Proprio in tale occasione la casa editrice Fazi ha pubblicato il romanzo “House of Cards” (pp.446 €14,90) in cui si narra la scalata al potere del chief whip, Francis Urquhart, partendo da un semplice presupposto: cosa accade se l’uomo che detiene i segreti dell’entourage governativo è così scontento da decidere di far cadere il castello di carte e menzogne? Un libro davvero entusiasmante, ambientato nell’epoca post-thatcheriana, fra intercettazioni, ricatti fotografici e manipolazioni della stampa tanto da risultare di sconvolgente attualità e ciò spiega come sia stato possibile ambientare la serie tv americana ai giorni nostri, traslandola senza traumi alla scalata al successo del protagonista – Frank Underwood piuttosto che Francis Urquhart – verso la carica di presidente degli Stati Uniti, gettando luce sul lato oscuro del mondo politico, sovente con azzeccati echi shakespeariani. “C’è sempre un interesse superiore in politica – racconta Dobbs alla Gazzetta del Sud nella sua tournée italiana – peccato che a volte sia marcio”. Leggi il resto di questa voce