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“Un gesto d’amore per Roma contro il degrado che l’affligge”. Intervista a Marcello Sorgi per “Colosseo vendesi (Bompiani).

Marcello Sorgi

Marcello Sorgi

Un libro nato come un gesto d’amore verso Roma in cui uno dei decani del giornalismo italiano, viaggia sul filo dell’assurdo e della fanta-storia, per raccontare parafrasando la nascita del populismo, la situazione in cui versano i giornali e la classe politica italiana. In “Colosseo vendesi” (Bompiani, pp. 198 euro 12) il giornalista d’origini palermitane, Marcello Sorgi – già firma de L’Ora di Palermo, direttore del Tg1 e del quotidiano La Stampa del quale è oggi editorialista – per la prima volta si cimenta con la fiction portando in scena una parodia della scena politica italiana. Lo spunto guarda alla primavera del 2017: il “Governo dei Ragazzi” è caduto. “Il Capo” ha perso le elezioni anticipate e al suo posto è arrivato un “Successore” privo di scrupoli, pronto a tutto pur di salvare l’Italia dal default. Tanto che per risanare il bilancio salta fuori l’idea di vendere uno dei gioielli del patrimonio mondiale, il Colosseo, ad un facoltoso emiro arabo. Un libro ironico, persino cinico nell’evidenziare i difetti della classe politica italiana senza però perdere la speranza sul futuro che ci attende – rappresentata da tre giovani aspiranti giornalisti – «nonostante l’enorme debito pubblico e il populismo dilagante in rete che influenza anche la percezione delle notizie». Leggi il resto di questa voce

«Oggi la questione non è religiosa, è metafisica». Pietrangelo Buttafuoco racconta “Il Feroce Saracino”.

Pietrangelo Buttafuoco

Pietrangelo Buttafuoco

«Il mio nome è Giafar Al-Siqilli». Seguito dall’antiterrorismo quando si reca, abitualmente, all’ambasciata iraniana, nel pamphlet “Il Feroce Saracino – La guerra all’Islam. Il califfo alle porte di Roma” (Bompiani, pp.208 €12), lo scrittore e giornalista siciliano Pietrangelo Buttafuoco, ha deciso di svelare il suo intimo rapporto con la religione islamica. Nato – ed è importante dirlo – ben prima che conoscesse i musulmani. La scintilla di questo libro è chiaramente la sanguinosa attualità ma lo scopo ultimo è fra i più nobili: la volontà di combattere l’ignoranza e il pregiudizio spesso aizzati dagli stessi media che, mandando in onda i video e i proclami, finiscono per fare il terribile gioco del califfato di Abu Bakr al-Baghdadi che terrorizza il mondo intero. Dopo il successo ottenuto con “Buttanissima Sicilia” (Bompiani, 2014), il catanese Buttafuoco – già firma de “Il Foglio” e “Il Fatto Quotidiano” – torna in libreria, giudicando la situazione in atto non come una guerra di religione che contrappone l’occidente all’oriente ma una guerra civile globale, una faida interna allo stesso islam caduto in preda alla furia sanguinaria del takfirismo, violento movimento settario sorto nel Settecento. Si tratta, secondo Buttafuoco di «una questione metafisica», dello scontro fra chi difende la civiltà e chi mette in atto la furia devastatrice del terrorismo con echi nichilistici. Ma le pagine più belle sono quelle in cui Buttafuoco rintraccia le forti radici saracene della Sicilia per poi lasciarsi andare al proprio personale racconto con la fede islamica, a partire dal nome scelto, quel Giafar al-Siqilli che durante gli anni gli è costato ironie, infausti auguri e persino la perdita di un amico di lunga data.

Perché ha scritto “Il feroce saracino”?

«Da giornalista vivo immerso nel flusso delle notizie, di ciò che l’attualità chiede, richiede e impone. L’idea di questo libro mi è venuta attraversando l’ennesimo controllo di sicurezza all’aeroporto: mi sono accorto che di volta in volta l’iter è sempre più farraginoso e lento e volevo spiegare le ragioni che stanno esasperando le nostre manie di sicurezza». Leggi il resto di questa voce

«Non dobbiamo mollare». Intervista in esclusiva al premio Nobel Dario Fo.

Dario Fo

Il premio Nobel Dario Fo

TAORMINA. «Le recite e il potere sono sempre connesse a doppio filo. Guardate Renzi e Berlusconi, fanno il gioco delle parti ma hanno già scelto il prossimo presidente della Repubblica, mentre i loro tirapiedi gli fanno la guerra. Ma è solo una recita». Complice l’occasione di trovare giovamento nel sole e nell’aria di mare, Dario Fopremio Nobel per la letteratura nel 1997 e autore di centinaia di commedie teatrali con la moglie, Franca Rame – ha trovato ristoro a Taormina per una settimana e in tale occasione La Gazzetta del Sud lo ha incontrato in esclusiva. Una lunga chiacchierata in un noto hotel sul Corso Umberto, dialogando su temi di grande attualità – dalle imminenti elezioni per il Quirinale sino a quelle appena concluse in Grecia – a tu per tu con un uomo dalla spiccata genialità, senza alcuna forma di riverenza verso il potere costituito. Sostenitore del Movimento 5 Stelle dalla prima ora, l’88enne Dario Fo vaglia i candidati papabili dalla stampa, nutrendo segrete speranze per un nome lontano dalla politica, su tutti la giornalista Milena Gabanelli di Report. Dinanzi alla bruttezza dei nostri tempi, afferma Fo, dobbiamo continuare a lottare, ciascuno con le proprie qualità e difatti, dopo il successo de “La Figlia del Papa”, oggi giunge nelle librerie il suo nuovo romanzo storico, “C’è un re pazzo in Danimarca” (Chiarelettere, pp.160 €13,90) in cui Dario Fo ricostruire ad arte un intrigo di potere e una grande storia d’amore partendo dai diari dell’epoca e diversi documenti inediti, riuscendo a ricostruire una vicenda misconosciuta, volutamente dimenticata in patria. La storia del re pazzo, Cristiano VII di Danimarca che regnò dal 1766 al 1808 al cui fianco troviamo la sua sposa, Carolina Matilde di Gran Bretagna – che divenne regina a soli quindici anni – e il suo amante, nonché medico di corte, Johann Friedrich Struensee. Il regno di Cristiano VII, scosso dalle crisi schizofreniche del sovrano, fu teatro di un triangolo amoroso ma soprattutto di riforme liberali, proseguite da Federico VI – figlio primogenito di Cristiano VII – come l’abolizione della pena di morte e della tortura e la promozione della cultura e della libertà di stampa – generando un clima di cambiamento epocale che anticipò di pochi anni le grandi conquiste della Rivoluzione Francese. Solitamente siamo portati a deprecare la pazzia e i suoi frutti, ma Dario Fo, con una penna lucida, ilare e pungente al momento giusto, è riuscito a riportare alla luce la verità dimenticata, ridando lustro ad un re pazzo eppure illuminato. Leggi il resto di questa voce

«Gli italiani devono ricominciare ad indignarsi». Marco Presta racconta l’Italia al tempo della crisi perenne.

marco presta

Marco Presta

Un lavoro stabile e una vita normale. Sono questi i desideri di Lorenzo, il protagonista de “L’allegria degli angoli”, il nuovo romanzo di Marco Presta, edito da Einaudi (pp.256 €18.50). Presta, autore e conduttore de “Il Ruggito del Coniglio”, storico programma in onda sulle frequenze di Radio2 (in coppia con Antonello Dose), torna in libreria dopo il successo raccolto con “Un calcio in bocca fa miracoli” e “Il piantagrane” – entrambi editi da Einaudi – con un romanzo incentrato sulla precarietà dei tempi moderni, narrati mediante la voce ironica e spiazzante di Lorenzo, un geometra 32enne e disoccupato, costretto a vivere ancora con la madre, la signora Michelina. Presta tesse con cura un libro comico eppure decisamente serio, capace di fotografare le conseguenze della crisi e la privazione dell’autostima derivanti dall’assenza di un lavoro, di un futuro.

Un libro decisamente attuale. Cos’è “L’Allegria degli angoli”?

«Rappresenta il fatto che bisogna disperatamente cercare una via d’uscita, se possibile allegra, anche quando la vita ti chiude in un angolo, proprio come accade a Lorenzo, un ragazzo disoccupato che perde il lavoro e ha difficoltà a trovarne un altro. Questo, purtroppo, è il grande problema del nostro paese ed essendo papà di due ragazzi adolescenti non posso esimermi dal domandarmi cosa accadrà in futuro. Attualmente, la situazione è disperata». Leggi il resto di questa voce