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Il grande ritorno di Harry Hole contro un serial killer assetato di sangue.
Jo Nesbø – Sete – Einaudi, pp. 640 €22 tr. Eva Kampmann
FRANCESCO MUSOLINO
Jo Nesbø non è solo uno scrittore best-seller noto in tutto il mondo. L’ideatore del detective Harry Hole, protagonista di una serie di grande successo, prima di darsi alla scrittura di fiction è stato un calciatore di Seria A in Norvegia, giornalista free-lance e broker di borsa. Ma forse la sua passione più grande è la musica e il suo gruppo “Di Derre”. Nesbø dà la sensazione di conoscere il mondo là fuori, oltre il proprio studio e lontano dalla tastiera del pc, nei suoi libri si avverte la passione per la narrazione e al contempo, traspare la percezione della realtà, della vita vera. Dalla sua prima crime-novel, “Il pipistrello” (pubblicato nel 1997) Hole è cresciuto e ha acquistato spessore e cicatrici, libro dopo libro (imperdibile “Il Leopardo”, Einaudi 2011). Lo ritroviamo in pagina sposato da tre anni con Rakel; Hole si è ritirato dalla vita in strada e adesso insegna all’accademia di polizia di Oslo. Ormai cinquantenne ha scelto di rinunciare agli orrori e alla violenza delle indagini, ha chiuso con l’alcool ma il male torna a cercarlo, inesorabile. “Sete” (Einaudi) ruota attorno al sito di dating online più famoso, Tinder, difatti tramite la app per il sesso occasionale, uno spietato serial killer dà la caccia alle sue prede e Nesbø gioca con il lettore seminando numerose false piste e facendo crescere la suspense ad arte. Tutto ha inizio con l’uccisione di tre donne in rapida successione nelle proprie case ad Oslo – il pericolo non è fuori ma dentro le mura domestiche – e su ciascuna c’è una macabra firma: morsi profondi sul collo, pelle lacerata brutalmente e il sospetto che il fondato sospetto che killer abbia bevuto il loro sangue. Spietato nel sospingere il lettore innanzi, Nesbø firma l’undicesimo libro della serie con protagonista Harry Hole (“Polizia” era uscito nel 2013 sempre per Einaudi e sembrava poter essere il capitolo finale), un eroe pieno di ombre, “forse il migliore, forse il peggiore, a ogni modo il più leggendario investigatore della polizia di Oslo”, molto amato dal pubblico femminile perché, nonostante tutto, mostra tutte le sue debolezze e non nasconde i propri sentimenti per Rakel e dovrà far scudo anche al proprio figlio, Oleg. Jo Nesbø, considerato il re del thriller scandinavo, danza sulla pagina e scatena la violenza del proprio serial killer, richiamando in causa il vampirismo, i giochi sadomaso e persino la tradizione nipponica, dando spessore ad un personaggio che non è soltanto cattivo, ma un vero incubo in carne ed ossa.
FONTE: GAZZETTA DEL SUD, 2017
“Gli psicopatici mi hanno sempre affascinato”. Intervista a Massimo Carlotto per “Il Turista”.
“Era venuto il momento di scrivere un thriller. Gli scrittori devono sapere accettare le sfide”. Riconosciuto maestro noir, il padovano Massimo Carlotto esordisce con il suo primo thriller, “Il Turista” (Rizzoli, pp.304 euro 18), un libro ricco d’azione che verte su due protagonisti contrapposti, capaci di rivelare le luci e le ombre della nostra società. Il Turista è un serial killer perfetto, non prova alcuna emozione per le sue vittime, attratto in maniera famelica dall’eleganza delle loro borse, dalla cura con cui si vestono. Le sceglie fra la folla che popola quotidianamente Venezia, le segue e le uccide. Ma il Caso ci mette lo zampino scatenando una guerra fra servizi segreti deviati che si contrappongono fra le calli veneziane. Ma a differenza dei classici thriller, Carlotto sottolinea le sfumature della realtà. Non sempre è facile capire sin dove si possa spingere la giustizia senza sacrificare innocenti. Sono questi i dubbi che dovrà affrontare Pietro Sambo, l’ex capo della Omicidi che paga le conseguenze per uno stupido errore del passato e avrà un ruolo determinante in questa avventura. A ventun anni da “Il fuggiasco” e dopo aver firmato libri che hanno guidato le orme di nuovi scrittori di genere, come “L’oscura immensità della morte”, “Arrivederci amore ciao” e “Niente più niente al mondo”, l’autore veneto che ha creato un originale detective privato, “L’Alligatore”, si lancia in una nuova sfida. E fa centro. Parte proprio oggi da Taormina e dalla sesta edizione del TaoBuk, il tour di Massimo Carlotto che presenterà in anteprima nazionale “Il Turista” in piazza IX Aprile, alle ore 21, con Rosa Maria Di Natale. Domani, venerdì 15 settembre, Massimo Carlotto sarà a Messina per presentare il libro presso la libreria “La Gilda dei Narratori”, ore 18.30, dialogando con la giornalista Gisella Cicciò. Leggi il resto di questa voce
Matera, i Sassi, le scrittrici, e quella genialata che è il WFF. Alessia Gazzola racconta
Non è la mia prima volta, bensì la seconda, e confesso che già da quei giorni di settembre del 2011 avevo sempre sognato un ritorno.
L’invito arriva in un momento in cui non ne accetto nessuno, ma il WFF non è cosa che si rifiuta, perché a Matera, in quei giorni di pura magia, qualunque scrittrice capisce perché lo è.
Nella mutevolezza delle luci di una città incantevole, nella sofferenza della vita nei sassi che si è trasformata in resilienza, respirando l’aria pungente che sorprende chi ormai è convinto di vivere in una perenne estate, Matera regala incontri, parole, affinità.
Fai parte di una comunità alla pari in cui tutti convergono verso una celebrazione della scrittura declinata al femminile e non ti senti mai una stramba narrastorie – sì, ogni tanto io mi sento così. Leggi il resto di questa voce
Michael Connelly: «Leggere è come mettere benzina nel serbatoio della creatività»
Con oltre 45 milioni di copie vendute nel mondo Michael Connelly è considerato uno fra gli autori thriller più importanti al mondo. Per anni i fan hanno invocato un libro che portasse in pagina i suoi eroi principali, Hieronymus “Harry” Bosch e Mickey Haller – rispettivamente un detective privato e un avvocato penalista – e finalmente Connelly li ha soddisfatti con La Svolta (Piemme, pp.372 Euro 19,90), un thriller molto intenso che non viene meno alla consueta attenzione verso l’evoluzione psicologica dei personaggi. Ha un passato felice nel giornalismo potendo vantare anche la candidatura al Pulitzer per un reportage sui sopravvissuti di un disastro aereo e nonostante il successo raggiunto – i suoi libri sono tradotti in 35 lingue – trova l’ispirazione per la strada e continuando a leggere tutto ciò che trova, giorno dopo giorno. Proprio come profetizzava Cervantes. Mr. Connelly perché ha scelto di portare in pagina contemporaneamente Bosch e Haller?
Considero i miei libri come una sorta di storia continua che si dipana per cui è naturale che i personaggi principali possano attraversarsi la strada reciprocamente. Dando vita al ciclo di Haller ho sancito che lui e Haller fossero fratellastri e in questo libro volevo concedermi la possibilità di tornare indietro ed esplorare le pieghe del loro rapporto».
Bosch e Haller hanno personalità “ingombranti”. È stato difficoltoso trovare il giusto equilibrio a livello narrativo?
«Ammetto che è stato complicato perché volevo che fossero proprio loro due a costruire la storia, bilanciandola alla perfezione. Credo che abbiano due “voci” molto caratteristiche e diverse per cui non avevo paura che il lettore potesse confondersi, piuttosto volevo essere certo che fossero entrambi capaci di portare avanti la storia in modo autonomo».
Parliamo di Hieronymus “Harry” Bosch, il personaggio a lei più vicino. Com’è nato?
«Harry è il risultato di molti differenti detective che ho conosciuto facendo il giornalista e insieme il frutto di tante influenze letterarie e cinematografiche. Proprio per l’aver mescolato tante cose insieme, sia reali che fittizie, spero che il mio Harry Bosch sia un personaggio davvero unico.
È vero che comincia ogni giornata ascoltando “Lullaby” di Frank Morgan in suo onore?
«Sì mi piace molto ascoltare “Lullaby” di Frank Morgan, la considero l’inno di Harry. È una canzone malinconica ma anche piena di speranza. Proprio come Harry».
Ha dichiarato che “la giustizia trionfa solo nel mondo del thriller perché nel mondo reale i casi irrisolti sono davvero numerosi”. Scrive anche per fare giustizia, per mettere le cose a posto?
«Anche per questo motivo. Del resto ho usato più volte reali casi irrisolti come punto di partenza ma almeno nella fiction, venivano risolti».
Le manca qualcosa della sua esperienza giornalistica al Los Angeles Times?
«Non mi manca il lavoro da reporter piuttosto ho nostalgia della vita di redazione e del cameratismo fra colleghi. Mi manca la prospettiva giornalistica, il fatto che al termine della giornata sapevi davvero cosa stava accadendo nella tua città».
Quando ha capito che sarebbe diventato uno scrittore?
«A 19 anni lessi i libri di Raymond Chandler e ciò mi mise su quel sentiero. Da allora ho voluto diventare uno scrittore».
Dopo tanti successi letterari qual è il suo rapporto con l’ispirazione? La sua voglia di scrivere è cambiata nel tempo?
«Devo andare in giro per trovarla, l’ispirazione. Trascorro molto tempo con avvocati e poliziotti e ascolto molte storie diverse, aspettando di sentire quella che mi colpirà e farà scattare la scintilla. Nei miei primi anni ero più affamato e desideroso di dimostrare qualcosa. Adesso sono più interessato al lavoro vero e proprio e ai miei personaggi e non mi interessa più cosa si dice lì fuori, nel mondo».
Ha detto che un giovane scrittore deve leggere ogni giorno per tenere viva la fiamma.
«Credo che leggere serva a mettere benzina nel serbatoio. Se sei in procinto di scrivere una crime fiction allora devi certamente leggerne una ma non bisogna limitarsi a questo. Bisogna leggere anche saggistica, arte e opere in lingua originale. Insomma, leggete ogni singola cosa che vi capiti a tiro. Per quanto mi riguarda ultimamente sto leggendo da Charles Bukowski a Dennis Lehane sino a Donato Carrisi ».
Francesco Musolino®
Fonte: La Gazzetta del Sud, 27 aprile 2013
Francesco Fioretti a Messina: «Stanno cercando di svendere il patrimonio culturale italiano»
Il cartellone di presentazioni letterarie organizzato dalla libreria “Circolo Pickwick” di Messina ha preso il via sabato 24 settembrecon ottimi risultati.
Francesco Fioretti, autore del best-seller “Il libro segreto di Dante”, edito da Newton Compton ha dialogato con il giornalista Francesco Musolino – curatore del cartellone – e ha incontrato un vivace e numerosissimo pubblico di lettori.
Un incontro durato oltre un’ora e mezzo, durante la quale Fioretti ha narrato l’inizio della sua carriera da romanziere, i tre anni di studio e approfondimenti «necessari per ricostruire nei minimi dettagli le ambientazioni» e ha poi svelato: «la Divina Commedia contiene tutto, è un atlante dell’anima, anche per questo moltissimi intellettuali la considerano l’Opera per eccellenza. Il Faust di Goethe deve così tanto alla Divina Commedia che paradossalmente si potrebbe quasi pensare che Dante l’abbia scritta per ispirare Goethe…e del resto anche Borges gli ha tributato grandi onori, senza dubbio meritati».
Fioretti è stato maestro nell’affascinare il pubblico persino parlando di filologia e dei suoi studi universitari fiorentini assai impegnativi ma successivamente ha anche evidenziato le numerosissime analogie fra il periodo che ha portato sulla pagina – la fine del Duecento e l’inizio del Trecento – e l’attuale crisi economica: «L’Italia purtroppo è abituata alle crisi e alle riprese economiche, la nostra storia, sin dal tempo dei Comuni è piena di questi saliscendi. Nel Trecento il crack dei grandi banchieri fiorentini fu originato dall’insolvenza degli inglesi cui avevano concesso prestiti di entità mostruose. Così fallirono le grandi dinastie di banchieri toscane come i Peruzzi. Avremmo molto da imparare dal nostro passato e forse, scrivo anche per sottolineare l’importanza dei tempi che furono, troppo facilmente dimenticati».
«Dante – ha affermato Fioretti – non verrà mai ridotto ad una icona pop come è accaduto per Shakespeare, perché è un personaggio scomodo e fondamentalmente è molto più vicino all’etica protestante perché crede che ciascuno debba salvarsi da solo, senza alcun lieto fine cristiano. Ma Dante è un personaggio che affascina e grazie a Benigni ha riguadagnato grande auge ed è sempre di grandissima attualità. Dovremmo – ha proseguito Fioretti – solo imparare a leggere la Divina Commedia in modo diverso, come fosse un grande romanzo moderno, il più grande di tutti».
Infine, incalzato dal pubblico, Fioretti ha dichiarato: «Non è vero che con la cultura non si mangia ed è una vera e propria follia che si stia cercando di svendere la cultura italiana».