Peter Cameron: return to Sicily.

Peter Cameron
Peter Cameron

Ad un anno di distanza, il romanziere statunitense Peter Cameron tornerà in Sicilia. Difatti, dopo essersi innamorato di Messina e delle sue primizie culinarie – in una avvincente due giorni per presentare “Il Weekend” che abbiamo raccontato su questo giornale – Cameron, già autore bestseller con “Un giorno questo dolore ti sarà utile” e “Quella sera dorata” (in Italia tutti i suoi libri sono editi da Adelphi), farà ritorno sull’isola per incontrare i suoi lettori palermitani. L’occasione sarà una doppia presentazione coordinata dalla libreria Modusvivendi: lunedì 16 giugno ore 20.30 (nell’ambito della bella iniziativa “Citofonare Modus”) e martedì 17 alle ore 18.30, con la partecipazione della scrittrice siciliana Beatrice Monroy. Nel capoluogo siciliano, Cameron presenterà “Andorra”, il suo secondo romanzo in ordine cronologico, che arriva in Italia dopo ben diciassette anni dalla sua pubblicazione. Ed era un libro atteso poiché “Andorra” (Adelphi, pp.236 €18) rappresenta il filone più oscuro e noir della scrittura di Cameron – il suo gemello è senza dubbio “Coral Glynn” per complessità di intreccio e tono narrativo – e per tale motivo chi ama la scrittura del fine romanziere nato a Pompton Plains, lo attendeva con grande curiosità. Continua a leggere “Peter Cameron: return to Sicily.”

«La cosa davvero tremenda è l’inutilità del dolore». Federico Roncoroni racconta “Un giorno, altrove”.

POZ_6761Federico Roncoroni oggi ha 68 anni e vive a Como dove cura il prestigioso fondo delle opere di Piero Chiara sin dalla morte del grande scrittore italiano, avvenuta nel 1986. Intellettuale raffinato, Roncoroni è un rinomato linguista, autore di numerosissimi volumi di grammatica e antologie di testo italiana, nonché volumi critici e numerosi classici latini tradotti. Nel corso di quarant’anni di attività, Roncoroni ha cambiato molti pseudonimi firmando con il proprio nome solo pochi volumi come il più volte ristampato “Manuale di scrittura non creativa” (Bur, 2010, pp.543). A questi si aggiunge ora il suo primo romanzo, “Un giorno, altrove” (Mondadori, pp.391 €20), un libro molto forte in cui l’autore parla di dolore, morte, malattia e amore senza mezzi termini e partendo da fatti autobiografici. Difatti, alla vigilia di Natale del 1999, Federico Roncoroni ricevette una diagnosi spietata: «mi dissero che ero spacciato: linfoma non Hodgkin». Partì così la lotta per sopravvivere, attraversando la sofferenza della terapia, cercando e riuscendo a guarire per la donna che amava ma una volta guarito, lei era scomparsa. Riapparve anni dopo, già gravemente ammalata e ormai in fin di vita. Roncoroni ha voluto portare su pagina questa parte della sua vita, in balia dell’amore e del dolore per la malattia, con una delicatezza che sconvolge. In pagina il suo alter ego è Filippo Linati, un intellettuale maturo ritiratosi fra i suoi amati libri a Como, dopo esser sopravvissuto ad una malattia mortale. Finché la sua amata, Isa, riappare via mail dopo essere scomparsa per sette anni. Per mesi i due vanno avanti a scriversi mail – il lettore potrà leggere solo quelle di Filippo in un delizioso gioco a rimpiattino – portando in pagina un duello verbale, un gioco fatto di ricordi e rimbrotti fra amanti verso lo spiazzante epilogo finale…

Dopo numerose grammatiche italiane e libri per bambini firmati sotto diversi pseudonimi, con “Un giorno, altrove” ha scritto il suo primo romanzo. Perché adesso?

«Mi sono reso conto d’avere il fiato e l’argomento giusto ma soprattutto mi son sentito finalmente padrone di una tecnica linguistica e narrativa adatta per scrivere il mio primo romanzo».

È vero che è nato tutto con una mail?

«Sì, un bel giorno mi arrivò la mail di una donna con cui ero stato insieme anni prima finché la nostra storia finì. Il libro è il frutto delle esperienze fatte nell’ultimo quindicennio, tutte incentrate sull’improvvisa scoperta di essermi gravemente ammalato. Mi davano per spacciato e mi sarei anche arreso ma le persone che avevo vicino non me lo permisero. Mi curai all’estero e il primario di oncologia mi disse “lei è già morto quindi non ha nulla da perdere seguendo le nostre cure”. Andò bene, contro ogni pronostico». Continua a leggere “«La cosa davvero tremenda è l’inutilità del dolore». Federico Roncoroni racconta “Un giorno, altrove”.”

«Mi sta strettissimo il mio corpo, mi sta strettissima la mia testa». Antonella Lattanzi si racconta

Uno sconosciuto episodio di guerra chimica segna la genìa di Giovanni, un bimbo di sette mesi che nella Bari del 1943 sopravvive ad un episodio terribile ma tenuto sotto chiave, celato alla memoria storica degli italiani. Comincia così, con pagine fulminanti, Prima che tu mi tradisca, il nuovo romanzo della scrittrice barese Antonella Lattanzi (Einaudi, pp. 432 €19). La narrazione però compie subito un brusco salto in avanti e l’autrice, con una prosa musicale che ci restituisce persino i versi e i rumori propri della quotidianità, racconta la sorte di due sorelle assai diverse, Michela e Angela J. Sarà quest’ultima, nel bel mezzo di un momento clou per lo svolgersi dell’esistenza della sorella, a scomparire nel nulla, lasciando al suo posto solo tante domande ma nessuna risposta. Prima che tu mi tradisca è un romanzo a cavallo con il tempo, un libro sospeso fra gli anni ’90 e il 2000, dove micro e macro storia si incontrano e si scontrano, dandoci il senso del tutto. Illuminati dal rogo del Petruzzelli, dal gol di Cassano e da altri episodi che hanno segnato la nostra vita e cristallizzato gli attimi, la Lattanzi ci prende per mano, danzando con una prosa sicura ma frenetica che oscilla fra Bari e la sua Roma, sempre all’ombra oscura dei tradimenti, condanna perenne cui nessuno dei suoi personaggi sembra capace di affrancarsi, spezzando la catena che dal torto porta alla vendetta.
Dopo l’esordio disturbante con Devozione, Antonella Lattanzi ritorna in libreria con un nuovo romanzo. Da non perdere. Continua a leggere “«Mi sta strettissimo il mio corpo, mi sta strettissima la mia testa». Antonella Lattanzi si racconta”

Ildefonso Falcones non ha dubbi: «Oggi viviamo in una situazione economica paradossale».

Il suo romanzo d’esordio gli è valso milioni di copie vendute nel mondo eppure l’ha dovuto riscrivere ben nove volte prima che un editore spagnolo lo prendesse in considerazione. Era “La cattedrale del mare” con cui Ildefonso Falcones – già avvocato di successo – è divenuto famoso, bissando il successo con “La mano di Fatima”. Una trilogia degli esclusi che trova compimento con il suo nuovo romanzo, “La Regina Scalza” (Longanesi, pp.704 €19,90). Il sentimento principale di questo libro che ruota attorno alla musica e alla schiavitù, è certamente l’amicizia che lega le due protagoniste e narratrici – Caridad e Milagros – e andranno incontro ad un destino assai diverso, muovendosi su un palcoscenico storico davvero significativo come il tentativo di sterminio ai danni dell’etnia gitana, messo in pratica nel XVIII° secolo. Dopo aver parlato di ebrei e moriscos, Falcones torna a parlare dei reietti e dei perseguitati occupandosi di un popolo senza tradizione scritta e perennemente frainteso. Una lunga chiacchierata in un noto albergo milanese durante la quale si è discusso anche di scrittura, politica, economia e fortuna editoriale: “il talento è importante ma la fortuna è l’unica condizione necessaria per raggiungere il successo. Ma nonostante il successo non lascerei mai il mio studio: in tribunale incontro gente vera ogni giorno e questo mi permette di restare con i piedi per terra”. Continua a leggere “Ildefonso Falcones non ha dubbi: «Oggi viviamo in una situazione economica paradossale».”

«Il lato oscuro insito in tutti noi mi ossessiona». Gianrico Carofiglio si racconta

Il passato torna a bussare nei modi più diversi a ciascuno di noi. Ad Enrico Vallesi, scrittore cinquantenne che ha assaggiato le gioie del successo troppo poco e troppo in fretta, basta sfogliare un quotidiano al bar per veder riaffiorare un passato che credeva sepolto e dimenticato, tanto da spingerlo a lasciare Firenze per tornare nella sua Bari, la stessa città da cui era fuggito ancora adolescente. Ne “Il bordo vertiginoso delle cose” (Rizzoli, pp. 320 €18,50), il nuovo romanzo di Gianrico Carofiglio – ex magistrato da anni scrittore a tempo pieno – il lettore viene condotto in un viaggio narrativo su un doppio binario, da un lato i tormenti di Enrico e dall’altro le esperienze di vita di un adolescente, in bilico fra la tenera passione amorosa e la potente attrazione verso il lato oscuro della violenza. Un romanzo che è la storia di un ricongiungimento, ambientata nella Bari degli anni ’70, narrata parte in seconda e parte in prima persona, in cui Carofiglio disegna una trama che si ricollega idealmente ad un suo grande successo, “Il passato è una terra straniera” (Rizzoli, 2008), seguendo il destino del suo protagonista sino a cogliere una verità sottile. La sorte di noi tutti – di Enrico, scrittore senza ispirazione come del violento amico di infanzia, Salvatore Scarrone – sembra infatti segnata da un peregrinare quotidiano “sul bordo vertiginoso delle cose”, esplicito omaggio alla delicata poesia di Robert Browning da cui l’autore ha tratto il titolo per questo nuovo romanzo. Giunto in Sicilia per il tour promozionale del suo libro, ho chiacchierato con Gianrico Carofiglio spaziando fra la sottile linea che separa il successo dall’insuccesso, il potere della scrittura e la fascinazione verso il lato oscuro della vita…

Raggiunto da una brutta notizia e in piena crisi creativa, il suo protagonista decide di rientrare a Bari, la sua città natìa. Eppure “tornare sui propri passi può essere pericoloso…”

«Sì, perché si scoprono cose di cui non c’eravamo accorti quando stavamo facendo il viaggio d’andata e non sempre sono cose piacevoli. Quasi sempre si finisce per comprendere qualcosa su noi stessi che ci era sfuggito ma, pur essendo un’attività rischiosa, delle volte è necessario tornare sui propri passi per riuscire a ritrovarsi». Continua a leggere “«Il lato oscuro insito in tutti noi mi ossessiona». Gianrico Carofiglio si racconta”