Gianni Barbacetto: «Tangentopoli? Un’occasione sprecata»

Gianni Barbacetto
Gianni Barbacetto

Il 17 febbraio 1992, con l’arresto di Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio e membro di spicco del PSI milanese, scoppiò Tangentopoli. A vent’anni di distanza, tre voci di punta del giornalismo d’inchiesta italiano – Gianni Barbacetto, Peter Gomez e Marco Travaglio – hanno ricostruito in Mani Pulite (Chiarelettere – Pp 912  Euro 19,60) tutto ciò che accadde con una cronologia degli eventi precisa e dettagliata che fa di questo volume un vero e proprio documento imprescindibile per capire cosa fu Tangentopoli e come si arrivò a quella catastrofe etico-giudiziaria. Ma, come spiega Barbacetto, il pericolo è tutt’altro che scampato visto che il peso della corruzione oggi è di ben 60 miliardi annui.

Vent’anni è ingiusto dire che Tangentopoli è stata un’occasione persa?

Purtroppo è stata un’occasione persa per la politica che non ha colto l’occasione per rinnovare davvero le regole del gioco e gli uomini che lo conducono. Il sistema dei partiti è apparentemente crollato perchè c’è stato solo un ricambio di facciata, che ha riciclato fin troppi protagonisti nella cosiddetta seconda repubblica. Soprattutto non sono cambiati i metodi e gli stili di lavoro. Continua a leggere “Gianni Barbacetto: «Tangentopoli? Un’occasione sprecata»”

«Non si può fare a meno dell’amicizia e dell’amore». Parola di Monika Peetz

Il potere del passaparola, croce e delizia del mondo letterario, è senza dubbio l’arma vincente de La quinta costellazione del cuore (Pp. 304; €16,40), il romanzo d’esordio di Monika Peetz, edito da Garzanti. L’autrice, sceneggiatrice per la tv tedesca ed olandese, racconta il viaggio di Judith che decide di ripercorrere il pellegrinaggio di Arne, il marito defunto, verso Santiago de Campostela. La accompagneranno le sue amiche di sempre – la selvaggia Kiki, la fredda Caroline, l’eccentrica Estelle e la perfetta Eva – ma bastano pochi chilometri per rendersi conto che nulla è come dovrebbe essere e il diario di Arne, piuttosto che guidarle verso un viaggio sereno, sarà solo la prima scintilla. Durante il pellegrinaggio, Judith sarà costretta per la prima volta, a contare solo su stessa e anche le sue fidate amiche daranno prova, o meno, della propria sincerità.

Com’è nato il gruppo di amiche solido e variegato cui ruota attorno il libro?

A casa ho un cesto pieno di foglietti dove raccolgo tutti i possibili spunti narrativi. D’un tratto mi sono accorta che avevo già molti appunti su un pellegrinaggio compiuto da un gruppo di cinque amiche, un viaggio capace di mettere in luce i punti di forza del loro rapporto ma anche le inevitabili ombre, comuni a tutti i rapporti umani.

Dovrebbe essere una vacanza rilassante e invece si tramuta quasi un viaggio alla ricerca di se stessi…

Proprio così. Forse loro stesse prendono sotto gamba quell’impegno ma credo che il risultato finale sia insito nella natura stessa del pellegrinaggio: tutti quei chilometri percorsi a piedi, non possono non indurre a riflettere su se stessi, sui propri limiti e sulle proprie priorità nella vita e in generale, lo stress fisico permette finalmente di astrarsi dalla quotidianità, concedendosi del tempo solo per se stessi.

Ha visitato i luoghi nei quali conduce le sue protagoniste o ha viaggiato come Salgari, solo con la fantasia?

Certamente! Sono stata in questi luoghi ma non a piedi…Ho trascorso anche due giorni a Lourdes e lì ho guardato come si muove tutta quella grande macchina organizzativa, parlando anche con gli uffici stampa e i volontari.

Com’è cambiato il suo modo di scrivere passando dalla sceneggiatura al romanzo?

Il mondo della letteratura è quello dal quale provengo. L’ho studiata all’università e sono sempre stata una grande lettrice ma il destino mi ha fatto diventare una sceneggiatrice televisiva. Un giorno però, mi è capitato di scrivere una storia in tre parti e dopo aver terminato il lavoro mi sono resa conto che erano rimasti molti ingredienti, molte tracce interessanti. Così nella mia mente si è affacciata con prepotenza la parola “romanzo”, la stessa dalla quale ero partita. Per questo motivo considero la storia di queste donne come un vero e proprio ritorno alle origini.

di Francesco Musolino

Fonte: Settimanale “Il Futurista” del 16 febbraio 2012

La macchina del tempo di Stephen King

Jake Epping è il protagonista di 22/11/’63, il nuovo romanzo di Stephen King, edito da Sperling & Kupfer. Jake è un uomo come tanti, uno di quelli che avrebbe sempre voluto lasciare un segno ma per un bonario professore di Lisbon Falls, nel Maine, le occasioni per cambiare le sorti della storia non sono certo numerose. Sarà Al, il padrone della becera tavola calda che frequenta abitualmente, ad offrirgli una chance irripetibile: tornare indietro sino alle 9:58 del 9 settembre 1958. Jake è tentato ma alla fine si convince a varcare la soglia che conduce nel passato perché, a prescindere da quanto tempo perda, nel suo mondo trascorreranno appena 2 minuti.

Il professore cambierà così la propria identità indossando i panni di George Amberson, tuffandosi nel passato, in un’America assai più ingenua e avvolta ancora nell’aura nei miti di Elvis e James Dean, con il dichiarato obiettivo di disarmare la mano di Lee Harvey Oswald e in tal modo cambiare, per sempre, la storia americana. Difatti, Al, nelle primissime pagine del libro, convince Jake sulla sequenza nefasta e inarrestabile che si avvia con l’uccisione del presidente John Fitzgerald Kennedy a Dallas – il 22 novembre 1963 – e prosegue con l’uccisione del fratello Bobby, Martin Luther King, lo scoppio delle rivolte razziali sino a giungere alla guerra del Vietnam, nel quale proprio Lyndon Johnson, subentrato a JFK, ebbe un ruolo chiave.

“Torna indietro, ferma Oswald e cambia la storia americana”: è impossibile resistere ad un richiamo simile per un americano che si rispetti e Stephen King lo sa bene, tanto da costruire su questa chance tutto il suo nuovo romanzo. Stephen King, il re del brivido per antonomasia, si è molto spesso distinto per l’originalità della trama (ad esempio It, Duma Key, Cell), ma in 22/11/’63 si mette alla prova con un romanzo storico con un’ombra di soprannaturale che ritorna prepotentemente su una delle domande più abusate di sempre ovvero “e se potessimo tornare indietro nel tempo, cambierebbe qualcosa?”.

Un dubbio esistenziale convertito con maestria in un romanzo avvincente che tiene incollato il Lettore sino all’ultima pagina e mette su pagina il Destino come una sorta di personaggio nefasto e crudele, disposto a tutto purché accada ciò che deve necessariamente accadere.

22/11/’63 di Stephen King – Sperling & Kupfer – Pp. 780 – Euro 23,90

Fonte: Settimanale Il Futurista – giovedì 19 gennaio 2012

Le “Stelle Bastarde” (e pungenti) di Claudio Sabelli Fioretti

Perché gli oroscopi sono sempre meravigliosi se la vita, quella vera, fa schifo? Se lo chiede, con la sua consueta e pungente ironia, il giornalista Claudio Sabelli Fioretti, autore di Stelle Bastarde (Chiarelettere). Un libro che ha riscosso un giusto successo nel pubblico perché in esso, finalmente, si rifuggono le idiomatiche frasi ruffiane e accomodanti che contraddistinguono gli astri e del resto, vista la crisi mondiale e l’aria di recessione che tira, oggigiorno anche gli oroscopi devono sapere essere più crudi e realistici, magari un pizzico cattivi. Sabelli Fioretti affronta lo zodiaco segno per segno, dedicandosi all’uomo e alla donna (Il Leone e la Leona, ad esempio) con una penna sempre sferzante che si scatena davvero nel ritratto dei vip.

Ma piuttosto che scegliere George Clooney, Sabelli Fioretti gli preferisce Sandro Bondi, Renato Brunetta piuttosto che Paul McCartney, Angelino Alfano invece di Bill Gates e Clemente Mastella invece di Nicolas Sarkozy. Con esiti davvero esilaranti e scoperte che lasciano il segno: «Silvio Berlusconi è un’evidente falla nel sistema astrologico.
È nato lo stesso giorno di Bersani, dovrebbe avere lo stesso carattere. Per questo ha chiesto a Niccolò Ghedini di metter mano
a una riforma dello zodiaco».  Ma si farebbe un torto a Sabelli Fioretti se non si prendesse davvero sul serio il suo anti-oroscopo, del resto, aboliti i buonismi, il suo ritratto al vetriolo è spesso assai calzante. Letto poche pagine per volta o tutto d’un fiato, Stelle Bastarde riserva risate e riflessioni, con definizioni lapidarie da sottolineare con il lapis e riproporre a tavola al posto delle consuete frasi trite e ritrite: l’Ariete è un capoccione, il Toro è ossessivo, il Gemelli è un cacadubbi, il Cancro è pazzo, il Leone è prepotente, il Vergine è un pignolino, il Bilancia è un codardo, lo Scorpione è un musone, il Sagittario è un mitomane, il Capricorno è un insensibile, l’Acquario è un visionario e il Pesci è un bislacco.

Ovviamente Stelle Bastarde non è affatto un libro adatto ai permalosi e a riprova di ciò basta tener conto del trattamento riservato ai Gemelli e al suo testimonial: «Renato Brunetta una volta era socialista. E come quasi tutti i socialisti, oggi sta con Berlusconi. È tipico dei Gemelli che, curiosi come sono, adorano sperimentare tutto».

Stelle Bastarde, Chiarelettere, Pp. 210; Euro 12

 

Fonte: Settimanale Il Futurista – 12 gennaio 2011 

Le “Note Civili” di Claudio Magris

In attesa di un nuovo, immenso romanzo, che tocchi daccapo le indimenticabili vette stilistiche di Danubio, Claudio Magris ritorna in libreria con Livelli di guardia. Note civili (2006-2011) edito da Garzanti. Fedelissimo commentatore del Corriere della Sera da quarantaquattro anni, in questo nuovo libro, Magris presenta al lettore una sua personale selezione di articoli scelti con progressione cronologica a partire dal 22 giugno 2006, cui aggiunge anche due testi inediti quali il discorso tenuto al Quirinale il 27 gennaio 2009, in occasione della Giornata della Memoria, Gli ebrei parlano a nome di tutti, e il discorso tenuto a Francoforte in occasione del conferimento del prestigioso “Friedenpreis des Deutschen Buchhandels”, il 18 ottobre dello stesso anno, Guerre vere e false paci.

Si evince subito come i testi proposti non siano una semplice raccolta quanto, piuttosto, un ricco mosaico dove una tessera richiama e si incastra alla perfezione con la successiva. In tal modo il lettore, andando a ritroso nelle pagine e così negli anni, potrà riscontrare la lucidità e talvolta la chiaroveggenza dell’intellettuale triestino che non lesina giudizi contro l’incompetenza della classe politica odierna, il travalicante populismo e la folle minaccia secessionista. In queste dense pagine che trattano temi e concetti universali – come la follia della Shoah e la necessaria difesa della Carta Costituzionale – trovano spazio anche piccoli fatti quotidiani mediante i quali l’autore denuncia esplicitamente l’odierno disprezzo per la cultura o la violenza verso i più deboli e qui, ancor più che altrove, Magris si sofferma mettendo da parte il suo pungente humour mitteleuropeo per indurre il lettore a riflettere sul degrado della res publica e sui nostri costumi che hanno ormai travalicato i livelli di guardia.

L’indipendenza, prima di tutto intellettuale di Magris, si palesa in prese di posizione scomode ma necessarie e così ne “Il sorriso del terrorista” non lesina sdegno contro terrorista Cesare Battisti, che gode della «solidarietà di clan di alcuni letterati in quanto autore di romanzi» ma, prosegue Magris, «se qualcuno scrivesse un capolavoro immortale (non sembra il caso di Battisti) e commettesse un assassinio dovrebbe finire in galera come chiunque altro».

Claudio Magris, Livelli di guardia. Note civili (2006-2011), Garzanti Libri, Pp. 208, Euro 18

Fonte: Settimanale “Il Futurista” – dicembre 2011