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Perché leggiamo libri? A tu per tu con la scrittrice Giusi Marchetta

Giusi Marchetta

Giusi Marchetta

È possibile creare nuovi lettori? E la scuola, in questo processo di rilancio culturale e civile, che ruolo dovrebbe rivestire? Dall’importanza delle tante temute letture estive sino agli stratagemmi più disparati per invogliare alla lettura, nel suo nuovo libro – “Lettori si cresce” (Einaudi, pp. 172 €14) – Giusi Marchetta, scrittrice e insegnante campana classe ’82 ormai di casa a Torino, torna in libreria con un romanzo-saggio, in cui prende di petto il fatto che leggere, per gli studenti adolescenti italiani, è un’attività difficile, noiosa se non decisamente inutile. Se le narrazioni odierne sono alla tv e su internet ciò significa che i libri sono condannati? Dopo aver raccontato la scuola ne “L’iguana non vuole”, la Marchetta mescola ricordi ed esperienze personali di insegnamento sul campo con citazioni d’autore e il risultato finale è un coinvolgente libro sul mondo della lettura in cui non si lesina sulla provocazione. Del resto saranno proprio due prototipi di studenti – Polito e Conte – a mettere di fronte alla Marchetta la questione più spinosa: a cosa serve leggere? Leggi il resto di questa voce

«Quel che so è che la mancanza d’amore è sempre colpevole». Intervista a Daria Bignardi

bignardi-daria-mega800Una città che viene riscoperta e diventa protagonista, una figlia cocciuta al pari della propria madre e una fine inspiegabile che per decenni condanna ai sensi di colpa, sino alle estreme conseguenze. Sono questi alcuni elementi del nuovo romanzo di Daria Bignardi – in questi giorni protagonista a BookCity2104 – ovvero “L’Amore che ti meriti”, edito da Mondadori (pp.247 €18). Giornalista, scrittrice e conduttrice televisiva, la Bignardi racconta una storia d’amore sfaccettato – d’amore filiale, d’amore verso un nascituro, d’amore comprensivo verso il proprio partner – dentro un thriller esistenziale, denso d’atmosfera, silenzi, domande e attese. Ambientato quasi interamente nella “sua” Ferrara, la Bignardi omaggiando Giorgio Bassani e ci riporta indietro nel passato, prima alla fine degli anni ’70 – e poi molto più indietro sino agli anni delle leggi razziali – per svelare un mistero che gravita attorno ad Alma e suo fratello Maio, misteriosamente scomparso nel pieno della giovinezza e dato per morto, come logica ed estrema conseguenza della sua dipendenza della droga. Ma giunti ai giorni nostri sarà la testardaggine di Antonia – scrittrice di gialli e figlia di Alma – e la sua decisione di non voler mettere al mondo una figlia in una famiglia con un passato così oscuro, a smuovere le acque, indagando sino a portare alla luce segreti taciuti e diverse verità inconfessabili. Dopo aver esordito con il libro autobiografico “Non vi lascerò orfani” (Premio Elsa Morante, 2009), la Bignardi torna nel solco della memoria, con un libro dalla prosa sempre fluida, capace di celare e far risaltare ad arte, il senso del dolore e della sua rimozione, che lascia al lettore il compito di interrogarsi sul peso delle scelte compiute e sull’incapacità di reagire davanti alle disgrazie. Sul piatto, una volta girata l’ultima pagina, resta ancora una domanda cui forse è impossibile rispondere: l’amore dev’essere meritato o è nell’atto dell’amare fine a se stesso, libero e incondizionato, che vi si ritrova la sua pura essenza? Leggi il resto di questa voce

Valerio Massimo Manfredi: «L’Italia il paese dei miracoli ma un giorno spero che diventi un grande paese normale»

Valerio-Massimo-Manfredi_h_partbNarrare l’intera ed avventurosa esistenza di Ulisse, l’eroe omerico che affascinò anche Dante, compiendo un’impresa letteraria ambiziosa e mai tentata sin’ora. Dopo il successo internazionale raccolto con la trilogia “Aléxandros” e diversi bestseller (fra cui “L’ultima Legione”), Valerio Massimo Manfredi – scrittore, archeologo e conduttore tv – torna in libreria con “Il mio nome è Nessuno. Il giuramento” (Mondadori, pp. 353 euro 19), prima parte di un atteso viaggio che si concluderà nella prossima primavera, con l’uscita del secondo e conclusivo romanzo dedicato all’eroe.

Perché ha scelto di narrare la storia dell’eroe omerico?

«Ulisse è sempre stato il mio eroe sin da bambino e questo libro rappresenta il coronamento di anni di studi e viaggi nel mondo greco. Ulisse affascina perché è l’eroe mai sazio di conoscenza che sfida ogni pericolo pur di scoprire terre e popoli sconosciuti ma ovviamente c’è quell’aspetto titanico che Dante ha colto nel suo canto infernale. Odysseo – così lo chiamavano i greci – rievoca la solitudine dei pomeriggi d’agosto della mia infanzia, trascorsi in un piccolo borgo emiliano con il vento che sferzava senza sosta la nostra casa. Questo eroe e le sue incredibili imprese mi portavano via lontano, in un altro tempo, in un’altra vita e io avrei tanto voluto essere uno dei suoi compagni. Ulisse ebbe un impatto dirompente nella mia vita».

Fra il mito di Alessandro Magno e l’epos di Ulisse che differenza c’è?

«Il mito, ad esempio, narra di Zeus che s’innamora di Leda, la regina di Sparta e, data la sua grande predilezione per i cigni, lui ne incarna uno mettendola incinta: dalla loro unione nasceranno Castore e Polluce. Se invece, racconto di un re delle isole occidentali che va in guerra e riesce a tornare a casa solo dopo un lungo peregrinare ma, trovandola piena di pretendenti per la moglie, compie una strage, probabilmente siamo dinnanzi ad un evento reale che, solo in seguito, ha innescato l’epos».

Ulisse venne così chiamato dal nonno Autolykos, re di Acarnania. Un nome davvero molto significativo…

«È la radice del verbo odiare ma se ne renderà conto solo quando Eolo rifiuterà di aiutarlo una seconda volta e lo allontanerà, proferendo parole eloquenti ovvero “un dio ti odia, vattene abominio degli uomini”. Si tratta della medesima maledizione che gli rivolgeranno il Ciclope e l’indovino Tiresia, nell’aldilà. Nessuno vuole stare al suo fianco poiché maledetto da Poseidone e lui rimane solo, in balia del suo destino oscuro».

Questo libro è già stato venduto in 40 paesi. Qual è il suo segreto, forse il connubio fra l’immaginazione e la documentazione storica?

«È tutto autentico, solo la mia narrazione è frutto d’immaginazione. Chi scrive di fatti storici ha l’onere della prova ma come scrittore, ho potere assoluto sui miei personaggi. Il mio compito è quello di interpretarli sulla pagina, dandogli voce nel modo più credibile possibile. Tuttavia devo rendere tutto tremendamente autentico, dal modo di parlare sino agli abiti e le scenografie poiché senza una base di verità, sarebbe impossibile creare un impianto narrativo genuino».

A Messina terrà una lectio magistralis incontrando le scolaresche. E’ importante confrontarsi con loro?

«I ragazzi sono la nostra speranza e se saranno corrotti o se incontreranno persone che non crederanno in loro, saremo perduti, tutti. Devono capire che i valori sono fondamentali e non bisogna guardare chi distrugge ma, al contrario, avere fiducia in chi ha voglia di costruire».

A proposito del suo legame con la Grecia, la preoccupa la situazione dell’Europa?

«Italia e Grecia sono due pilastri dell’intero Occidente e oggi vivono un momento critico. La politica intesa come mera posizione di rendita ha indebitato il nostro paese oltre ogni limite sopportabile e il medico accorso al capezzale sta somministrando una medicina amara almeno quanto necessaria. Ma prima che arrivasse Monti il nostro paese era sepolto nel ridicolo, cosa mai accaduta in tutta la sua storia millenaria. Tuttavia sono fiducioso poiché l’Italia è un paese capace di colpi di reni imprevedibili, il nostro è il paese dei miracoli ma un giorno spero che diventi un grande paese normale».

Francesco Musolino®

Fonte: La Gazzetta del Sud

Francesco Fioretti a Messina: «Stanno cercando di svendere il patrimonio culturale italiano»

Il cartellone di presentazioni letterarie organizzato dalla libreria “Circolo Pickwick” di Messina ha preso il via sabato 24 settembrecon ottimi risultati.

Francesco Fioretti, autore del best-seller “Il libro segreto di Dante”, edito da Newton Compton ha dialogato con il giornalista Francesco Musolino – curatore del cartellone – e ha incontrato un vivace e numerosissimo pubblico di lettori.

Un incontro durato oltre un’ora e mezzo, durante la quale Fioretti ha narrato l’inizio della sua carriera da romanziere, i tre anni di studio e approfondimenti «necessari per ricostruire nei minimi dettagli le ambientazioni» e ha poi svelato: «la Divina Commedia contiene tutto, è un atlante dell’anima, anche per questo moltissimi intellettuali la considerano l’Opera per eccellenza. Il Faust di Goethe deve così tanto alla Divina Commedia che paradossalmente si potrebbe quasi pensare che Dante l’abbia scritta per ispirare Goethe…e del resto anche Borges gli ha tributato grandi onori, senza dubbio meritati».

Fioretti è stato maestro nell’affascinare il pubblico persino parlando di filologia e dei suoi studi universitari fiorentini assai impegnativi ma successivamente ha anche evidenziato le numerosissime analogie fra il periodo che ha portato sulla pagina – la fine del Duecento e l’inizio del Trecento – e l’attuale crisi economica: «L’Italia purtroppo è abituata alle crisi e alle riprese economiche, la nostra storia, sin dal tempo dei Comuni è piena di questi saliscendi. Nel Trecento il crack dei grandi banchieri fiorentini fu originato dall’insolvenza degli inglesi cui avevano concesso prestiti di entità mostruose. Così fallirono le grandi dinastie di banchieri toscane come i Peruzzi. Avremmo molto da imparare dal nostro passato e forse, scrivo anche per sottolineare l’importanza dei tempi che furono, troppo facilmente dimenticati».   

«Dante – ha affermato Fioretti – non verrà mai ridotto ad una icona pop come è accaduto per Shakespeare, perché è un personaggio scomodo e fondamentalmente è molto più vicino all’etica protestante perché crede che ciascuno debba salvarsi da solo, senza alcun lieto fine cristiano. Ma Dante è un personaggio che affascina e grazie a Benigni ha riguadagnato grande auge ed è sempre di grandissima attualità. Dovremmo  – ha proseguito Fioretti – solo imparare a leggere la Divina Commedia in modo diverso, come fosse un grande romanzo moderno, il più grande di tutti».

Infine, incalzato dal pubblico, Fioretti ha dichiarato: «Non è vero che con la cultura non si mangia ed è una vera e propria follia che si stia cercando di svendere la cultura italiana».