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Il Duca Bianco era un extraterrestre. David Bowie si racconta.
È sempre sembrato diverso, alieno, un vero extra-terreste. Di una bellezza efebica, perennemente capace di dettare nuove tendenze. Chi se non David Bowie può essere considerato l’uomo delle stelle? Non a caso fu proprio lui a interpretare il ruolo di protagonista nella trasposizione cinematografica dello struggente romanzo di Walter Tevis, “L’uomo che cadde sulla Terra”. David Bowie è morto a 69 anni, il 10 gennaio di quest’anno funestato da perdite eccellenti – forse preannunciando la propria morte nella canzone “Lazarus”, contenuta in “Blackstar”, pubblicato due giorni prima del decesso. Resterà per sempre nella storia della musica con decine di tracce indimenticabili – fra cui “Life on Mars”, “Heroes”, “Space oddity” – ma grazie al libro “Sono l’uomo delle stelle. Vita, arte e leggenda dell’ultima icona pop” (Il Saggiatore, pp.469 euro 24) sarà finalmente possibile sondarne la natura magneticamente affascinante. Si tratta di un libro composto da una ricca raccolta – ben trentadue – interviste rilasciate dal Duca Bianco tra il novembre 1969 e il novembre 2003 ovvero trentacinque anni esatti di pensieri e parole, passando dalla ricerca dell’ispirazione alla sua sfuggente vita sessuale, dal rapporto con la religione sino al ritiro dalle scene. Il risultato finale è assai lontano dalla boria delle biografie classiche, perché intervista dopo intervista, pagina dopo pagina, dal ’69 ad oggi, va in scena un confronto con uno degli artisti più importanti sulla scena mondiale, nel tentativo di scendere sempre più in profondità, scandagliandone il cuore grazie alla collaborazione con alcuni fra i giornalisti musicali più celebri nel mondo brit. Intelligenza eclettica, Bowie si dedicò anche alla pittura e al cinema e i suoi poliedrici interessi sono al centro di diverse interviste in questo ricchissimo libro, imperdibile per i suoi fan, una vera miniera di informazioni e curiosità, in cui David Bowie viene colto nelle proprie imprendibili sfumature, anno dopo anno, sbalordendo per la sua semplicità, l’umiltà di un extra-terrestre piombato sulla Terra, in mezzo a noi.
FRANCESCO MUSOLINO®
FONTE: GAZZETTA DEL SUD, NOVEMBRE 2016
«Riprendiamoci il nostro futuro». Federico Rampini racconta “All you need is love”.
«All You Need Is Love è un libro-terapia per costruire un futuro diverso. Anzitutto, riprendendoci l’economia». Il giornalista e scrittore Federico Rampini si è sempre distinto per l’estro delle sue idee. Così, dopo aver raccontato il mondo dei banchieri, dei giganti economici asiatici e recentemente, il potere della rete, con “All you need is love – l’economia spiegata con le canzoni dei Beatles” (Mondadori, pp.279 €17) interpreta la nostra crisi economica contemporanea creando un suggestivo parallelo con gli anni ’60 e uno dei loro simboli più forti, i Beatles. Possibile leggere l’economia partendo dalle canzoni dei FabFour di Liverpool? Decisamente sì e oscillando fra presente e passato, passa sotto la lente di ingrandimento la Germania che tira la volata europea ma soprattutto l’America del 1964 – quando vi sbarcarono i Beatles, destinati a divenire mito – e quella attuale, con la presidenza Obama ma anche le nuove sacche di povertà e le proteste di Ferguson contro la polizia violenta. Corrispondente estero di grande esperienza, dopo anni a Pechino, Rampini è tornato negli States e recentemente vi ha ottenuto la doppia cittadinanza. Non senza un curioso intoppo al sapore di guerra fredda… Leggi il resto di questa voce
Massimo Maugeri: «Nonostante le ansie contemporanee, oggi c’è ancora posto per la speranza»
Le nostre ansie e le contraddizioni in seno alla nostra società sono il ricco spunto del nuovo libro di Massimo Maugeri, la raccolta di racconti intitolata Viaggio all’alba del millennio, edito PerdisaPop (pp. 208; €15). Dal terrore mediatico all’incapacità di comunicare nonostante i media stessi, dalla perdita d’identità alle incertezze sul futuro cui si va incontro, Maugeri porta sulla pagina una ricca galleria di personaggi che compongono un mosaico della Commedia Umana di balzacchiana memoria. Tuttavia nella propria prosa Maugeri lascia filtrare anche sprazzi di dolcezza, di speranza, come se la realtà, per quanto dura, possa concedere anche la possibilità di essere semplicemente felici, un giorno. Ma Viaggio all’alba del millennio è anche l’occasione per discutere con un l’ideatore del seguitissimo sito Letteratitudine circa il futuro dell’editoria italiana e il recente riscatto dei racconti, un tempo vilipesi e oggi assurti agli onori delle vendite, grazie soprattutto alla piccola-media editoria.
L’etichetta di “critico” Maugeri non se la sente cucita addosso, preferendo quella di “divulgatore” e del resto anche la sua esperienza radiofonica su Radio Hinterland con “Letteratitudine in Fm” è il perfetto esempio di come sia possibile dialogare con autori e lettori alla pari.
Maugeri ha inoltre partecipato al Taobuk festival di Taormina presentando proprio “Viaggio all’alba del millennio”.
Come nasce questa raccolta di racconti?
Nasce dall’esigenza di riflettere e di provare a raccontare questo scorcio di inizio millennio, con le sue ansie e le sue contraddizioni. Da un lato, sono le ansie e le contraddizioni di sempre; dall’altro, sono frutto delle caratteristiche peculiari di questi nostri anni. Storie diverse, scritte con stili diversi, popolate da molti personaggi che finiscono con il ritrovarsi tra un racconto e l’altro. Da questo punto di vista i racconti di “Viaggio all’alba del millennio” possono essere considerati e letti come i capitoli di un romanzo. Sono viaggi compiuti fuori e dentro l’uomo di oggi, che puntano il dito sui disagi dettati dalla crisi d’identità, dalla paradossale difficoltà a comunicare “veramente” (nonostante lo sviluppo dei media), da certi scenari che cambiano. I temi trattati sono molteplici: il terrorismo internazionale, l’ansia da attentati, le contraddizioni di certi rapporti famigliari, alcuni aspetti negativi della comunicazione in rete, l’immigrazione clandestina, il desiderio di riscatto nonostante tutto, e altro ancora. Racconti duri, che però non mancano di strappare sorrisi e che comunque non voltano le spalle alla speranza.
I maestri nell’arte delle short stories sono numerosi e assai diversi negli stili. Hai tratto ispirazione da qualcuno in particolare?
Se devo farti un nome, non posso che indicare quello di Italo Calvino… con riferimento a “Le città invisibili”: un insieme di storie che può essere considerato – anche qui – come una raccolta di racconti “a tema”, o come un romanzo. Sono storie ad alto concentrato visionario e metaforico, e per questo ancora molto attuali (a mio avviso, almeno). C’è una citazione tratta da “Le città invisibili” che attraversa storie e personaggi di “Viaggio all’alba del millennio”, e che – da un certo punto di vista – potrebbe essere considerata come chiave di lettura di questo mio libro. Ed è la seguente: “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio ”.
Sino a pochi anni fa, il racconto e la poesia erano particolarmente osteggiati dall’editoria italiana. Oggi c’è una maggiore apertura mentale almeno per quanto riguarda il racconto. Come ti spieghi quest’evoluzione dei gusti?
Semplicemente ci si è resi conto che esiste una parte rilevante di lettori che ama leggere racconti. Peraltro molti, oggi, leggono a “singhiozzo” per via dei numerosi impegni. In tal senso le narrazioni brevi potrebbero anche essere ritenute preferibili. Tuttavia bisogna sottolineare che la recente apertura verso i racconti trova maggiore spazio nella piccola e media editoria. I grossi marchi editoriali, tranne rare eccezioni, continuano a puntare sui romanzi.
Letteratitudine ormai è un punto di riferimento sul web. Com’è nata questa esperienza e come sei giunto anche in radio?
Il blog Letteratitudine è nato per caso nel settembre del 2006. Era appena venuta al mondo la mia secondogenita e avevo più difficoltà del solito negli spostamenti. Da qui l’idea di creare un blog che potesse consentirmi di “incontrare” – senza spostarmi da casa – altra gente interessata alla letteratura. In effetti Letteratitudine nasce proprio come “luogo d’incontro” tra coloro che gravitano attorno al mondo del libro: lettori, scrittori, critici letterari, giornalisti culturali, librai, ecc. Ma, all’epoca, non avrei mai potuto immaginare di beneficiare di consensi così ampi. L’esperienza della radio è di epoca più recente, ed è figlia del successo del blog. Come ho raccontato in altre circostanze, sono stato contattato via Facebook da Gabriele Pugliese, il direttore di Radio Hinterland (una radio che trasmette in Fm in Lombardia, ma che va in diretta – in streaming – anche via Internet). Pugliese mi ha proposto uno spazio per condurre una trasmissione culturale che si occupasse di libri e letteratura. All’inizio avevo qualche perplessità, e infatti ho declinato l’invito. Poi Pugliese mi ha chiamato più volte al telefono, e – alla fine – mi ha convinto. Oggi gli sono molto grato. Per me, questa della radio è senz’altro un’esperienza entusiasmante e arricchente. La trasmissione si chiama “Letteratitudine in Fm”. L’obiettivo di queste mie chiacchierate è quello di mettere l’ospite a proprio agio e indurlo a raccontare e a raccontarsi nel modo più naturale possibile… mi piace vedermi come una sorta di “medium invisibile” tra l’ospite e gli ascoltatori. E questo trattamento lo riservo a tutti: sia agli autori noti al grande pubblico, sia a quelli meno noti. Credo che oggi “Letteratitudine in Fm” sia una delle più importanti trasmissioni radiofoniche che si occupano di letteratura in Italia e vista la ricca galleria di scrittori noti che ho potuto intervistare ne vado particolarmente fiero.
Ho letto che non ti piace l’etichetta di critico letterario. Come ti definiresti?
Non saprei. Per la verità non mi interessano granché le etichette. Sono uno che si occupa di libri, forse più come “divulgatore” e “comunicatore” che come “critico”… anche se continuo a scrivere di libri su qualche quotidiano e magazine.
Stai partecipando al Taobuk festival di Taormina. Da un paio d’anni in Sicilia e in Calabria stanno nascendo diversi festival letterari, più o meno ambiziosi. E’ il segnale tanto atteso di un risveglio culturale?
È il segnale che la gente sente l’esigenza di una maggiore offerta culturale. Da un lato c’è l’impegno personale di tanti operatori culturali che stanno dando tutto se stessi per portare avanti “sogni” (anche perché molte di queste iniziative sono nate in economia e con budget risicatissimi), dall’altro c’è una risposta significativa da parte del pubblico. Sì, mi sembra un segnale positivo. Anche perché si tratta di iniziative nate “dal basso”, e senza strumentalizzazioni politiche. E questo lascia ben sperare per il futuro. Laddove c’è voglia di cultura, c’è anche voglia di crescita. Per quel che mi è dato fare, nel mio piccolo, darò sempre una mano a questo tipo di iniziative.
Massimo Maugeri, catanese, collabora con molti magazine e quotidiani. Ha scritto: Identità distorte (Prova d’Autore, 2005; premio Martoglio), Letteratitudine, il libro (Azimut, 2008) e, insieme a Simona Lo Iacono, La coda di pesce che inseguiva l’amore (Sampognaro & Pupi, 2010). Ha curato Roma per le strade (Azimut, 2009).
Ha ideato e gestisce il sito http://letteratitudine.blog.kataweb.it.
Fonte: www.tempostretto.it del 12 luglio 2011