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Giuliana Altamura si racconta: «La paura è condizione necessaria della crescita»
Corpi di Gloria (Marsilio, pp.176 €16) è il romanzo d’esordio della scrittrice Giuliana Altamura già vincitore del Premio Rapallo Carige Opera Prima 2014. Al centro della narrazione, fluida e molto visiva nelle sue descrizioni, c’è il racconto dell’estate di un gruppo di giovani figli della provincia pugliese. Il disturbo alimentare di Gloria, il difficile confronto con l’immobilismo del sud italiano del fratello Andrea, l’inevitabile ingerenza della droga, il valore del sesso e quello dei soldi entrano in pagina in modo diretto ma non subdolo, con una scrittura chiara e scorrevole mai povera o scontata. In un villaggio di Riva Marina dove tutte le case sono uguali e il tempo scorre lento come se i minuti fossero intrisi di colla, va in scena una rappresentazione della generazione dei ventenni odierni che sfugge a tanti cliché: ecco perché il libro d’esordio di Giuliana Altamura, Corpi di Gloria, dovrebbe essere una lettura d’obbligo nei licei italiani.
Hai dichiarato: “Il mio Sud è una metafora dell’adolescenza, di un tempo sospeso, un limbo dentro un’estate che volge al termine”. Qual è stata la scintilla di Corpi di Gloria?
Tornando in Puglia ogni estate e osservando il cielo del Sud, terso e luminosissimo, mi sono resa conto di quanto la sua bellezza fosse atroce, splendida e allo stesso tempo paralizzante, capace di immobilizzare ogni cosa. Ho collegato questo sentimento di sospensione, terribile e affascinante insieme, al limbo dell’adolescenza – un’estate che sembra eterna, ma che dovrà presto finire, esattamente come quella vissuta dai miei personaggi, destinati come tutti all’ineluttabilità della crescita. Leggi il resto di questa voce
«Con “House of Cards” racconto il lato oscuro della politica. E il suo fascino irresistibile». Lord Michael Dobbs si racconta
È il 1987 quando Lord Michael Dobbs litiga con la lady di ferro, Margareth Thatcher e fuoribondo ma anche addolorato, parte in vacanza con la propria moglie. Dobbs per anni braccio destro della Thatcher – capo del suo staff negli anni al n.10 di Downing Street da primo ministro, dal 1979 al 1990 – aveva intuito che il regno della Thatcher stava per tramontare e pur non avendo mai scritto fiction, un po’ per svago e un po’ per frustrazione, creò il personaggio di un perfido e cinico politico, Francis Urquhart, il cui destino era quello di spodestare il primo ministro e conquistare il potere, mediante una sordida e acuta rete di ricatti e inganni. Scritto ventisette anni or sono, House of Cards, è il romanzo d’esordio bestseller di Lord Michael Dobbs da cui nel 1990 è stata ricavata una miniserie di grande successo della BBC; inoltre, pochi anni or sono è nata una seconda trasposizione targata Netflix, ambientata negli Stati Uniti con attori del calibro di Kevin Spacey e Robin Wright nel ruolo della coppia di protagonisti. Una serie di enorme successo – il presidente Barack Hussein Obama ha twittato “Domani c’è House of Cards, non ditemi nulla” -pronta a sbarcare in Italia, mercoledì 9 aprile, al lancio del canale satellitare Sky Atlantic. Proprio in tale occasione la casa editrice Fazi ha pubblicato il romanzo “House of Cards” (pp.446 €14,90) in cui si narra la scalata al potere del chief whip, Francis Urquhart, partendo da un semplice presupposto: cosa accade se l’uomo che detiene i segreti dell’entourage governativo è così scontento da decidere di far cadere il castello di carte e menzogne? Un libro davvero entusiasmante, ambientato nell’epoca post-thatcheriana, fra intercettazioni, ricatti fotografici e manipolazioni della stampa tanto da risultare di sconvolgente attualità e ciò spiega come sia stato possibile ambientare la serie tv americana ai giorni nostri, traslandola senza traumi alla scalata al successo del protagonista – Frank Underwood piuttosto che Francis Urquhart – verso la carica di presidente degli Stati Uniti, gettando luce sul lato oscuro del mondo politico, sovente con azzeccati echi shakespeariani. “C’è sempre un interesse superiore in politica – racconta Dobbs alla Gazzetta del Sud nella sua tournée italiana – peccato che a volte sia marcio”. Leggi il resto di questa voce
Ildefonso Falcones non ha dubbi: «Oggi viviamo in una situazione economica paradossale».
Il suo romanzo d’esordio gli è valso milioni di copie vendute nel mondo eppure l’ha dovuto riscrivere ben nove volte prima che un editore spagnolo lo prendesse in considerazione. Era “La cattedrale del mare” con cui Ildefonso Falcones – già avvocato di successo – è divenuto famoso, bissando il successo con “La mano di Fatima”. Una trilogia degli esclusi che trova compimento con il suo nuovo romanzo, “La Regina Scalza” (Longanesi, pp.704 €19,90). Il sentimento principale di questo libro che ruota attorno alla musica e alla schiavitù, è certamente l’amicizia che lega le due protagoniste e narratrici – Caridad e Milagros – e andranno incontro ad un destino assai diverso, muovendosi su un palcoscenico storico davvero significativo come il tentativo di sterminio ai danni dell’etnia gitana, messo in pratica nel XVIII° secolo. Dopo aver parlato di ebrei e moriscos, Falcones torna a parlare dei reietti e dei perseguitati occupandosi di un popolo senza tradizione scritta e perennemente frainteso. Una lunga chiacchierata in un noto albergo milanese durante la quale si è discusso anche di scrittura, politica, economia e fortuna editoriale: “il talento è importante ma la fortuna è l’unica condizione necessaria per raggiungere il successo. Ma nonostante il successo non lascerei mai il mio studio: in tribunale incontro gente vera ogni giorno e questo mi permette di restare con i piedi per terra”. Leggi il resto di questa voce