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«Lo zucchero fa male? Non ci sono dati scientifici». Parola di Iginio Massari, il re dei pasticceri italiani.

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Iginio Massari

Iginio Massari è considerato il re dei pasticceri italiani, tanto che la sua “Pasticceria Veneto” a Brescia si conferma leader del settore secondo l’autorevole guida Gambero Rosso.  Già commendatore al merito della Repubblica dal 2013 è stato anche allenatore della nazionale italiana per la Coppa del Mondo di pasticceria nel 1997 e 2015, Massari è divenuto noto anche al grande pubblico grazie alle puntuali apparizioni nel celebre cooking show “Masterchef” in onda su Sky – condotto dagli chef Carlo Cracco, Bruno Barbieri, Antonino Cannavacciuolo e dall’imprenditore Joe Bastianich – terrorizzando i partecipanti con la disciplina e con i suoi giudizi tranchant. Massari è stato uno dei protagonisti della ricca sezione di incontri “Food Factor”, relativi al cibo e ai suoi protagonisti “stellati”, ideata e condotta dai giornalisti eno-gastronomici Gigi e Clara Padovani, nell’ambito della sesta edizione del TaoBuk che si è concluso ieri a Taormina, con un riscontro di pubblico importante che fa ben sperare anche per le future edizioni. Leggi il resto di questa voce

Dalla tv (e dal web) in libreria: i libri degli chef star.

 

Nel periodo delle feste, fra il pranzo della vigilia e il giorno dell’epifania, tutte le diete cadono in prescrizione. Non a caso uno dei buoni propositi più in voga per l’anno nuovo è quello di andare in palestra per recuperare la linea. Ma in questi giorni, con la complicità dell’ennesima tavolata con i parenti, è fin troppo facile cadere in tentazione, magari seguendo la ricetta di uno chef stellato o provando a reinterpretarla. Ma perché questi cuochi hanno tanto successo? Perché i talent culinari sono così popolari persino sui social? Secondo il saggista statunitense Michael Pollan, ci piace tanto guardare gli chef al lavoro in tv anche perché nella nostra società abbiamo delegato tutto agli specialisti ma l’atto del cucinare fa parte del nostro immaginario emotivo e finiamo per esserne irresistibilmente attratti. Che siano giorni di bagordi o di alimentazione rigidamente controllata, ecco una guida fra i libri di cucina più interessanti, passando dalla cucina stellata a quella povera, dalla pasticceria sino ai menù vegani.

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“In cucina comando io”. Franco Di Mare si racconta.

 

Franco Di Mare

Franco Di Mare

Giornalista e conduttore televisivo, con un recente passato da inviato di guerra, Franco Di Mare torna in libreria con “Il teorema del babà” (Rizzoli, pp.224 €15), ambientato nella ridente cittadina di Bauci, sulla costiera amalfitana, dove si svolgeva anche il recente “Il caffè dei miracoli” (Rizzoli, pp.288 €18). A Bauci il Natale è alle porte e il cuoco Procolo Jovine sta preparando il suo ristorante, in cui si cucina da decenni secondo la rigida tradizione campana ma, complice una burocrazia distratta, sulla stessa piazza sta per aprire il ristorante di Jacopo Taddei, chef molecolare e noto volto televisivo. Il microcosmo di Bauci viene scosso dalla notizia e Di Mare costruisce una deliziosa commedia umana, in cui la paura per il futuro travolge tutti, meno Rosa, moglie devota ma fiera di Procolo. Tradizione contro innovazione, parmigiana di melanzane contro esperienze sensoriali, Di Mare tinge con ironia un ritratto metaforico dell’Italia dei mille campanili, in cui il forestiero da sempre è giudicato con sospetto.  Leggi il resto di questa voce

Il giornalista Gianni Bonina: «Il segreto di Camilleri? Spiazza il lettore, innova e si ricongiunge alla tradizione letteraria siciliana per eccellenza»

Il giornalista siciliano Gianni Bonina, torna in libreria con “Tutto Camilleri”, un prezioso volume edito da Sellerio (pp. 836; €26). Bonina ha saputo riporre in questo esaustivo volume enciclopedico le trame, le ascendenze letterarie e persino l’interpretazione critica di tutti i libri già pubblicati di Andrea Camilleri, del quale, a ragion veduta, è considerato il più importante biografo. Un libro imperdibile per tutti gli amanti di Camilleri ma anche per chi, vuol capire le ragioni del suo successo letterario, che lo ha reso celebre in tutto il mondo.

Com’è nata l’idea di questo libro?

«Probabilmente dal fatto che mancasse qualcosa del genere: una guida al lettore dell’enorme opera di Camilleri che desse conto non solo di ogni trama o sinossi di ciascun libro ma che riferisse, titolo per titolo, l’opinione dell’autore e del critico».

Cosa ha scoperto studiando l’universo di Camilleri? Ci sono delle costanti, qual è, a suo avviso, il segreto del suo successo?

«Per rispondere a tali domande ho scritto un libro di 850 pagine. Difficile rispondere in breve. In linea del tutto generale possiamo fissare alcuni punti certi. Nel panorama letterario di questi anni (dopo la grande triade siciliana Sciascia-Bufalino-Consolo), Camilleri rappresenta l’autentico fatto nuovo oltre a costituire l’erede legittimo di una tradizione che rimanda innanzitutto a Verga e poi a Pirandello. E non solo per la sua vena fortemente sperimentalista, quanto per alcuni temi che sembravano appartenere a mondi diversi e che lui ha saputo sintetizzare e riconfigurare. Un esempio su tutti: la frantumazione dell’io interiore, propria di Pirandello, e la nobilitazione dei faits divers che viene da Sciascia trova in Camilleri una sistemazione riuscita e inattesa. Un altro motivo di novità è dovuto allo stile: diversamente da come abbiamo sempre letto, è lui che si esprime in dialetto mentre talvolta i personaggi parlano in lingua. Questo rovesciamento dei ruoli determina astrazione nel lettore, che se fosse uno spettatore si troverebbe davanti a una scena dove il regista sta con gli attori e parla loro in una pronuncia che suscita ilarità e sorpresa. Il segreto del suo successo è forse nella forza che ha messo nel rompere la macchina narrativa e di ricomporla con gli stessi pezzi. Una superficiale critica letteraria da tempo lo ha relegato nel novero degli autori di intrattenimento, destinati a vivere il tempo della loro vita, ma arriverà il momento in cui la sua opera formerà oggetto di una ricerca più attenta e intelligente».

C’è un libro che, per antonomasia, lei consiglierebbe per approcciarsi da neofita alla lettura di Camilleri?

«A me piacciono le sue favole realistiche, quelle della “trilogia della metamorfosi”: Maruzza MusumeciIl casellante Il sonaglio. Ma la scelta è vastissima, al punto che dell’opera camilleriana si può parlare di generi. Figurano i romanzi borghesi, in pretto italiano, gli apocrifi, gli apologhi, la memorialistica, la saggistica, l’interventistica. E poi c’è Montalbano. Concordo comunque con quanti ritengono Il birraio di Preston e La concessione del telefono i suoi lavori migliori. Ma, ad una spanna, possono situarsi Il tailleur grigioLe pecore e il pastore,L’intermittenzaIl nipote del Negus. Potremmo continuare».

Tempo fa, l’assessore alla formazione della regione Sicilia, Mario Centorrino, invitò a lasciar perdere Camilleri e Lampedusa per preferirgli una letteratura più “lieve”. Scatenò forti polemiche ma lei cosa ne pensa?

«Centorrino fa parte di un governo il cui presidente avrebbe voluto invece che Camilleri presiedesse il suo nuovo partito, mai nato. Se vuole, il segno di quanto questo governo sia sconclusionato e schizofrenico. Non credo che né Centorrino né Lombardo possano occuparsi di letteratura e tantomeno di Camilleri».

É corretto dire che Camilleri ha lanciato un movimento di rivalutazione del dialetto, siciliano ma non solo?

«Nessuno credeva possibile quanto è avvenuto. Eppure era già successo ad Odessa dove Angelo Musco recitò in catanese facendo ridere tutto il teatro. Sciascia sconsigliava a Camilleri di scrivere in dialetto e Brancati aggiungeva sempre a ogni parola la versione in italiano. Camilleri ha scommesso sulla capacità del dialetto di nobilitarsi e fa comprendere anche in Veneto termini come “gana” e “tambasiare” semplicemente suggerendone il significato semantico. Le antiche tragedie greche venivano recitate in dialetto, dorico o ionico, e la gente non risulta che facesse mostra di non gradire o non comprendere. Probabilmente Camilleri ha fatto la più ardita delle operazioni: ha schiacciato come Colombo l’uovo per farlo stare in piedi. Mi pare ci sia riuscito».

L’ha fatta sorridere la lettera che il commissario UE spedì a Camilleri per convincerlo a non far più mangiare “la novellata” a Montalbano? Forse è il segnale che il commissario è diventato tanto celebre da uscire fuori dal libro?

«Mi fanno più sorridere – e riflettere – le lettere che Camilleri riceve da lettrici che pretendono di dettargli le mosse: non solo di Montalbano ma anche di Livia, di Augello e persino di Catarella. E’ il segno che il personaggio è diventato reale: come avvenne ad Anna Karenina per esempio. Oscar Wilde disse che non si era più ripreso dal dolore per la sua morte.

(di Francesco Musolino)

Gianni Bonina, giornalista, vive a Catania dove dirige il magazine letterario «Stilos». Ha pubblicato l’inchiesta Il triangolo della morte (Meridie, 1992), il romanzo Busillis di natura eversiva (Lombardi, 1997), la raccolta di racconti L’occhio sociale del basilisco (Lombardi, 2001), il reportage L’isola che trema (Avagliano, 2006), il saggio Maschere siciliane (Aragno, 2007). Per il teatro ha scritto Ragione sociale (Premio Pirandello 2000) e ha curato l’inedito di Serafino Amabile Guastella Due mesi in Polisella (Lombardi, 2000). Con questa casa editrice ha pubblicato il saggio I cancelli di avorio e di corno(2007) e Tutto Camilleri (2012).

Fonte: Tempostretto.it del 17 aprile 2012