Dal Premio Strega a Ester Viola. Consigli di lettura sotto l’ombrellone.

Edoardo Albinati
Edoardo Albinati

Sarà il turno del Premio Strega che ha vinto con merito o di un appassionante graphic novel sulla cucina siciliana? O magari, sotto l’ombrellone leggeremo un bel thriller ambientato in Svezia o un giallo dedicato alla scomparsa di Ettore Majorana? Con sessantamila titoli pubblicati, scegliere un buon libro da portarsi in riva al mare (o sul divano, con l’aria condizionata) è sempre più arduo. La Gazzetta del Sud vi propone una prima puntata, dedicata ai libri per l’estate. E buona lettura! Continua a leggere “Dal Premio Strega a Ester Viola. Consigli di lettura sotto l’ombrellone.”

«Non dobbiamo mollare». Intervista in esclusiva al premio Nobel Dario Fo.

Dario Fo
Il premio Nobel Dario Fo

TAORMINA. «Le recite e il potere sono sempre connesse a doppio filo. Guardate Renzi e Berlusconi, fanno il gioco delle parti ma hanno già scelto il prossimo presidente della Repubblica, mentre i loro tirapiedi gli fanno la guerra. Ma è solo una recita». Complice l’occasione di trovare giovamento nel sole e nell’aria di mare, Dario Fopremio Nobel per la letteratura nel 1997 e autore di centinaia di commedie teatrali con la moglie, Franca Rame – ha trovato ristoro a Taormina per una settimana e in tale occasione La Gazzetta del Sud lo ha incontrato in esclusiva. Una lunga chiacchierata in un noto hotel sul Corso Umberto, dialogando su temi di grande attualità – dalle imminenti elezioni per il Quirinale sino a quelle appena concluse in Grecia – a tu per tu con un uomo dalla spiccata genialità, senza alcuna forma di riverenza verso il potere costituito. Sostenitore del Movimento 5 Stelle dalla prima ora, l’88enne Dario Fo vaglia i candidati papabili dalla stampa, nutrendo segrete speranze per un nome lontano dalla politica, su tutti la giornalista Milena Gabanelli di Report. Dinanzi alla bruttezza dei nostri tempi, afferma Fo, dobbiamo continuare a lottare, ciascuno con le proprie qualità e difatti, dopo il successo de “La Figlia del Papa”, oggi giunge nelle librerie il suo nuovo romanzo storico, “C’è un re pazzo in Danimarca” (Chiarelettere, pp.160 €13,90) in cui Dario Fo ricostruire ad arte un intrigo di potere e una grande storia d’amore partendo dai diari dell’epoca e diversi documenti inediti, riuscendo a ricostruire una vicenda misconosciuta, volutamente dimenticata in patria. La storia del re pazzo, Cristiano VII di Danimarca che regnò dal 1766 al 1808 al cui fianco troviamo la sua sposa, Carolina Matilde di Gran Bretagna – che divenne regina a soli quindici anni – e il suo amante, nonché medico di corte, Johann Friedrich Struensee. Il regno di Cristiano VII, scosso dalle crisi schizofreniche del sovrano, fu teatro di un triangolo amoroso ma soprattutto di riforme liberali, proseguite da Federico VI – figlio primogenito di Cristiano VII – come l’abolizione della pena di morte e della tortura e la promozione della cultura e della libertà di stampa – generando un clima di cambiamento epocale che anticipò di pochi anni le grandi conquiste della Rivoluzione Francese. Solitamente siamo portati a deprecare la pazzia e i suoi frutti, ma Dario Fo, con una penna lucida, ilare e pungente al momento giusto, è riuscito a riportare alla luce la verità dimenticata, ridando lustro ad un re pazzo eppure illuminato. Continua a leggere “«Non dobbiamo mollare». Intervista in esclusiva al premio Nobel Dario Fo.”

Adriana Falsone #readerguest: dal tweet al palcoscenico del Teatro Al Massimo di Palermo.

CutPicture.com_2014-Oct-19_03_19_53Sabato sera ho presentato il progetto @Stoleggendo nel corso di “Next. La Repubblica degli innovatori”, un evento organizzato da Repubblica delle Idee. Un onore essere portavoce di un progetto – ideato da Francesco Musolino – ma diventato anche un po’ “mio”. L’uso delle virgolette è d’obbligo perché “noi” #readerguest siamo co-protagonisti di una macchina scenica messa in moto quasi per caso da un giornalista di Messina che ha pensato di condividere con i lettori la propria libreria. Un faccia a faccia informale tra Riccardo Luna, capitano degli innovatori e un gruppo di nexter palermitani, un palco colorato i cui protagonisti siamo stati “noi ragazzi favolosi”. Continua a leggere “Adriana Falsone #readerguest: dal tweet al palcoscenico del Teatro Al Massimo di Palermo.”

Elena Valdini racconta: «Le parole di De André ci aiutano a capire le nostre cose e anche quelle del mondo»

Fabrizio De Andréle sue passioni, le sue parole e soprattutto la sua vena ispiratrice sono al centro del libro Ai Bordi dell’Infinito(Chiarelettere, pp.256), a cura della giornalista e scrittrice, Elena Valdini per la Fondazione De André OnlusUn libro composto da una ricchissima raccolta di saggi e testimonianze che ruotano attorno alle parole e al pensiero di Fabrizio De André, rilasciate da grandi esponenti della società civile e del mondo culturale, da Marco Revelli ad Erri De Luca, da Padre Alex Zanotelli a Don Gallo. Proprio la Valdini ha chiarito quale sia la prima peculiarità di questo libro ovvero una celebrazione fine a se stessa per quanto pregevole «ma la volontà di sottolineare come come le sue parole, i suoi versi, le sue idee hanno in parte contribuito alla nascita di progetti che vanno oltre le sue parole».

Dopo il ricchissimo volume Tourbook, la Fondazione De André e Chiarelettere tornano a braccetto in libreria con Ai bordi dell’infinito. Come nasce questo progetto? Perché questo titolo?

Il progetto in realtà risale ai tempi della lavorazione del nostro primo libro, Volammo davvero (Rizzoli/BUR, 2007), un’antologia in cui sono state raccolte le “parole dette” e dedicate all’opera di Fabrizio De André dal 2000 al 2005. Pubblicato Volammo davvero, da subito ci siamo ripromessi di lavorare a una seconda antologia che sarebbe arrivata cinque anni dopo, Ai bordi dell’infinito è nato anche così. Dico anche, perché questa nuova raccolta si differenzia molto rispetto alla prima: in questo caso si tratta infatti di saggi e testimonianze che si muovono intorno al pensiero di Fabrizio De André, dalle cui parole sono nati anche progetti concreti come testimoniano i laboratori condotti per esempio con i detenuti e gli studenti. Ai bordi dell’infinito è uno sguardo su quanto si è mosso in questi anni intorno alla giustizia sociale. Parla di questo perché in molti su questo hanno voluto confrontarsi, magari partendo proprio da un verso o da un pensiero di Fabrizio De André.

Perché questo titolo?

Il titolo è tratto dal “Cantico dei drogati” proprio con lo slancio di guardare oltre quel “confine stabilito/ che qualcuno ha tracciato /ai bordi dell’infinito”. 

Da curatrice come ti sei districata fra i numerosissimi contributi raccolti? C’è una testimonianza, un ricordo, che ti ha colpito di più?

È un lavoro che richiede tempo perché si tratta di recuperare registrazioni e interventi che magari non è così ovvio poter trovare anni dopo. È però bellissimo ricostruire percorsi e dialoghi e provare a far sì che possano poi essere conosciuti anche da chi magari non ha avuto occasione di partecipare a questo o quell’altro incontro o dibattito. Così com’è bellissimo vedere il naturale lavoro del tempo. Voglio dire che se i primissimi anni, penso per esempio ai primi anni Duemila, ci si concentrava in particolare a omaggiare l’uomo e l’artista, ora è splendido vedere come le sue parole, i suoi versi, le sue idee hanno in parte contribuito alla nascita di progetti che, pur lavorando sui concetti espressi da De André nella sua opera, vanno oltre le sue parole. 

Quanto è durata la costruzione del libro e, a tuo avviso, il sentimento prevalente nei contributi è il rimpianto per la scomparsa di Fabrizio De André o la celebrazione di ciò che ha fatto?

Credo che ora più del rimpianto e della celebrazione sia più forte la tensione a “impastare” sempre più i suoi versi con ciò che ci sta più a cuore. Nel libro si racconta come da qui sono sbocciati laboratori con i detenuti, con gli studenti, con i disabili. E ancora, anche nei Gruppi AMA, quelli dell’Auto Mutuo Aiuto, come racconta Gabriele Gatania, psicoterapeuta all’ospedale Luigi Sacco di Milano. Credo sia un libro che parla di noi non solo per le testimonianze di chi lavora o si espresso sui temi di De André, ma perché sono parole che provocano il sentire di tutti, perché sono i temi dell’uomo e, purtroppo, molte problematiche sono ancora attuali.

Dopo la tua introduzione, segue la cronaca del tuo incontro con Don Andrea Gallo. Ti hanno sorpreso la forza delle sue parole e il suo personale ricordo di De André?

È stato un incontro denso, in ogni sua sfumatura. Non si tratta tanto di rimanere sorpresi, ma di essere profondamente colpiti dalla sua potenza e dalla sua intensità. Sono molto affezionata a don Andrea Gallo, è forse la persona, tra quelle vicine alla Fondazione, che in questi anni ho più spesso avuto occasione di incontrare e ascoltare. Nel libro ci parla di giustizia sociale, quindi di uguaglianza. Di amore, amore a perdere. Quindi di gratuità, non di premi. La sua analisi di Laudate hominem è molto intensa così come quando ricorda di quando Fabrizio De André richiamò Archimede: «Datemi un punto d’appoggio e vi solleverò il mondo». E ci spiega così bene che il punto d’appoggio è dentro di noi «ecco perché bisogna mettere al centro l’uomo». Così come quando alle voci “speranza” e “indignazione” spiega che a entrambe devono seguire proposte concrete. 

Infine vorrei chiederti: navigando sui social network ti sorprende la grande nostalgia che c’è verso Fabrizio De Andrè? Ti sorprende il fatto che le sue canzoni siano amate e capite anche dalle nuove generazioni?

Da un lato non smette di sorprendere perché è molto potente che ciò avvenga anche da parte di chi non ha avuto occasione di conoscerlo quando era in tour o quando uscivano i suoi dischi. Dall’altro lato mi vien da dire che non dovrebbe sorprenderci se all’opera di De André accade ciò che accade a quella di altri grandi classici: essere lette e rilette perché ci tengono compagnia e perché ci sembra che ci aiutino un po’ a capire le nostre cose, e anche quelle del mondo.

(FRANCESCO MUSOLINO)

Gianni Barbacetto: «Tangentopoli? Un’occasione sprecata»

Gianni Barbacetto
Gianni Barbacetto

Il 17 febbraio 1992, con l’arresto di Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio e membro di spicco del PSI milanese, scoppiò Tangentopoli. A vent’anni di distanza, tre voci di punta del giornalismo d’inchiesta italiano – Gianni Barbacetto, Peter Gomez e Marco Travaglio – hanno ricostruito in Mani Pulite (Chiarelettere – Pp 912  Euro 19,60) tutto ciò che accadde con una cronologia degli eventi precisa e dettagliata che fa di questo volume un vero e proprio documento imprescindibile per capire cosa fu Tangentopoli e come si arrivò a quella catastrofe etico-giudiziaria. Ma, come spiega Barbacetto, il pericolo è tutt’altro che scampato visto che il peso della corruzione oggi è di ben 60 miliardi annui.

Vent’anni è ingiusto dire che Tangentopoli è stata un’occasione persa?

Purtroppo è stata un’occasione persa per la politica che non ha colto l’occasione per rinnovare davvero le regole del gioco e gli uomini che lo conducono. Il sistema dei partiti è apparentemente crollato perchè c’è stato solo un ricambio di facciata, che ha riciclato fin troppi protagonisti nella cosiddetta seconda repubblica. Soprattutto non sono cambiati i metodi e gli stili di lavoro. Continua a leggere “Gianni Barbacetto: «Tangentopoli? Un’occasione sprecata»”